Legittima difesa, come fare per possedere un’arma in casa
Molti hanno creduto che l’approvazione della legge liberalizzasse la vendita delle armi ma non è affatto cosi. La Legge regola la legittima difesa ma non incentiva ne promuove l’use delle armi le cui regole restano invariate.
Armi: le regole per essere in regola
I possessori di licenza di porto d’armi o di nulla osta cosa possono comprare o possedere? Chi entra in possesso di armi da privati o per eredità deve essere titolare di licenza? In questo delicato settore le informazioni non sono mai troppe visto i numerosi quesiti che i cittadini ci rivolgono. Per questo gli esperti della polizia cercano di rendere la materia sulle armi più chiara. Innanzitutto prima di detenere un’arma dobbiamo comprarla e per fare ciò la legge ci impone il possesso di una autorizzazione di polizia: Licenza di porto d’armi o Nulla osta. Serve anche a chi la riceve in eredità o da un privato. Una volta acquisita l’arma o le munizioni, queste devono essere immediatamente denunciate in questura, in commissariato, o in mancanza, alla stazione dei carabinieri. Pertanto è opportuno chiarire che il porto d’armi e il nulla osta permettono l’acquisto, il trasporto e la detenzione dell’arma e delle munizioni mentre la denuncia è una comunicazione obbligatoria per informare l’Autorità di pubblica sicurezza dove le armi e munizioni verranno custodite.
Il possessore di licenza di porto d’armi o di nulla osta, può comprare e detenere:
- 3 armi comuni da sparo;
- 6 armi classificate ad uso sportivo sia lunghe che corte;
- Un numero illimitato di fucili e carabine con calibro e funzionamento indicati nell’art. 13 della legge 157 del 1992.
- 8 armi complessive tra: antiche di importanza storica prodotte prima del 1890 o con avancarica, originali; artistiche che presentano particolari finiture o fattezze come ricami in oro o pietre preziose; rare che siano in un numero limitato di esemplari – può esserlo anche la singola arma legata ad un particolare evento o personaggio storico (D.M. 14 aprile 1982);
- 200 cartucce per arma comune (art. 97 Regolamento TULPS);
- 1.500 cartucce per fucili da caccia (art. 97 Regolamento TULPS);
- 5 chili di polveri da caricamento.
Per sapere se un’arma è “comune da sparo”, sportiva o da caccia si può consultare il nostro sito. Navigando dalla voce armi – consulta catalogo, troverete una maschera all’interno della quale, inserendo il numero di catalogo impresso sull’arma (almeno quelle fabbricate dopo il 1975), si ottiene la scheda tecnica con la classificazione.
Il trasporto e il porto dell’arma
Per trasporto si deve intendere lo spostamento delle armi fuori dalla proprietà privata, senza averne la disponibilità all’uso (es. l’arma chiusa nel portabagagli); solo i titolari delle licenze di porto d’armi per difesa personale possono, invece, portare l’arma per farne uso.
I titolari di porto di fucile uso caccia sono legittimati a farlo solo per andare a caccia (ovviamente, in questo caso, il porto è limitato alle sole armi da caccia e alle discipline ad essa collegate).
Il titolare di un nulla osta è autorizzato a trasportare l’arma solo dal luogo di acquisto a quello di detenzione, mentre chi ha un qualsiasi porto d’armi può trasportare fino ad un massimo di 6 armi contemporaneamente senza vincoli di orario o di percorso.
Se voglio detenere più armi di quelle previste
Con la licenza di collezione, rilasciata dal questore, si possono superare i limiti di detenzione sopra indicati.
Se voglio detenere più munizioni di quelle previste
Anche per avere una quantità superiore di munizioni, rispetto ai limiti fissati (art. 97 del Regolamento del TULPS), occorre una speciale licenza di deposito che viene rilasciata dal prefetto. Tale autorizzazione si ottiene solo in presenza di particolari motivazioni legate alle attività sportive o professionali del richiedente.
Se voglio avere armi proprie diverse da quelle da sparo
Il porto d’armi o il nulla osta occorrono anche per acquistare armi proprie diverse da quelle da sparo, quali, ad esempio, spade, pugnali, sciabole, stiletti, sfollagente, mazze ferrate, bastoni animati, storditori elettrici, tirapugni, ecc. … .
