Casal di Principe. Panaro: “Munnezz, Puzz e cioccolata”

“Munnezz e PUZZ furono la causa di estinzione del territorio”. E’ l’epitaffio che  a stento si legge su  un ceppo tra i pochi reperti rimasti.  E’ questo l’apocalittico scenario di un territorio un tempo di pregio,  fertile e rigoglioso, che menti scellerate  depredarono, cingendolo di  piramidi infauste dagli appellativi poco regali: Stir, lo Spesso, Parco Saurino, Pozzo Bianco, Ferrandelle, Marruzzella.  Resiste il  groviglio di cemento e ferraglia arrugginita, sommersi nelle acque dei regi lagni che continuano a scorrere lente e rassegnate.  Un tempo sognatori  immaginavano il  corso d’acqua  navigabile e adornato da alberate. Su questa archeologia industriale campeggia beffardo  “Impianto di compostaggio per la valorizzazione della parte umida della immondizia”.  Quale artificio  più perfido si  poteva escogitare  per ingannare  ignari e sprovveduti casalesi?  Munnezz, puzz, roghi e rifiuti tossici,  si accerterà essere stati le cause letali del flagello di questa gente finita  prematuramente o fuggita  in luoghi lontani  senza più voltarsi. ” Mai fu avviato  censimento dei siti”!, ” Mai fu intrapreso il piano di bonifiche”! “Mai  interventi a sviluppo del territorio”!  Questo sarà il grido di condanna che i posteri scaglieranno alla  Regione e al Comune,  poiché questi governi  prescrissero che per colpe ataviche la nostra terra, prima flagellata dalla infamante nomea, dovesse  estinguersi per munnezz  e puzz, per un misero “ristoro”.

La  decadenza  avanzava lenta ed inesorabile. Case  vuote, edifici abbandonati, terreni incolti. La civiltà agraria ed artigianale, da lì a poco sarebbe morta e con essa sarebbe finita  la migliore produzione.  Distese un tempo coperte di oro rosso ridotte a sterpaglie. Mandrie  generatrici di oro bianco abbattute.  Meleti, pescheti , viti maritate ridotti a rami  rinsecchiti. Le migliori tradizioni finirono e con esse svanirono i sogni  di  riscatto di queste terre.

Si appurerà  negli anni a venire che   l’allora Assessore ,  fervente sostenitrice di quello che fu l’impianto per la “valorizzazione dell’umido”,  osannava il contributo  regionale accordatole  per la festa della cioccolata, quale irripetibile  occasione per rilanciare  il  turismo a Casale.  Il ciclo storico si ripresentava dopo  qualche secolo.  All’indomani della rivoluzione francese la gleba affamata protestava per  il  pane e  Maria Antonietta  rispondeva  che potessero mangiare pure le briosce. La nostra sostenitrice del funesto impianto di compostaggio,  intendeva così  ripagare i concittadini,  rifocillandoli con i cioccolatini.  Nella storia di questo paese non ci fu più amara consolazione.  I posteri  impareranno  che la cioccolata elargita allegramente   maschera  inganni molto pericolosi.

Salvatore Panaro
NO AL SITO DI COMPOSTAGGIO A CASAL DI PRINCIPE

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Redazione

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