Foibe, Mattarella: “Il fascismo non c’entra. Fu odio etnico degli slavi verso gli Italiani”

Le foibe e l’esodo, gli «orrori» commessi contro gli italiani del confine orientale, non furono «una ritorsione contro i torti del fascismo, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare». Furono, invece, il «frutto di un odio che era insieme ideologico, etnico e sociale». A dirlo è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla cerimonia per il Giorno del Ricordo che si è celebrata al Quirinale. Un intervento durante il quale il capo dello Stato ha esplicitamente puntato l’indice contro i «comunisti jugoslavi», che fecero di quelle terre «un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti», e contro «certa propaganda del comunismo internazionale» che «dipingeva gli esuli come traditori».

Le violenze dei «comunisti jugoslavi»

«Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente», ha detto Mattarella, sottolineando che «mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave». «La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti».

Le foibe e l’esodo, gli «orrori» commessi contro gli italiani del confine orientale, non furono «una ritorsione contro i torti del fascismo, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare». Furono, invece, il «frutto di un odio che era insieme ideologico, etnico e sociale». A dirlo è stato il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, nel suo intervento alla cerimonia per il Giorno del Ricordo che si è celebrata al Quirinale. Un intervento durante il quale il capo dello Stato ha esplicitamente puntato l’indice contro i «comunisti jugoslavi», che fecero di quelle terre «un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti», e contro «certa propaganda del comunismo internazionale» che «dipingeva gli esuli come traditori».

Le violenze dei «comunisti jugoslavi»

«Celebrare il Giorno del Ricordo significa rivivere una grande tragedia italiana, vissuta allo snodo del passaggio tra la seconda guerra mondiale e l’inizio della guerra fredda. Un capitolo buio della storia nazionale e internazionale, che causò lutti, sofferenza e spargimento di sangue innocente», ha detto Mattarella, sottolineando che «mentre, infatti, sul territorio italiano la conclusione del conflitto contro i nazifascisti sanciva la fine dell’oppressione e il graduale ritorno alla libertà e alla democrazia, un destino di ulteriore sofferenza attendeva gli italiani nelle zone occupate dalle truppe jugoslave». «La zona al confine orientale dell’Italia, già martoriata dai durissimi combattimenti della Prima Guerra mondiale, assoggettata alla brutalità del fascismo contro le minoranze slave e alla feroce occupazione tedesca, divenne, su iniziativa dei comunisti jugoslavi, un nuovo teatro di violenze, uccisioni, rappresaglie, vendette contro gli italiani, lì da sempre residenti».

Mattarella contro il negazionismo: «Il fascismo non c’entra»

«Non si trattò, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare, di una ritorsione contro i torti del fascismo. Perché – ha chiarito Mattarella – tra le vittime italiane di un odio, comunque intollerabile, che era insieme ideologico, etnico e sociale, vi furono molte persone che nulla avevano a che fare con i fascisti e le loro persecuzioni». «Per una serie di coincidenti circostanze, interne ed esterne, sugli orrori commessi contro gli italiani istriani, dalmati e fiumani cadde una ingiustificabile cortina di silenzio, aumentando le sofferenze degli esuli, cui veniva così precluso perfino il conforto della memoria». «Certa propaganda legata al comunismo internazionale dipingeva gli esuli come traditori, come nemici del popolo che rifiutavano l’avvento del regime comunista, come una massa indistinta di fascisti in fuga. Non era così, erano semplicemente italiani», ha avvertito il Capo dello Stato.

«Una ferita che oggi è di tutto il popolo italiano»
Mattarella ha quindi ricordato che «solo dopo la caduta del muro di Berlino, il più vistoso, ma purtroppo non l’unico simbolo della divisione europea, una paziente e coraggiosa opera di ricerca storiografica, non senza vani e inaccettabili tentativi di delegittimazione, ha fatto piena luce sulla tragedia delle foibe e del successivo esodo, restituendo questa pagina strappata alla storia e all’identità della nazione». «L’istituzione, nel 2004, del Giorno del Ricordo, votato a larghissima maggioranza in Parlamento, dopo un dibattito approfondito e di alto livello, ha suggellato questa ricomposizione nelle istituzioni e nella coscienza popolare», ha commentato il presidente della Repubblica, sottolineando che «molti tra i presenti, figli e discendenti di quegli italiani dolenti, perseguitati e fuggiaschi, portano nell’animo le cicatrici della vicenda storica che colpì i loro padri e le loro madri». «Ma quella ferita, oggi  – ha concluso Mattarella – è ferita di tutto il popolo italiano, che guarda a quelle vicende con la sofferenza, il dolore, la solidarietà e il rispetto dovuti alle vittime innocenti di una tragedia nazionale, per troppo tempo accantonata».

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