Per questo genere di armi la legge impone l’obbligo della denuncia e non prevede limiti nella quantità e, di conseguenza, non necessita dell’ulteriore licenza di collezione.
Se voglio avere armi ad aria compressa
Non occorre alcun titolo per acquistare e detenere le armi a modesta capacità offensiva e non sono soggette a denuncia di possesso e a limiti di quantità.
Sono quelle ad aria o gas compresso con potenza inferiore ai 7,5 joule e quelle repliche di armi ad avancarica a colpo singolo. Per acquistarle in un’armeria basta dimostrare la maggiore età. Non rientrano tra queste le armi ad aria o gas compresso in grado di sparare a raffica.
La normativa in materia (D.M. 362 del 2001), vieta, invece, espressamente, le armi ad aria o gas compresso il cui proiettile possa contenere altre sostanze come quelle, ad esempio, in grado di sparare sfere di plastica contenenti liquidi macchianti destinate ai giochi di guerra (splash contact), indipendentemente dalla potenza.
Ciò significa che, nel nostro Paese, tale genere di armi sono sempre da considerarsi come armi comuni da sparo e, come tali, soggette all’obbligo di iscrizione nel Catalogo nazionale delle Armi comuni da sparo. Il loro acquisto e trasporto, qualora in regola con i requisiti previsti dall’art. 11 della legge 18 aprile 1975, n. 110, sarebbe, quindi, riservato ai soli possessori di licenza di porto d’armi. Ad oggi, tuttavia, nessuna arma di questo genere risulta catalogata in Italia.
Fonte Questura
La licenza di porto di fucile per il tiro a volo
La via più percorsa è quella di richiedere la licenza di porto di fucile per l’esercizio del tiro a volo (che alcuni abbreviano con l’acronimo TAV). Si tratta di una autorizzazione introdotta dall’articolo unico della legge numero 323 del 1969, che consente il porto di armi lunghe da fuoco dal domicilio al campo di tiro e viceversa. La licenza, rilasciata dal questore, vale sei anni ed è soggetta a una modesta tassa di concessione governativa.
In base alle norme generali in materia di licenze di porto d’armi, anche la TAV richiede la presentazione di una certificazione medica ma la stessa non deve essere ripresentata per tutto il periodo di validità della licenza. Alcune questure subordinano il rilascio della licenza alla prova che il richiedente sia iscritto a un poligono di tiro a volo o, addirittura, che svolge attività sportiva di tiro. La legge non lo prevede ma, naturalmente, occorre adeguarsi onde evitare un rifiuto, a fronte del quale non c’è di fatto alcuna tutela. In pratica, la maggior parte dei titolari di TAV non mette mai piede in un campo di tiro a volo ma si serve della licenza solo per acquistare armi e munizioni e per poter legittimamente trasportare le proprie armi (per esempio, in un poligono di tiro a segno).
Le altre licenze
In questa sede non ci soffermiamo sulle altre licenze – che pure sono valide per l’acquisto – se non per precisare che, in un recente pronunciamento, il Ministero dell’Interno ha affermato che la licenza di porto di fucile per uso di caccia non è valida per l’acquisto di armi se non è stata pagata anche la tassa annuale prevista per l’esercizio venatorio.
Anche se tale parere è giuridicamente errato, sconsigliamo ai titolari di tale licenza di acquistare armi e munizioni se non sono coperti dal pagamento della tassa, anche se la licenza, che dura sei anni, è in corso di validità.
Occorre precisare ancora che la licenza di porto d’armi viene utilizzata solo per dimostrare l’affidabilità dell’acquirente, sicché non ha rilevanza se le armi acquistate siano o meno utilizzabili per la specifica finalità di porto della licenza posseduta. Per fare un esempio, il titolare di licenza di porto di fucile può acquistare armi corte, mentre il titolare di licenza di porto di pistola o rivoltella può acquistare (e trasportare) anche armi lunghe.
Infine aggiungiamo un caso particolare, previsto dalla legge: le persone che, come i magistrati e i funzionari di polizia, hanno facoltà di andare armate senza licenza, possono utilizzare per l’acquisto di armi il loro tesserino di riconoscimento.
La denuncia
Compiuto l’acquisto dell’arma con una delle modalità sin qui descritte, viene il momento di denunciarne la detenzione. La “denuncia” consiste in una comunicazione all’autorità con la quale una persona informa l’organo di Pubblica Sicurezza del fatto che, in un determinato luogo, detiene un’arma: non si tratta quindi di una licenza o autorizzazione.
