Coronavirus e business della pandemia contro i medici: De Siero punta i riflettori sullo scudo penale

Si fa sempre più aspro lo scontro tra toghe e camici bianchi, un conflitto che esaspera ancor di più l’attuale stato di emergenza nell’intero Paese. Si è parlato di business della pandemia e di avvocati che provano a speculare sul dolore offrendo assistenza per azioni legali contro i medici impegnati nella cura dei pazienti positivi al Covid-19.

Ad intervenire, in questo clima teso e agitato, è il giovane avvocato sammaritano Benito De Siero, da sempre impegnato in materia di responsabilità medica con il suo studio legale.

Nell’esprimere gratitudine e solidarietà a tutti gli operatori sanitari che combattono il virus in prima linea, De Siero ha puntato i riflettori su tutte quelle società (perché spesso non si tratta nemmeno di avvocati veri e propri) che offrono la possibilità di risarcimenti cospicui in caso di danni alla salute dovuti ad eventuali errori da parte di medici e operatori sanitari.

«Come era prevedibile – ha spiegato De Siero – la categoria medica si è fatta portavoce di una proposta, già presentata al Senato, riguardante l’approvazione di uno scudo penale volto ad introdurre una garanzia straordinaria quando il nostro ordinamento prevede già una sorta di scudo, di tutela per casi particolari come questo. Mi riferisco all’art.2236 del codice civile il quale recita: “se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni se non in caso di dolo o colpa grave”. Ritengo che uno scudo penale sia del tutto inutile e pericoloso, poiché credo che in uno stato di diritto, nessun cittadino debba rimanere sprovvisto di tutela legale. Inoltre, temo che se dovesse andare in porto, potremmo ritrovarci uno strumento che anziché essere provvisorio diventi un escamotage anche per future situazioni. In questi mesi, ahimè, abbiamo assistito a tanti errori di gestione da parte tanto del governo centrale, ma ancor di più di numerose Regioni. Abbiamo e stiamo assistendo a ritardi, che si stanno dimostrando letali, nella prevenzione: ritardi nei tamponi, mancata assistenza domiciliare, scelte opinabili di trasferire soggetti positivi o non ancora guariti, dagli ospedali in case di riposo per anziani, determinando, a mio avviso, stragi colpose silenziose di poveri innocenti. Ecco che tutti questi elementi, ed altri ancora, ci riconducono al concetto di danno da disorganizzazione. In pratica l’attività del medico all’interno della struttura sanitaria non è che un pezzo, un segmento della più complessa prestazione richiesta all’ente (struttura sanitaria) e può, quindi, sussistere una responsabilità della struttura sanitaria anche in mancanza di responsabilità del personale medico: valutazioni queste da fare sicuramente ex post, quando tutto sarà finito, dal momento in cui ora i sanitari sono schierati in prima linea in questa emergenza ed a loro va soltanto la nostra gratitudine ed un grande plauso per l’inesorabile ed estenuante impegno profuso».

La strada che porta alla collaborazione tra medici e avvocati non è, dunque, impossibile da percorrere. «È chiaro però – conclude De siero – che se dovessero emergere profili di responsabilità di gestione o, come meglio definiti sopra, da organizzazione, sarebbe giusto che chi ha perso un familiare in questa guerra silenziosa, non rimanga sprovvisto di tutela legale».

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Redazione

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