Aversa. Coronavirus, invettive contro paziente 1: le precisazioni
Il sottoscritto avvocato Nicola Marino del foro di Napoli Nord, in nome per conto e nell’interesse di Capasso Giuseppe, in relazione all’articolo pubblicato in data 31.03.2020 (leggi qui) chiede al sig. Direttore responsabile del sito sopracitato di poter meglio chiarire i contorni di una vicenda profondamente spiacevole per il cosiddetto caso 1 che, in virtù di testimonianze fuorvianti, rischia di passare come il prepotente di turno che, ad onta di ogni pericolo legato alla pregressa patologia sofferta, non evita di mettere in pericolo la propria e l’altrui incolumità. In realtà in data 30.03.2020 il caso 1 si poneva in fila per entrare in un supermercato di via Riverso di Aversa ponendosi a distanza di sicurezza dalle altre persone, effettivamente privo di mascherina e guanti. In riferimento a tale circostanza giova evidenziare come la enorme congerie di provvedimenti legislativi che si sono susseguiti negli ultimi due mesi non impone come obbligatorio l’uso della mascherina e dei guanti all’utente di un esercizio commerciale, lasciando alla sua discrezionalità l’uso dei cd. D.P.I.. Discorso diverso è per i lavoratori di tali esercizi che sono obbligati all’uso di tali dispositivi di sicurezza. Andrebbe anche chiarito, per amore di verità, come tali dispositivi ed in particolare le mascherine di garza e similari, non assolvono alla funzione di protezione dalle particelle aero disperse, riuscendo in tale compito unicamente quelle dotate di filtri e contrassegnate con le sigle FFP1 – FFP2 – FFP3. Ciò premesso, nel caso di specie, il caso 1 veniva riconosciuto e nella comprensibile agitazione dei presenti che ne derivava, lo stesso si adoperava per spiegare loro il decorso del suo caso e la sua completa guarigione clinica. Nonostante tale ampia disponibilità a chiarire la sua vicenda, da uno dei presenti gli veniva richiesta addirittura l’esibizione della certificazione medica a riprova di quanto affermato. A tale richiesta, ovviamente, gli animi si surriscaldavano e a questo punto usciva dal supermercato il responsabile o un suo facente funzione il quale, in prima battuta, si offriva di vendere al caso 1 una mascherina di protezione e, a seguito del suo rifiuto, gliela regalava, a suo dire per non perdere clientela. Il caso 1 la indossava e provvedeva regolarmente ad effettuare la spesa. Il resto appartiene all’ansia, al momento storico che stiamo vivendo, ma tali condizioni non devono consentire di esasperare i toni al punto da distaccarsi completamente dalla realtà medica e scientifica per far posto a delle isterie di manzoniana memoria. Conclusivamente si auspica che quanto verificatosi non accada più e che il caso 1 costituisca un caso pilota attraverso cui meglio gestire la fase post patologia di chi ha la sventura di contrarre il temibile virus COVID-19, utilizzando meno istinto e più razionalità.