L’articolo 38 TULPS fa obbligo di denunciare le armi entro le 72 ore successive alla acquisizione della loro materiale disponibilità presso l’ufficio locale di Pubblica Sicurezza (leggasi: questura o commissariati di Polizia) oppure, quando questo manchi (si intende: nel comune in cui si denunciano le armi), presso il Comando Stazione dell’Arma dei Carabinieri del luogo. La norma, nella sua apparente semplicità, presenta tuttavia alcuni problemi interpretativi e attuativi. In base al Reg. TULPS la denuncia deve essere presentata in doppio esemplare – uno rimane all’interessato e serve per ricevuta – e deve contenere indicazioni precise circa le caratteristiche delle armi, delle munizioni; inoltre, chi denuncia un’arma deve anche indicare tutte le altre armi di cui è in possesso e il luogo dove si trovano, anche se sono state precedentemente denunciate (articolo 58 Reg. TULPS). Nella pratica, però, non tutti gli uffici preposti a ricevere le denunce adottano le medesime prassi. Molti uffici preferiscono predisporre loro stessi la denuncia sulla base delle indicazioni fornite dal denunciante che, normalmente, è in possesso del documento di cessione dell’armiere contenente tutte le indicazioni identificative relative alle armi acquistate.
Quanto al termine per effettuare la denuncia, bisogna considerare che commissariati di Polizia e stazioni dei Carabinieri non sono aperti di domenica e spesso hanno giorni e orari di ricevimento ristretti. Pertanto, se l’acquisto dell’arma avviene per esempio di venerdì mattina, l’acquirente potrebbe non riuscire a denunciare l’arma nelle settantadue ore (tre giorni), nel caso in cui il commissariato non aprisse al pubblico il sabato e il lunedì mattina: andando a denunciare l’arma lunedì pomeriggio, infatti, si supererebbe sia pure di poco il limite di legge.
Inoltre, non bisogna trascurare il fatto che, se l’acquisto viene fatto lontano dal luogo di abituale dimora, o peggio durante le vacanze, ben difficilmente – se non programmando anticipatamente i propri spostamenti – si riuscirebbe a presentare la denuncia nel termine stabilito.
Che cosa fare se ci si reca in commissariato e, sfortunatamente, l’ufficio è chiuso? Esiste l’alternativa di trasmettere la denuncia per fax, per posta certificata o per raccomandata. Molto spesso gli uffici preposti vedono però con sfavore queste modalità di trasmissione della denuncia, perché pretendono di svolgere una sorta di “accettazione” della stessa, anche se non prevista dalla normativa.
Onde evitare contrasti e spiacevoli incomprensioni, trovandosi nell’assoluta impossibilità di rispettare il termine di legge mediante consegna manuale della denuncia, si potrà ricorrere alla seguente formula: Il sottoscritto… avendo acquistato in data… la seguente arma da sparo…, trovandosi nell’impossibilità di depositare presso codesti uffici la prescritta denuncia a causa…, anticipa con il presente mezzo la denuncia medesima, riservandosi di comparire al più presto presso l’ufficio per gli ulteriori adempimenti ritenuti necessari da codesta autorità.
Bisogna tenere presente, in proposito, che in caso di ritardo della denuncia, dato che sia l’omissione sia il ritardo costituiscono reato, ben difficilmente il giudice potrà ritenere giustificato il ritardo – per esempio, adducendo che il commissariato non era aperto al pubblico – ma potrà invece ritenere equivalente alla presentazione diretta il ricorso alla posta certificata o al fax.
Lo scopo della denuncia è quello di consentire all’autorità di pubblica sicurezza, con tempestività e in ogni momento, di conoscere il luogo in cui le armi si trovano: come detto non si tratta di una autorizzazione, come invece spesso i vari funzionari preposti sono orientati a credere, sicché essi devono semplicemente prenderne atto e, se vogliono, fare i controlli del caso (l’articolo 38 TULPS lo prevede!). Pertanto, non c’è ragione al mondo per escludere che la denuncia possa pervenire all’autorità di Pubblica Sicurezza o ai Carabinieri tramite un mezzo diverso dalla presentazione manuale, quanto meno per ovviare a un (altrimenti inevitabile) ritardo.
