Violenza domestica, Beneduce: “Combatterla senza se e senza ma: petizione alla Ministra Pari Opportunità ed Assessori”

Il 10 giugno scorso è stata lanciata dall’Associazione di rilievo nazionale Basta Violenza la petizione “La Violenza non ha sesso“ indirizzata alla Ministra alle Pari Opportunità ed agli Assessori regionali italiani, supportata da professionisti che si sono da sempre contraddistinti per il loro equilibrio di giudizio e la ferrea volontà di risolvere annose problematiche tra cui la violenza domestica intrafamiliare. Una rete di professionisti tra cui spicca la figura di Francesca Beneduce, prima firmataria e sostenitrice della petizione.

La Beneduce, vale bene ricordarlo, lotta da sempre per l’affermazione dei diritti umani, universalmente riconosciuti in campo civile e militare, un impegno nazionale ed europeo il suo. Un percorso tortuoso e non facile quello intrapreso dalla Dott.ssa Beneduce che già sul finire del 2006, istituì in seno alla Commissione Pari Opportunità del Comune di Sant’Anastasia (Na) che ha presieduto sino agli inizi del 2014, un’assoluta novità per il territorio vesuviano, uno spazio apposito che accogliesse le “Persone” vittime di violenza.

“Persone, non solo donne sono state accolte – sottolinea Beneduce – dalle professionalità integrate ed offerte alla cittadinanza a titolo gratuito che ci ha consentito di supportare e lì dove possibile risolvere molte problematica, anche tra qualche insuccesso che ci ha spinto a ripensare alle metodologie offerte dalle Istituzioni. In quegli anni esistevano i primi Spazio Famiglia ma nulla che intervenisse per un vero e sostanziale cambio culturale contro la violenza”. Un impegno che è poi continuato ancora nelle Istituzioni come coordinatrice di 6 Centri Anti Violenza e 9 Sportelli per l’allora secondo Ambito Territoriale più popoloso della Campania, Castellammare di Stabia. Poi Presidente della Commissione per la parità uomo- donna della Regione Campania fino al 2017 dove si è distinta per aver “consegnato” a tutte e tutti – assessori e consiglieri – senza distinzione di colori politici in modo trasversale, un Progetto di proposta di legge quadro sulla parità di genere frutto di anni di studio che poi è stata accolta dall’Assemblea. Una proposta che contemplava già il supporto per uomini e donne maltrattanti, per il loro aiuto e recupero “l’esigenza è nata ascoltando le diverse istanze anche quella delle persone con orientamenti sessuali considerati differenti. Un ascolto proattivo delle diverse problematiche inquadrate alla luce delle normative intervenute nonostante le quali stenta a decollare. È necessario innovare l’accoglienza dei Centri antiviolenza, aprirli alla persona e non al genere. Per tal via si restituisce dignità all’essere umano che indipendentemente dal genere si ritrova a vivere una situazione al limite del sopportabile e studi e ricerche oggi ci dicono che non è solo la donna a subire, uno stigma maggiore in termini di riprovazione sociale avvolge anche l’uomo quando ne è vittima. Le Istituzioni devono dare risposte erga omnes, è questa l’unica direzione percorribile e non più oltre procrastinabile in questo modo, sicuramente gli accessi saranno maggiori e finalmente si penserà ad una effettiva stabilizzazione non più a macchia d’olio e per appartenenze politiche delle innumerevoli operatrici ed operatori dei Centri Antiviolenza, senza puntare al continuo ed inefficace ricambio di giovani professionisti mal pagati e sfruttati pur di poter inserire nei propri cv esperienze consistenti da cui poter trarre una gratificazione momentanea ed illusoria che nonostante la dedizione producono risultano poco efficaci per la popolazione. Occorre continuità e serenità per supportare chi chiede aiuto, non credo che le condizioni migliori siano offerte con tali modalità. Non è alimentando la “lotta tra generi” che si risolve il problema, una vera pacificazione sociale si otterrà solo in condizioni di equilibrio e stabilità. Ricordo che già l’articolo 3 della costituzione, non attua la Legge del 27 giugno 2013, n. 77, ratifica ed esecuzione della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011 di cui l’Italia è firmataria. Le proposte di questa petizione da un lato rispondono alle esigenze di una parte della popolazione vittima di conflitti, abusi e violenza e dall’altra orientano alla restituzione della dignità professionale e lavorativa delle operatrici ed operatori a vario titolo coinvolti nei Centri Antiviolenza che devono essere gestiti dalle Istituzioni dando uniformità di intervento per metodo in termini di efficacia ed efficienza, sono pur sempre soldi pubblici quelli che vengono investiti in questo settore”– chiosa la Beneduce è autrice del recente saggio “Scacco Matto- Zugzwag. Performance, Pari Opportunità e Criminlogia” ed. Argento Vivo.

