Ex Ilva, le pretese di Arcelor Mittal. Renzi lavora ad una cordata
“Arcelor Mittal ha deciso di andarsene da Taranto ancora prima” del cambio di governance che “ha il compito di traghettare la proprietà indiana fuori” dall’Ilva. Così il ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli, che su Facebook attacca: “Il piano industriale dell’azienda è stato disatteso nei numeri, nella prospettiva di rilancio e non ha proiezione futura. Questo per via di errori macroscopici delle figure apicali e di contingenze macroeconomiche legate al mercato dell’acciaio” dazi, calo produttivo in Germania, crisi dell’automotive”, afferma Patuanelli.
Matteo Renzi sarebbe al lavoro per una cordata alternativa ad Arcelor Mittal per la gestione degli ex stabilimenti dell’Ilva di Taranto, che coinvolgerebbe Jindal e Cdp. E’ quanto riporta il quotidiano “La Repubblica” secondo il quale il leader di Italia Viva “è già al lavoro per un’alternativa”.
La cordata sarebbe composta da Sajjan Jindal, già proprietario delle ex acciaierie Lucchini di Piombino (nel cui Cda c’è l’amico del leader di Italia Viva Marco Carrai), il gruppo Arvedi di Cremona e Cassa depositi e prestiti. Mercoledì 6 l’incontro tra Conte e ArcelorMittal. Patuanelli fa sapere che l’Esecutivo “non ne consentirà la chiusura”. I sindacati vedono oggi a Roma Federmeccanica, Confindustria e la ministra Catalfo.
EX ILVA, D’UVA E CORTESE (SINLAI): “NAZIONALIZZAZIONE UNICA ALTERNATIVA POSSIBILE”
In seguito all’approvazione del Dl Imprese, che ha comportato la cancellazione dell’iimunità penale sul piano ambientale per la dirigenza di Arcelor Mittal, la multinazionale indiana ha comunicato ai commissari dell’ex Ilva che è pronta a tirarsi fuori dalla gestione, fermando la produzione e mandando a casa oltre 10000 lavoratori.
Immediata la risposta di Giustino D’Uva e Luigi Cortese, dirigenti nazionali del SINLAI, con una nota congiunta: “Quello dell’amministratore delegato di Arcelor MIttal è un vero e proprio ricatto al governo, pretendendo di fatto la reintroduzione dello scudo penale, e minacciando, altrimenti, la chiusura dell’intero impianto ex Ilva. Ciò, innanzitutto, la dice lunga sulla considerazione che le multinazionali hanno del governo italiano, che deve sistematicamente genuflettersi dinanzi alle pretese delle grandi aziende, le quali impongono unilateralmente condizioni economiche e lavorative. Se l’esecutivo fosse un governo degno di questo nome, l’unica alternativa percorribile, state l’impossibilità di sottostare al diktat di Arcelor Mittal, sarebbe quella di nazionalizzare gli stabilimenti dell’accieria e riportare finalmente la produzione ai fasti di un tempo, garantendo lavoro e condizioni dignitose a migliaia di lavoratori. Tuttavia, siamo pronti a scommettere che alla fine la multinazionale la spunterà e che, come di consueto, la politica si inchinerà alle pretese, concedendo alla dirigenza di perpetrare indisturbatamente ogni abuso, contro la città di Taranto e contro le maestranze coinvolte”.