Che cosa fare, invece, nel caso in cui l’acquisto avvenga in un luogo lontano da quello di abituale residenza, dove l’acquirente si trovi in vacanza o presso amici? Fermo restando che la legge fa riferimento alla “materiale disponibilità”, sicché si può benissimo acquistare e pagare l’arma ma passare a ritirarla poco prima del rientro, esiste la possibilità di denunciare la detenzione presso il comando Carabinieri o presso il commissariato di Polizia del comune in cui ci si trova, indicando come luogo di detenzione la residenza temporanea (appartamento o alloggio da un parente). Tale modalità sarebbe tuttavia probabilmente da evitare in caso di soggiorno presso alberghi o pensioni, non perché sia vietato ma perché l’autorità potrebbe trovare da ridire sulle modalità di custodia delle armi. La ripetizione è prevista sia per il cambio definitivo di luogo di custodia sia nel caso di trasferimento temporaneo. Nel silenzio della legge, si deve ritenere che l’obbligo di ripetizione della denuncia scatti se il trasferimento abbia durata superiore a settantadue ore (termine previsto dalla legge per la prima denuncia ed estensibile per analogia alla sua ripetizione). Se infatti si rimane al di sotto di tale limite temporale e le armi, nello stesso termine, rientrano presso il luogo abituale di custodia, non c’è ragione di comunicarlo all’autorità (una situazione del genere può verificarsi, per esempio, se si va fuori per un giorno o due per esigenze di caccia o di gare di tiro). Occorre tenere presente che l’obbligo di ripetizione della denuncia è conseguenza del trasferimento delle armi, non invece del luogo di residenza o di dimora del detentore.
Talvolta i Carabinieri o la Polizia si accorgono che una persona ha cambiato indirizzo e, sul presupposto che abbia trasferito anche le armi, lo denunciano per violazione del citato articolo 58 Reg. TULPS (anche l’omessa ripetizione della denuncia – come accennato sopra – costituisce illecito penale). L’errore è più frequente di quanto si pensi. In realtà, le armi possono anche restare nel luogo di precedente dimora, purché siano correttamente conservate e custodite (si veda più avanti, a proposito della custodia). Così pure, nulla vieta di tenere una o più armi in un luogo diverso da quello di dimora – per esempio, presso la sede di lavoro – sempre che ne sia assicurata la relativa custodia. La legge non obbliga neppure a tenere tutte le armi possedute nello stesso luogo. È lo stesso articolo 58 Reg. TULPS a permetterlo, indirettamente, perché, nel fare obbligo di comunicare, in occasione della denuncia, l’elenco di tutte le altre armi precedentemente denunciate, precisa che occorre indicare anche il luogo in cui si trovano. Potrà succedere, perciò, che la denuncia debba essere presentata presso due diversi organi di Pubblica Sicurezza, uno competente per il luogo di residenza, l’altro per il luogo di detenzione di parte delle armi. Chi vive in una grande città, si troverà facilmente a fare i conti con la competenza territoriale di diversi commissariati di Polizia; nei piccoli centri, si tratterà probabilmente di diverse stazioni dei Carabinieri. Ogni volta si dovrà rendere edotto l’organo che riceve la denuncia dell’esistenza di armi detenute in luogo diverso, già denunciate o che – essendo state acquistate tutte insieme – verranno suddivise in più luoghi di detenzione e custodia.
Diverse tipologie di armi e limiti di detenzione
Se non ci fossero precisi limiti numerici di armi, di cui è consentita la detenzione, non avrebbe tanta importanza identificare la categoria di ogni arma che si acquista e detiene. L’articolo 10 della legge numero 110/1975 stabilisce che possono essere detenute, senza licenza di collezione, tre armi comuni da sparo, sei armi sportive e un numero illimitato di armi da caccia. In base all’articolo 7 del decreto ministeriale 14 aprile 1982 possono essere detenute anche otto armi antiche, artistiche o rare d’importanza storica (per comodità, d’ora in avanti le chiameremo semplicemente armi antiche). Occorre avere ben chiaro che l’errore circa l’identificazione della tipologia di arma ricade sul detentore, che rischia di essere sottoposto a procedimento penale per il reato di raccolta abusiva di armi anche se tutte le armi sono state regolarmente denunciate. Pertanto, bisogna essere molto prudenti, evitando di prestare fede agli “esperti” dei poligoni o delle armerie che spesso fanno affermazioni errate con la tipica sicurezza dell’ignorante: per esempio, ci capiterà di sentirci dire che, poiché l’arma possiede le mire regolabili, è sicuramente sportiva!