Di seguito riportiamo il link on line della petizione http://chng.it/qx42CH8H


Testo completo

PETIZIONE

Oggetto: Si richiede l’adozione di efficaci misure di contrasto alla prassi discriminatoria nei confronti delle vittime maschili di violenza domestica. Infatti, nella maggioranza dei centri antiviolenza alle vittime maschili viene negato il diritto di avvalersi del servizio. Le misure di contrasto a detta prassi discriminatoria dovranno riguardare tutti gli ambiti della vita sociale, in particolare quello legislativo, informativo ed educativo. Hanno promosso la petizione i centri antiviolenza:

Perseo – Centro antiviolenza maschile di Milano

Centro Antiviolenza della Croce Rossa Italiana comitato di Avezzano Il fiocco di neve – APS di Trieste

Hanno aderito:

Francesca Beneduce, giornalista, criminologa, esperta di politiche paritarie e di genere. Eletta Presidente della Commissione Pari Opportunità Regione Campania in qualità di esperta nel 2013.

Marco Crepaldi, psicologo specializzato in psicologia sociale. Fondatore e presidente di Hikikomori Italia.

Gianni Baldini, avvocato. Professore associato (ab.) di diritto privato e docente di biodiritto presso l’Università di Firenze e Siena.

Antonio Martone, scrittore e saggista. Docente di filosofia presso Università degli Studi di Salerno.

Francesco Nozzoli, docente di fisica presso l’Università degli Studi di Trieste.

Gianluca Cicinelli, giornalista e scrittore. Collabora con l’Università degli Studi LUMSA di Roma.

Giorgio Ceccarelli, avvocato. Fondatore dell’Associazione “Figli Negati” promotore e ideatore della Casa del papà e del Daddy’s Pride.

Glenda Mancini, criminologa, saggista e conduttrice televisiva.

Cinzia Baldazzi, saggista, critica letteraria.

Gioacchino Onorati, editore di libri e programmi televisivi. Fondatore della casa editrice Aracne e di AracneTV.

Spett. Ministra ed Assessori, siamo un gruppo di associazioni che gestiscono centri antiviolenza, intervenendo su persone maltrattate e maltrattanti in ambito domestico senza praticare alcuna discriminazione, prima fra tutte quella di genere. Ci occupiamo inoltre di giustizia riparativa finalizzata al recupero e alla riabilitazione delle persone in-capaci di gestire rabbia e aggressività quando sottoposte a situazioni di forte stress psicologico.

La nostra esperienza concreta, la nostra formazione e ricerca scientifica nonché la nostra coscienza di cittadini democratici, ci portano alla richiesta di cui all’oggetto. Riteniamo infatti la prassi discriminatoria nei confronti delle vittime maschili di violenza domestica:

Illegale. Essa viola l’articolo 3 della costituzione, non attua la Legge del 27 giugno 2013, n. 77, (ratifica ed esecuzione della Convenzione di Istanbul dell’11 maggio 2011). La convenzione “sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” differenzia i due ambiti in tutti i suoi articoli. In particolare, circa la violenza domestica all’art 1 afferma: “…Riconoscendo che la violenza domestica colpisce le donne in modo sproporzionato e che anche gli uomini possono essere vittime di violenza domestica”; all’art. 4 comma 3 “… in particolare le misure destinate a tutelare i diritti delle vittime, deve essere garantita senza alcuna discriminazione fondata sul sesso, sul genere, … ”.

Inaccettabilmente motivata. Di solito si giustifica la discriminazione verso le vittime maschili con l’esiguità del loro numero. L’assurdità di tale asserzione è evidente. La legge deve applicarsi a tutti e, semmai, deve esserci maggiore attenzione proprio verso quei fenomeni di illegalità che rischiano di passare inosservati. Oltretutto, le vittime maschili non sono affatto in numero così esiguo. Sono stati effettuati vari studi che lo dimostrano. Studi che, per essere realizzati, hanno dovuto superare numerosi ostacoli di varia natura ed una diffusa ostilità preconcetta che spesso ha penalizzato i ricercatori stessi. Contrariamente agli studi che indagano la violenza sulle donne che vengono ampiamente finanziati e pubblicizzati. Non ci si rende conto che proprio la mancata indagine su “l’altra metà della violenza” finisce per inficiarne il loro valore scientifico in quanto non li contestualizza nel fenomeno più ampio della violenza domestica.

Particolarmente iniqua. La prassi discriminatoria colpisce tutte le vittime maschili compresi i minori, gli anziani, i disabili o persone spesso già discriminate in altri ambiti come le persone LGBT.

Inefficace e controproducente perché si basa su un’analisi della realtà stereotipata e falsata da pregiudizi. Individua tutti i soggetti maschili come tendenzialmente pericolosi in base ad una tara biologica e/o culturale. Tale visione della realtà, con l’uomo ingabbiato nel ruolo del potenziale carnefice, finisce per ottenere l’effetto paradossale di diffonderlo come modello di genere nelle giovani generazioni. Simmetricamente, in questa visione manichea, la donna non può che essere una potenziale vittima. Negando che la violenza possa anche essere femminile, non si presta adeguato interesse ed intervento sulle donne maltrattanti, lasciandole sole a gestire il proprio malessere.

Non dovrebbe essere necessario, visto il nostro impegno quotidiano, ma vogliamo ribadire che la nostra iniziativa non vuole né minimizzare né relativizzare la violenza sulle donne in alcun modo. L’estensione delle tutele a tutte le persone, a prescindere dal sesso/genere della vittima, oltre ad essere un dovere costituzionale e civile nel senso della non discriminazione e dell’uguaglianza, nulla toglierebbe alle tutele attualmente offerte alle donne vittime di violenza.

Firmiamo tutti questo appello per porre fine realmente alla violenza domestica.

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Redazione

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