Aversa. La terribile storia di una lettrice: “Mi piacchiava davanti ai miei figli…”
La storia che voglio raccontare in questo articolo ci è stata inviata in forma anonima da una nostra lettrice che ci ha chiesto di approfondire il tema della violenza che tante donne subiscono quotidianamente. Sulla base di questa sollecitazione probabilmente nei prossimi giorni partirà una nuova rubrica della quale sarò orgogliosa di ‘prendermi cura’.
Questa mia precisazione vuole sottolineare come questa materia sia da me molto sentita tanto da portarmi a scegliere di specializzarmi, circa 5 anni fa, in scienze criminalistiche e criminologiche dopo diversi anni che avevo portato a termine i miei studi in giurisprudenza. Detto questo passerò a raccontarvi la storia della nostra lettrice.
“Sono una donna e mamma di Aversa e vi seguo da tanto tempo. Più volte ho cercato il coraggio per scrivervi la mia storia. So bene che avrei dovuto trovare la forza tanto tempo fa. So bene che avrei dovuto rivelare le cose che sto per dirvi alle forze dell’ordine ancor prima che a voi, ma non ci sono riuscita. La mia storia ha avuto inizio tanto tempo fa, quando, poco più che ventenne, conobbi un ragazzo apparentemente buono affettuoso e gentile. Mi corteggiò per tanto tempo. Per più di un anno. Mi decisi a fidanzarmi con lui quando un giorno mi promise che insieme saremmo stati felici. Non dimenticherò mai più quelle parole.
Non tanto per quello che fu il fidanzamento ma per quello che ho vissuto nel momento in cui ho sposato queste persona. Cominciò ad assumere atteggiamenti violenti fin dai primi mesi di matrimonio. A volte rientrava in casa dal lavoro già con l’intento di picchiarmi e lo faceva per i motivi più assurdi e banali, molto spesso inesistenti. Come quando vedeva qualche mio presunto corteggiatore sotto casa. Del quale magari io non mi ero neanche accorta, perché tra l’altro io senza di lui uscivo pochissimo da casa. Oppure come quando, in occasione della vincita al lotto di una mia amica disse che se io fossi stata buona avrei giocato e vinto anch’io. A questi rimproveri ingiustificati tutte le volte accompagnava dei calci. Ma poi con gli anni non erano più solo calci ma anche pugni e schiaffi solo perché ero andata a fare la spesa con una mia amica anziché con lui e non lo avevo avvisato. Ogni volta che si verificava qualche episodio di questo tipo lui prometteva sempre che non sarebbe più accaduto, ma invece si verificavano circa tre o quattro volte all’anno. Tutti questi avvenimenti mi facevano tentennare relativamente alla decisione di avere un figlio e cercavo di prendere sempre tempo e valutavo l’idea di separarmi ma non riuscivo a parlarne con nessuno. Solo con qualche mia amica ma non riuscivo a confidarmi con i miei genitori che invece ci vedevano come una coppia felice e tranquilla. Io mi illudevo sempre che lui non avrebbe mai più compiuto certi atti violenti ma purtroppo non era così. Si astenne dal compiere certi atti solo per qualche anno, circa un paio. Durante questo periodo nacque la nostra prima figlia ma purtroppo già all’età di ventidue mesi vide il padre che mi colpiva con un bastone di quelli che si usano per gli armadi . Fu allora che io avvertii il mio fallimento. Mia figlia tremava di paura davanti a quel gesto del padre ed io mi sentii una madre a metà in quel momento perché avrei dovuto valutare prima e meglio la decisione di darle una famiglia così. Ero stata circa due anni ad evitarle disagi cercando anche di evitare discussioni con il padre volevo proteggerla da traumi o disagi ma quel gesto violento distrusse tutta la tranquillità che avevo costruito a mia figlia fino a quel giorno. Riuscii a farlo sentire in colpa nei confronti della bambina tanto che per diversi anni non si comportò più come fino ad allora. Nel frattempo nacque il nostro secondo figlio e quando aveva un anno, mio marito un giorno, mi picchiò di nuovo . Io a quel punto stanca di tutte queste violenze chiamai mia madre che accorse dopo alcuni minuti. Nonostante ciò, gli atti violenti nei miei confronti erano sempre più gravi e sempre più frequenti. Adesso sono riuscita a separarmi ma non ho mai denunciato l’accaduto. Ho cominciato a chiedergli con insistenza la separazione quando aveva cominciato anche a colpirmi alle spalle, e per di più in presenza dei figli, o a scaraventarmi sul pavimento e a colpirmi alla testa. Ho capito che la mia vita con quell’uomo era in serio pericolo. Vorrei che la mia storia fosse un esempio per altre donne e dir loro di non indugiare e di denunciare al primo episodio piuttosto che aspettare e di sperare in un cambiamento perché non avverrà mai”.
Questa lettera è stata pubblicata per mettere in evidenza come la “vergogna” sia il vero nemico della lotta al femminicidio. Le donne spesso non denunciano perché si vergognano di far sapere le violenze di cui sono vittime. Fortunatamente però negli ultimi anni questi dato si è attenuato e oggi sempre più donne hanno il coraggio di denunciare.
di Anzia Cardillo