Le cose stanno così: tutte le armi che possono essere portate a caccia sono considerate “da caccia” e possono essere detenute in numero illimitato; si possono detenere sei armi “sportive”, che siano state classificate come tali dall’autorità preposta (vedremo meglio i dettagli in proposito); si possono detenere tre armi “comuni da sparo”, che non facciano parte di nessuna delle due precedenti categorie. Vedremo infine come identificare le armi “antiche”, che si può tranquillamente detenere in numero di otto senza incorrere in complicazioni legali o di pubblica sicurezza.
Le armi da caccia sono quelle lunghe che rientrano nei parametri di calibro indicati nell’articolo 13 della legge numero 157/1992. In base a tale disposizione, l’attività venatoria è consentita con l’uso del fucile con canna ad anima liscia fino a due colpi, a ripetizione e semiautomatico, con caricatore contenente non più di due cartucce, di calibro non superiore al 12, nonché con fucile con canna ad anima rigata a caricamento singolo manuale o a ripetizione semiautomatica di calibro non inferiore a millimetri 5,6 con bossolo a vuoto di altezza non inferiore a millimetri 40.
La norma, tutt’altro che di semplice lettura, vuol dire, in pratica, che si può andare a caccia con qualsiasi fucile comunemente detto a canna liscia di calibro 12 o inferiore e con i fucili con canna rigata di calibro superiore a 5,6 millimetri o, se di calibro uguale a 5,6 millimetri, le cui munizioni siano allestite con un bossolo di altezza superiore a 40 millimetri.
L’identificazione dei calibri consentiti è resa più difficile anche dal fatto che molti di essi sono conosciuti nella loro denominazione inglese o americana, indicata in pollici. Per esempio, il calibro .308 corrisponde nel sistema metrico decimale a 7,62 millimetri (è una corrispondenza convenzionale, perché in realtà convertendo i pollici in millimetri si ottiene 7,82 mm).
Non è possibile utilizzare per caccia le armi corte (cioè pistole e rivoltelle), per cui queste possono essere denunciate solo come armi comuni o come armi sportive.
Il recente decreto legge numero 7/2015, convertito con modificazioni nella legge 43/2015, ha vietato per uso di caccia le armi di categoria B7 (armi somiglianti ad armi automatiche). A nostro parere tale divieto è efficace solo per le armi che il Banco Nazionale di Prova di Gardone Val Trompia ha espressamente classificato B7 e non per quelle che potrebbero in teoria rientrare in siffatta categoria ma a cui la stessa non sia mai stata formalmente attribuita. Su tale punto, però, non c’è ancora alcuna presa di posizione ministeriale.
La stessa normativa consente di tenere in soprannumero (cioè in numero superiore, rispettivamente, alle tre armi comuni e alle sei armi sportive) le armi categoria B7, eventualmente detenute alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni. Si tratta di una disposizione transitoria non trasferibile agli acquirenti successivi.
Per le armi antiche, occorre rifarsi al già citato decreto ministeriale 14 aprile 1982, che individua come antiche le armi di progetto anteriore al 1890. L’identificazione delle armi artistiche e rare d’importanza storica richiederebbe una esposizione troppo lunga, da rinviare ad altra occasione.
Sono invece armi comuni da sparo tutte quelle che non rientrano tra le armi da caccia, sportive o antiche; ne possono essere detenute solamente tre, fatta salva la possibilità di richiedere la licenza di collezione di armi comuni da sparo. Sono armi comuni non solamente quelle corte da difesa ma anche quelle lunghe, che non rientrano tra le armi da caccia o sportive. Pertanto, devono essere denunciate come comuni le carabine in calibro .22 Long Rifle (non utilizzabili per caccia) e le carabine della categoria B7 non classificate sportive.
