Censura social, Facebook costretta a (ri)aprire Casapound per non pagare penale giornaliera
Una sentenza storica quella emessa nelle ore scorse dal tribunale di Roma che ha ordinato a Facebook di riaprire la pagina social del movimento politico Casapound.
Una decisione quella di Facebook di riaprire il profilo social del movimento sovranista (anche il profilo personale e la pagina pubblica dell’amministratore Davide Di Stefano, ndr) anche perché come riporta la sentenza, il gruppo americano avrebbe dovuto pagare una penale di 800 euro per ogni giorno di ritardo nella riattivazione degli account ma è stato condannato alla rifusione delle spese di giudizio, liquidate in 15.000 euro.
Però la decisione di Facebook di ottemperare in tempi così rapidi alle disposizioni del giudice Stefania Garrisi non era scontata. E’ evidente la volontà di non voler incorrere nella penale per il mancato adempimento dell’ordinanza. Questo ovviamente non impedisce a Facebook di impugnare il provvedimento e fare reclamo: Zuckerberg ha quindici giorni di tempo per opporsi (Art. 669 terdecies del codice di procedura civile).
La pagina di CasaPound era stata oscurata tre mesi fa assieme ad altri account personali e pubblici legati a movimenti ed esponenti di destra perché – come spiegava Facebook – “le persone e le organizzazioni che diffondono odio o attaccano gli altri sulla base di chi sono non trovano posto su Facebook e Instagram. Candidati e partiti politici, così come tutti gli individui e le organizzazioni presenti su Facebook e Instagram, devono rispettare queste regole, indipendentemente dalla loro ideologia”.