Bari. Ugl: “Bosch abbandona il sud”

Non risultano per nulla rassicuranti le indiscrezioni sulle sorti dello stabilimento di Bari che giungono dal CAE Bosch alla vigilia dell’incontro al MiSE previsto per il prossimo 28 Novembre.

Dopo l’annuncio in diretta streaming da parte del sig. Denner, Presidente del Gruppo Bosch, circa la crisi mondiale sul comparto automotive e diesel in particolare, e l’annuncio di una fase di ristrutturazione con  tagli del personale “socialmente sostenibili”, ecco giungere sulle teste dei dipendenti il macigno della previsione per il 2022 allorquando il numero dei dipendenti dovrà scendere da 1850 a 1200 unità. Facendo un passo indietro, queste previsioni di oltre 600 esuberi le avevamo già apprese sui tavoli istituzionali, così come avevamo raccolto le disponibilità del Governo e della Regione Puglia a finanziare e sostenere qualsiasi tipo di piano industriale con zero esuberi. Ma è evidente che Bosch non ha alcuna volontà di investire in nuove produzioni sul territorio barese, dopo aver usufruito per 20 anni di “aiuti pubblici” in termini di contratti di sviluppo, di ammortizzatori sociali, dopo aver ottenuto svariate decine di premi e titoli qualificanti in termini di eccellenza industriale, qualità e innovazione tecnologica. Ricordiamo a Bosch che tutti i successi, oltre che i profitti, ottenuti in questi anni sono riconducibili solo ed esclusivamente ai propri dipendenti che, con uno smisurato spirito di collaborazione, disponibilità e senso di appartenenza, hanno contribuito a far raggiungere all’azienda molti sfidanti obiettivi. E questi sono gli stessi dipendenti che adesso Bosch vorrebbe mettere alla porta, senza neanche considerare tutti i sacrifici cui sono stati sottoposti in seguito alla sottoscrizione di indegni accordi sindacali che li hanno privati dei loro diritti fondamentali, quali le ferie personali ed un salario dignitoso. La UGLM si è sempre opposta alla sottoscrizione di certi accordi lesivi per i dipendenti, lo ha sempre esternato denunciando attraverso comunicati sindacali, operazioni di volantinaggio e comunicati stampa.

“A pagare il prezzo di questi accordi – tuona il Segretario Provinciale Samantha Partipilo – sono stati finora solo i lavoratori, che si vedono una riduzione media dello stipendio di circa 500 euro ogni mese, che vivono quotidianamente con la minaccia dei licenziamenti e con l’insicurezza di riuscire a sostentare le proprie famiglie”.

“Non aderiremo allo sciopero indetto per il 28 Novembre – ribadisce la RSU UGLM di Bosch (Mario Daniello, Onofrio Zotti e la stessa Partipilo) – i lavoratori sono stati finora obbligati a subire questi sacrifici per via degli accordi che altri hanno firmato, e non è giusto che perdano anche l’ennesima giornata di lavoro per uno sciopero indetto perché i firmatari sono stati incapaci di farsi garantire un piano industriale dignitoso dall’azienda. In aggiunta sono settimane che stiamo denunciando l’utilizzo dello scorrimento a 18 turni unitamente alla solidarietà, essendo 2 strumenti evidentemente opposti, ma l’azienda continua a fare l’orecchio da mercante nel silenzio assoluto anche degli altri colleghi. Noi questo atteggiamento non lo accettiamo e lo continueremo a denunciare come tutti i rappresentanti eletti dai lavoratori dovrebbero fare”.

“E siamo stati lungimiranti a non sottoscrivere certi accordi con i quali si vendevano le ferie dei lavoratori e si concedevano cassa integrazione e contratto di solidarietà – dichiara il Segretario Nazionale Antonio Spera – in cambio di alcuna garanzia da parte dell’azienda ad investire in nuove produzioni ed a ridurre gli esuberi. Ci aspettiamo – conclude il Nazionale UGLM Spera – che al tavolo ministeriale previsto tra pochi giorni, l’azienda possa fare un passo indietro rispetto alle proprie intenzioni e che il Governo attenzioni la vertenza Bosch alla stregua delle altre vertenze Mittal e Alitalia, affinchè non si faccia distinzioni di gravità ed importanza. Per noi i lavoratori che rischiano il proprio posto di lavoro sono tutti uguali!”.

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Redazione

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