Teverola. La verità sul premio “Francesco Forchia”

A Teverola esistono improvvisamente due premi poetici. È da circa un anno che imperversa una polemica riguardo al premio “I versi non scritti…”, premio che in un primo momento aveva nome “Francesco Forchia… I versi non scritti”, e così è stato per ben due edizioni. D’improvviso, per fratture interne dovute a varie incomprensioni, il premio si sdoppia. Da un lato c’è il premio “I versi non scritti…”, organizzato dall’Associazione di cui è presidente il signor Antonio Zacchia, dall’altro c’è il premio “Francesco Forchia” organizzato dall’associazione culturale “I versi non scritti…” di cui è presidente Aldo Forchia, padre di Francesco, giovane a cui il premio è dedicato, in collaborazione con Pasquale Gnasso Editore.

A questo punto, sia il padre di Francesco, sia l’editore Pasquale Gnasso dichiarano le loro perplessità in merito al gesto di organizzare un secondo premio in forma concorrenziale.

Aldo Forchia dichiara: “Questo premio è un premio legittimo della famiglia Forchia, nato in seguito ai fatti accaduti in quel lontano aprile del 2016, quando in un incidente stradale Francesco ha lasciato questo mondo. In quanto padre e poeta, con tutta la modestia che possa io avere, ritenni all’epoca di organizzare un concorso poetico, desiderio che già coltivavo già prima della tragedia, e quindi dedicarlo a mio figlio. Dopo qualche incomprensione sulle modalità del concorso non ho ritenuto, per istinto di padre, di sottrarmi all’organizzazione del premio e all’impegno che avevo preso nei confronti di Francesco e della mia coscienza. In seguito al gesto di voler comunque organizzare un concorso poetico che richiamasse esplicitamente quello dedicato a Francesco, difatti “I VERSI NON SCRITTI…” si intendono i versi che mio figlio non è mai riuscito a scrivere, sono rimasto ferito e deluso. Detto ciò, tengo a precisare che chiunque può organizzare concorsi poetici e altre iniziativa, ma richiamare in modo meschino e strumentalizzare quella formula dedicata a mio figlio è un atto osceno, vergognoso e di malafede.”

Mentre il giovane Editore, che ha sempre perorato la causa del Padre di Francesco, dichiara apertamente: “Potevo, per ragioni tutte commerciali, tacere e prendere parte a entrambi i concorsi, ma ritengo che il bene e la verità siano i principi fondamentali della mia persona e dell’onestà intellettuale. Ho trovato disdicevole che anche solo una volta un padre sopravvissuto al figlio abbia dovuto giustificarsi della paternità di un premio pensato, organizzato e voluto in memoria del figlio. Il mio invito è di riflettere sull’importanza simbolica di questo premio adoperando la stessa sensibilità e lungimiranza d’animo che un poeta impiega nel comporre i suoi versi”.

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Redazione

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