La custodia delle armi
Non è sufficiente acquistare legalmente un’arma mediante nulla osta o licenza di porto d’armi. Non basta neppure la denuncia all’autorità di Pubblica Sicurezza, che deve avvenire entro settantadue ore: una volta a casa, ai sensi dell’articolo 20 della legge numero 110/1975 bisogna assicurare la custodia, anche di una singola arma e di una singola scatola di munizioni, con ogni diligenza nell’interesse della sicurezza pubblica. Contrariamente all’opinione diffusa, la principale ragione per cui è necessario custodire con la massima cura le armi non è tanto quella di evitarne la sottrazione ma è quella di evitare rischi per la sicurezza pubblica, vale a dire incidenti (o delitti), che potrebbero verificarsi con l’uso indebito dell’arma.
L’articolo 20 bis della citata legge numero 110/1975 vieta, inoltre, di consegnare armi a minori, a persone incapaci o imperite nel maneggio di un’arma. Punisce anche la trascuratezza nella custodia, al fine di impedire che alcuna delle persone … [minori, incapaci etc.] giunga ad impossessarsene agevolmente.
Pertanto, in linea di massima, è importantissimo fare in modo che le armi vengano tenute in modo tale da non essere alla portata di chiunque, tanto più se nel luogo in cui vengono custodite ci sono minori o persone incapaci. Escluso il caso della licenza di collezione (in tal caso la legge prescrive l’adozione di difese antifurto), non è affatto obbligatorio munirsi di cassaforte o di allarme elettronico. L’autorità non può obbligare una persona che detiene anche una sola arma a spendere molti soldi per equipaggiare il luogo di dimora con sistemi di difesa attivi o passivi.
Quello che conta è che vengano adottate le cautele suggerite dall’esperienza e dal buon senso, come per esempio tenere le armi in un cassetto chiuso a chiave e chiudere sempre a doppia mandata il portone di casa quando si esce. Non è neppure vero – come sembrano pensare alcuni tutori della legge – che ogni volta che avviene un furto di un’arma, ne consegue automaticamente la responsabilità penale per omessa custodia da parte del derubato. Il problema è molto più complesso: la legge deve sempre contemperare gli interessi in gioco! Perciò, giustamente, si è stabilito un generico obbligo di diligenza per i detentori di armi non collezionisti e un obbligo maggiormente accentuato per i collezionisti.
Diverso è il discorso se in casa vi sono minori o persone incapaci (per esempio, un figlio maggiorenne con problematiche psichiatriche). In questo caso, come abbiamo accennato, non basta la normale diligenza ma occorre adoperarsi per evitare che le persone facenti parte delle citate categorie possano agevolmente entrare in possesso delle armi.
“Agevolmente” vuol dire che non risponderà di omessa custodia il padre che si vede sottrarre le armi dal figlio diciassettenne, il quale ha forzato la cassaforte in cui le armi erano custodite. Ci sarà omessa custodia, invece, se le chiavi della cassaforte erano in un luogo di facile accesso da parte del figlio, che ne ha approfittato.
L’autorità di Pubblica Sicurezza può imporre l’adozione di particolari difese antifurto nel caso in cui ciò sia reso necessario dal numero e dalla pericolosità delle armi detenute. Tale potere non può essere esercitato se la persona detiene numerose armi da caccia ma non armi per cui è prescritta la licenza di collezione. Tuttavia, onde evitare il rischio di denuncia per omessa custodia, sarà opportuno dotarsi di sistemi di protezione adeguati alla particolare situazione di ogni detentore.
Porto e trasporto delle armi
Non tutti detengono armi per il solo piacere di possederle: molti pensano di usarle per il tiro o per la caccia. Per introdurre l’argomento, che con questo primo articolo ci limitiamo ad accennare, è necessario distinguere tra “porto” e “trasporto” delle armi. Il porto consiste nell’avere con sé l’arma carica e pronta all’uso, in condizione tale da poterne fare uso immediato. Tipica ipotesi di porto si verifica quando l’arma è portata carica sulla propria persona, ma si ha porto anche nel caso in cui venga tenuta, in analoghe condizioni di pronto impiego, nel cassetto del cruscotto dell’autovettura o anche in una borsa, ma sempre in modo tale da poterne fare un uso pressoché immediato.
Il trasporto consiste nel trasferire da un luogo a un altro l’arma scarica, in custodia, eventualmente smontata o, comunque, privata del serbatoio caricatore (se ne è munita) e, in ogni caso, in una situazione tale da non consentirne l’uso immediato. Tipicamente, avremo situazione di trasporto quando viene tenuta smontata e scarica in una valigia posizionata nel bagagliaio dell’autovettura.
