Sanità nel Lazio, Cgil – Cisl – Uil: “12 anni senza contratto, una vergogna”

Gli oltre 25 mila lavoratori e lavoratrici della sanità privata accreditata del Lazio aspettano da 12 anni, come i colleghi di tutta Italia, il rinnovo del contratto nazionale. Lavoratori che da 12 anni, senza aumenti salariali e avanzamento di diritti, mandano avanti ogni giorno un terzo dei servizi alla salute del Lazio, in pochi, con eccesso di straordinari e turni massacranti.

Sono infermieri, Oss, terapisti, amministrativi, tante professionalità su cui ricadono interamente gli oneri, come la formazione o gli obblighi assicurativi, ma che non hanno le stesse tutele e gli stessi diritti dei lavoratori pubblici, il cui contratto – anch’esso ormai scaduto – almeno nel precedente triennio era stato rinnovato. Le trattative con le parti datoriali si sono interrotte per l’ennesima volta di fronte all’indisponibilità di ARIS e AIOP, le due associazioni che rappresentano la gran parte dell’imprenditoria privata in sanità, a versare le risorse necessarie per il rinnovo. Oltre un anno di mobilitazione, scioperi e manifestazioni locali e nazionali, nonostante le quali i confronti sono ripresi a singhiozzo, fino alla rottura dello scorso luglio, quando tutto si è fermato all’esito negativo delle procedure di raffreddamento.

“Andremo avanti fino allo sciopero nazionale, previsto per il 20 settembre – dichiarano i Segretari generali di Fp Cgil, Cisl Fp e Uil Fpl Roma e Lazio Natale Di Cola, Roberto Chierchia e Sandro Bernardini – e venerdì 6 settembre saremo sotto al Ministero della Salute con le lavoratrici e i lavoratori del Lazio. Una regione dove siamo in prima linea da tempo, e nella quale abbiamo già scioperato alla fine dello scorso anno, continuando a chiedere al Presidente Zingaretti di farsi parte attiva nello sblocco delle trattative nazionali, oltre a intervenire per modificare, a livello regionale, le modalità di accreditamento, a favore di una maggiore trasparenza e controllo dei bilanci e delle dotazioni organiche che, così come previsto dalla legge regionale di stabilità per l’anno 2019, devono prevedere che il personale sia alle dirette dipendenze delle strutture sanitarie evitando esternalizzazioni o contratti a partita iva. Sono risorse pubbliche, il privato svolge un servizio pubblico e fa profitti, spesso milionari, con esso: è impensabile che si neghi la dignità e il rispetto di chi materialmente consente l’erogazione dei servizi. È una logica che complessivamente non si è più disposti ad accettare, come in tanti altri settori pubblici e privati: è dal contratto che ripartono dignità e diritti del lavoro. È solo dando valore al lavoro che si possono offrire servizi adeguati ai cittadini. Vogliamo arrivare a ridurre – fino ad azzerare – le differenze tra chi svolge gli stessi compiti e mansioni, con pari livello di professionalità ed esperienza, indipendentemente dalla natura pubblica o privata del datore di lavoro. Il fatto che ARIS e AIOP restino sorde alle legittime richieste dei lavoratori e delle lavoratrici, negando loro il più basilare dei diritti, è una vergogna che non siamo più disposti a tollerare”.

In piazza (dalle 10, Lungotevere Ripa, 1), nei giorni in cui si definirà un nuovo Governo, saranno presenti anche i segretari nazionali delle categorie del pubblico impiego di Cgil Cisl e Uil Serena Sorrentino, Maurizio Petriccioli e Michelangelo Librandi.

“Dal precedente Governo e dal lavoro fatto in Conferenza Stato Regioni abbiamo registrato disponibilità all’ascolto ma è arrivata solo l’assunzione di impegni. Ora è fondamentale che si intervenga con tutti gli strumenti possibili per sbloccare e invertire quel rapporto di forza che le imprese continuano a esercitare, così come è importante proseguire, nel Lazio, nella diversa regolamentazione degli accreditamenti, dopo che con la precedente legge di bilancio regionale si è stabilito, come requisito minimo, l’applicazione del CCNL di riferimento, come argine al precariato e alle più diverse forme di collaborazione, che hanno reso ancor più eterogeneo e frastagliato il quadro del lavoro nel settore. Si tratta di servizi pubblici, e come tali devono essere garantiti e resi universali. Sono le istituzioni pubbliche le prime a dover riconoscere il ruolo centrale dei lavoratori e il loro diritto a un adeguamento normativo ed economico, a tutele certe e omogenee, che solo attraverso il contratto possono essere riconosciute. La nuova fase della mobilitazione è solo all’inizio. Indipendentemente dal colore del nuovo Governo, il contratto è una questione di dignità: andremo avanti fino a che non lo otterremo”.

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Redazione

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