Mafia Capitale, Sgarbi chiede l’incriminazione dell’ex Pocuratore Pignatone
Vittorio Sgarbi, deputato alla Camera, chiede l’incriminazione dell’ex Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone: «Ha calunniato la città. Presenterò un esposto. Dev’essere processato».
Dopo la sentenza della Cassazione che ha escluso inequivocabilmente l’associazione mafiosa, Sgarbi attacca: «E’ il trionfo della giustizia e della civiltà avere liberato Roma dalla umiliazione della mafia; ma adesso i colpevoli devono pagare. La diffamazione di Roma, infatti, ha avuto prezzi altissimi, fino a cancellarne persino il nome, non più Roma ma “Mafia Capitale”. Il colpevole, per vanità, per superbia, per ambizione, ha invece un nome e cognome: Giuseppe Pignatone».
Sgarbi non usa mezze parole e tuona: «Questo magistrato calunniatore per erigersi il suo “monumento”, divenuto procuratore di Roma, ha valutato che era troppo piccola la dimensione criminale della città per la sua gloria di magistrato. Come nel mondo della diplomazia ci sono sedi tranquille e sedi “disagiate”, che comportano garanzie e prebende integrative per i diplomatici (Palermo e Caltanissetta, come Reggio Calabria, sono sedi dove la criminalità è radicata più che altrove, e ne deriva la fama e la grandezza di chi la combatte). Roma è, invece, una bella città con una criminalità ordinaria, forse addirittura più debole che a Milano, dove è pur nata Tangentopoli. Ed ecco allora il calcolo e il teorema di Pignatone: Roma deve diventare come Palermo, e la mafia criminale presente negli stessi termini, con la stessa violenza».
Sgarbi ricorda poi la vicenda delle distruzioni di alcuni edifici storici della Capitale e l’indifferenza proprio della Procura guidata da Pignatone: «Inutile chiedere, come io ho fatto con lui e i suoi sostituti, d’impedire, in via Ticino a Roma, la distruzione di un villino degli anni ’30, negli stessi termini del sacco di Palermo: di quello non si è accorto, e ha così consentito il suo abbattimento favorendo, di fatto, la cupidigia e la speculazione di costruttori e architetti. Quello è stato il momento più simile ad analoghi episodi del sacco di Palermo, ma Pignatone ha voluto chiamare mafia la corruzione e la concussione, senza aggravanti o violenze, come accade in Sicilia».
Sgarbi si chiede poi: «Come è possibile che la mafia sia stata riconosciuta a Roma solo in questi ultimi 7 anni, cioè da quando è arrivato Pignatone, con la sua smisurata ambizione, mentre prima tutti i procuratori e le forze di polizia non si erano accorti dell’esistenza della mafia? La mafia è un’espressione criminale strutturata, organizzata, molto seria, molto grave, capace di paralizzare e devastare una città e umiliarne l’economia, limitare gravemente la libertà politica, sociale, ed economica. La mafia uccide. Roma, come ha riconosciuto la Cassazione, ha avuto una criminalità ordinaria».
Sgarbi annuncia infine di voler procedere contro l’ex Procuratore: «Ho dunque deciso di presentare un esposto contro chi, per interesse personale, e per esaltare la propria immagine, ha mortificato, e con evidenti finalità personali, la reputazione di Roma, arrivando a rimuoverne anche il nome. Una operazione sistematica di umiliazione e diffamazione che ha danneggiato gravemente la città davanti al mondo».