Coronavirus, Donne Giuriste: “Con legislazione emergenziale DPCM, si rischia di frammentare l’Italia”

“A seguito della dichiarazione dello stato di emergenza per rischio sanitario connesso al COVID e del Decreto Legge n. 6 del 23.02.2020, il Governo ha attribuito la competenza ad adottare le misure di contenimento della diffusione del virus a molteplici “autorità competenti”. Pertanto, sono state prodotti una serie di atti (DPCM, Decreti Ministeriali, Ordinanze Presidenti Regioni, Protocolli, Messaggi, Circolari, ecc) che non solo creano una grande confusione, ma sembrano minare anche l’assetto delle fonti del diritto, stante l’attrazione di interi ambiti materiali nell’orbita della legislazione di emergenza, con conseguente sottrazione di questi ultimi alla legislazione parlamentare e, più in generale, alla legislazione primaria”. A sostenerlo in una nota è l’Adgi Roma, Associazione Donne Giuriste Italiane sezione di Roma.

Per questi motivi, spiegano gli avvocati Chiara Tagliaferro e Raffaella de Camelis, rispettivamente vice presidente e consigliera segretaria di Adgi Roma, “in considerazione del potere concorrente conferito alle Regioni con la modifica dell’art. 117 della Costituzione, ci auguriamo che questa scelta non determini una suddivisione dell’Italia in diverse separate realtà territoriali ed un massiccio ricorso al Giudice Amministrativo per sollevare questioni di legittimità costituzionali di molte norme che incidono non solo su specifiche sfere di competenze e attribuzioni, ma anche su diritti costituzionali dei cittadini quali la libertà di circolazione sul territorio nazionale (art. 16); la libertà di riunione ed associazione artt. 17 e 18 ed in qualche modo persino la libertà di culto (art. 19) essendo impossibile lo svolgimento di manifestazioni religiose che prevedono necessariamente la vicinanza fra le persone e, non da ultimo, l’iniziativa economica privata (art. 41)”.

“Va evidenziato che la nostra Costituzione prevede non per caso all’art. 77 uno strumento normativo ad hoc proprio per i “casi straordinari di necessità e di urgenza”: il decreto-legge. A quest’ultimo, all’interno della gerarchia delle fonti, l’ordinamento riconosce la garanzia di un atto che, proprio per la sua delicatezza, è destinato a passare al vaglio sia del Capo dello Stato sia del Parlamento, chiamato alla sua conversione. Donde, ferme restando le condizioni di urgenza del caso, ci si chiede se lo strumento legislativo più appropriato non avrebbe dovuto essere proprio solo quest’ultimo”, conclude la nota di Adgi Roma.

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Redazione

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