Per praticare il tiro a segno non è normalmente richiesto il porto ma il solo trasporto da casa al poligono di tiro.
Il porto si verifica, invece, quando si vuole praticare l’attività venatoria o quella del tiro a volo. Il motivo è che i poligoni per il tiro a segno sono ambienti recintati, in cui l’attività di tiro si svolge in posizioni stabilite, sotto il controllo degli istruttori di tiro. Al contrario il tiro a volo e, ancor più, la caccia, presuppongono la possibilità di muoversi con una certa libertà, con l’arma carica e pronta all’uso. Per tale ragione, cacciatori e tiratori di piattello, per esercitare il loro sport, devono munirsi di una specifica licenza di porto.
Chi è titolare di una licenza di porto di fucile o di pistola può anche trasportare (attenzione: solo trasportare) un’arma di tipo diverso da quella che è autorizzato a portare. Per esempio, il titolare di licenza di porto di fucile per il tiro a volo, può trasportare una pistola da casa al poligono, rispettando le restrizioni sopra indicate (arma scarica, possibilmente smontata, in valigia chiusa).
Chi non è titolare di licenza di porto d’armi può munirsi di titoli amministrativi che consentono il solo trasporto, peraltro scarsamente utilizzati, dato che è molto più semplice richiedere la licenza di porto di fucile per il tiro a volo, evitando così ogni problema.
I frequentatori di poligoni del Tiro a Segno Nazionale possono richiedere la cosiddetta carta verde, che deve essere vidimata in questura e che consente il trasporto da casa allo specifico poligono che l’ha rilasciata.
Esiste poi la licenza di trasporto di armi sportive, disciplinata dalla legge numero 85/1986, che però presuppone che il titolare svolga attività agonistica, presentando tuttavia il vantaggio di autorizzare il trasporto verso qualsiasi poligono del Tiro a Segno Nazionale. Appare dubbia (e probabilmente da escludersi) la possibilità di ricorrere ai titoli di solo trasporto verso poligoni non gestiti dal Tiro a Segno Nazionale. Il titolare di licenza di porto di fucile o di porto di pistola può anche acquistare e trasportare fino a duecento cartucce per pistola o rivoltella e fino a millecinquecento cartucce per fucile da caccia, da utilizzare per il tiro o per la caccia.
In mancanza di tale titolo, non è possibile né l’acquisto né il trasporto delle munizioni; pertanto, i titolari di solo titolo di trasporto possono solamente acquistare le munizioni presso i poligoni del Tiro a Segno Nazionale, prestando attenzione a consumarle tutte sul posto.
Le leggi
• Regio decreto 18 giugno 1931 numero 773, “Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza”, in: Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale numero 146 del 26 giugno 1931
• Regio decreto 6 maggio 1940 numero 635, “Regolamento per l’esecuzione del T.U. 18 giugno 1931, numero 773, delle Leggi di Pubblica Sicurezza”, in: Gazzetta Ufficiale numero 149 del 26 giugno 1940
• Legge 18 giugno 1969 numero 323, “Rilascio del porto d’armi per l’esercizio dello sport del tiro a volo”, in: Gazzetta Ufficiale numero 170 dell’8 luglio 1969
• Legge 18 aprile 1975 numero 110, “Norme integrative della disciplina vigente
per il controllo delle armi, delle munizioni e degli esplosivi”, in: Gazzetta Ufficiale numero 105 del 21 aprile 1975
• Decreto ministeriale 14 aprile 1982, “Regolamento per la disciplina delle armi antiche, artistiche o rare di importanza storica”, in: Gazzetta Ufficiale numero 153 del 5 giugno 1982
• Legge 25 marzo 1986 numero 85 (‘Legge Lo Bello’), “Norme in materia di armi per uso sportivo”, in: Gazzetta Ufficiale numero 77 del 3 aprile 1986
• Legge 11 febbraio 1992 numero 157, “Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio”, in: Supplemento Ordinario alla Gazzetta Ufficiale numero 46 del 25 febbraio 1992
• Legge 17 aprile 2015 numero 43, “Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo, anche di matrice internazionale (…)”, in: Gazzetta Ufficiale numero 91 del 20 aprile 2015Tag:armi corte, armi lunghe, armi sportive, denuncia, legge, licenza collezione, munizioni, porto d’armi