Milano. Infermiere aversano in prima linea contro il coronavirus

“Nicola è un nostro concittadino che da qualche anno si è trasferito e lavora in una struttura sanitaria della Lombardia. Poteva tornare a casa, ma non l’ha fatto dimostrando coscienza e grande senso di responsabilità. Ora anche lui è in prima linea a combattere il virus. Buon lavoro Nicola da parte di tutta la Città di Aversa e grazie per questo messaggio che voglio condividere con tutti voi”. E’ il messaggio del sindaco di Aversa, Alfonso Golia.

Ecco il testo del messaggio di Nicola:

“Ho rinunciato a festeggiare i miei primi 40anni per restare a Milano è affrontare il covid19 e salvare la mia famiglia. Sono una persona molto riservata e non amo i social e non avrei mai pensato di condividere con voi quello che sto vedendo con i miei occhi pieni di paura. Mi chiamo Nicola, lavoro Presso l’ASST Melegnano P.O Cernusco sul Naviglio (Milano) e da circa 12 anni nel reparto di Ortopedia. Ho sognato e organizzato da tempo il mio compleanno ero pronto con le valigie in mano per partire e andare ad Aversa dalla mia famiglia. Ma poi la mia coscienza e il mio cuore mi hanno dettato di non partire e restare a Milano mentre una lacrima mi riga il viso. (La scelta più giusta che abbia mai fatto). Così proprio nel giorno del mio compleanno tutto è cambiato (1 marzo 2020) da quando è arrivato questo maledetto e subdolo nemico oscuro che senza gambe e senza braccia corre più forte di noi e nell’arco di poche ore ho visto riorganizzare un ospedale intero,non ci sono più colleghi dei vari reparti predefiniti non ci sono più colleghi dei vari reparti, ma siamo tutti colleghi di un unico ospedale e dello stesso reparto chiamato covid19. Sapete i DPI fanno male lasciano i segni sul volto i lividi; fanno sudare e una volta che ho indossato quella tuta non puoi mangiare non puoi bere per almeno 8ore consecutive, per paura di toccarti con i guanti sporchi con il rischio di contaggiarti e di contaggiare. Perché questa battaglia noi infermieri la dobbiamo vincere ma ci vogliono le armi giuste. In questi giorni ho visto il terrore negli occhi dei miei colleghi dei medici e negli anestesisti, ma noi non lo facciamo lasciar passare oltre le mascherine. Ho visto il terrore e la paura negli occhi dei pazienti che devono stare soli in un letto 24 h su 24 e possono solo guardare una parete bianca. I pazienti hanno solo il conforto del mio sguardo quando somministro loro la terapia dietro una visiera o degli occhiali. Essere un infermiere ai tempi del coronavirus significa esprimere ogni sentimento solo attraverso uno sguardo sia esso di paura di smarrimento di sofferenza di preoccupazione Vi voglio invitare a stare a casa ,basto solo io a vedere e a vivere con gli occhi pieni di paura ma non per andare a fare la spesa ,ma per andare a lavoro”.

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Redazione

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