Aversa. Motti: “Battere il ‘sistema’ per salvare la città”
“Il Consiglio Comunale del 17 agosto ha fatto chiarezza: non vi sono dissidenti, che remano contro chissà perché, ma una maggioranza plurale, in cui si distinguono due modi d’interpretare il mandato ricevuto. C’è chi che si considera in obbligo di sostenere, sempre e comunque, l’azione dell’esecutivo (sindaco e Giunta); c’è chi, come me, accompagnato dall’accusa d’eresia, rivendica ai consiglieri comunali il diritto/dovere di concorrere alla definizione delle linee d’azione, attraverso un confronto permanente sui temi, apertissimo alla città. All’esecutivo, poi, il compito di darvi seguito, per le competenze che fanno capo al sindaco e agli assessori. Non è stato così, in questo primo anno”. Inizia così l’analisi della consigliera comunale Luisa Diana Motti.
“Francamente, se questo si stia incrociando con dispute elettorali nel PD, non so e neppure m’interessa. Io mi son trovata a collaborare nella Commissione Bilancio soprattutto con la cons. Eugenia D’Angelo, che ammiro per la gratuità e generosità dell’impegno, sostenuto da un esemplare spirito di servizio. Grazie a Dio, comunque, tra un mese o poco più si va al voto. Certo che mi fa specie, quando vedo che alcuni giornalisti riferiscono delle vicende comunali di Aversa, con più frequenti riferimenti ai nomi di Graziano, Oliviero, Zannini, che a quello dello stesso sindaco. Ma si va avanti. Chi aveva delle idee da portare, da “eretico”, le ha fatte crescere, anche in dialogo con una cittadinanza competente, che dà segni di risveglio. Il mio impegno è in questa direzione. Tra le persone che mi hanno accordato fiducia, molti vogliono capirci di più e dire la loro. Per me questa è grande ricchezza. E, infatti, la bozza di agenda politico-amministrativa portata in Consiglio, è, in gran parte frutto del lavoro di cittadini che, più comprendono, più si appassionano e partecipano. È quello che avevamo detto di voler fare. Questa cittadinanza militante, se sarà capace di crescere, spingerà la città alla grande svolta. Sì, perché, senza una vera rivoluzione, Aversa non ce la farà”.
“In Consiglio ho detto che continuare a fare processi al passato è stucchevole, ma soprattutto fuorviante. Sembra che vi siano stati i lanzichenecchi nella casa comunale e che -questo il grande errore- liberati da quelle presenze, il resto venga quasi da sé, per sostituzione di uomini. Niente di più falso e pericoloso. Ho parlato di un sistema, come vero responsabile, di cui i singoli sono stati e sono interpreti, certo con diverso peso di responsabilità: il sistema dei silenzi e delle reciproche convenienze. Questo ha operato, opera e opererà sotto traccia, finché non verrà messo davvero alle strette. Il sistema è fatto di tante cose, ma, nel crescente disastro finanziario, la convergenza si è realizzata nel simulare e far risultare una condizione di normalità (crediti non esigibili nascosti nei residui attivi e tanto altro; vale a dire… metto nelle entrate attese soldi che non entreranno mai). Così si è potuto continuare a mungere la mucca, moribonda ma con certificato di buona salute. L’inesistenza o inadeguatezza di tutti i controlli è stato funzionale a questo modo di procedere. La Corte dei Conti, nello scorso aprile ci ha mosso rilievi mortificanti (riferiti al 2017, sono pubblicati sul sito istituzionale). In questa vacuità dei controlli, non saprei distinguere le responsabilità dei vertici dell’apparato da quelle di una politica compiacente, pur di avere buon accesso agli uffici e combinare qualche cosa, purtroppo non sempre indirizzata al bene comune”.
“Quel che nella seduta del 17 agosto andava scongiurato era il messaggio, comunque sicuramente in buona fede, che questo bilancio sia il bilancio della svolta. Purtroppo non è così. Si è fatto l’indispensabile per tenere la nave in galleggiamento. E andava fatto. Ma il modo non mi preoccupa, mi allarma. Un po’ di chiacchiere nella comunicazione, specie quella social, ci possono anche stare, ma bisogna essere poi molto attenti a non perdersi nelle proprie chiacchiere, finendo per crederci. Questo bilancio ha messo in equilibrio, precario equilibrio, delle cifre. Per il momento, in attesa di entrate che finora non si è stati capaci di realizzare (ma dov’è l’analisi dei motivi e delle responsabilità?) e di risparmi solo dichiarati, si sono sacrificati soldi destinati a investimenti per sanare voragini di debiti contratti per le spese correnti del passato e ancora del presente. L’art. 119 della Costituzione lo vieta “I Comuni…possono ricorrere all’indebitamento solo per finanziare spese di investimento”. Pagare le spese correnti pregresse con i fondi per gli investimenti significa innescare un motore ammazzafuturo, silenzioso e perciò ancora più perverso”.
“Lunedì l’assessore al bilancio ha dovuto ammettere che c’è questo pesante sacrificio degli investimenti, dicendo: “bisogna prima pagare i debiti”. Ma è stata vivacemente redarguita da un consigliere della minoranza, che ha denunciato, in questo modo di operare, una logica perdente e paralizzante, perché è proprio con investimenti illuminati che, negli anni, si ripianano i debiti facendo crescere la città. Ma anche le parole devono contribuire all’operazione verità, nella quale direi che siamo al 30%. Se sento “abbiamo liberato risorse”, il mio cuore è in festa; poi capisco che così ci si esprime per dire che ho passato a mio figlio i miei debiti (spingendoli in avanti nel tempo) o che non sostituirò dipendenti che vanno in pensione. La prima cosa è usare parole, magari meno tecniche, ma parole di verità. Circa le vere strategie di risanamento siamo ancora ai blocchi di partenza. Risanare significa ripensare, ribaltare e riorganizzare, per un più positivo rapporto tra costi e benefici, tutti i servizi e interventi. Perché poi Il problema, non è solo quello di pagare i vecchi debiti, ma, ancor più, di chiudere in fretta i rubinetti aperti, che producono nuovo debito. Nel programma presentato, per la verità, vi è qualche spunto in tal senso relativamente alle entrate, ma ancora tutto da chiarire e specificare. Speriamo bene”.
“La prima cosa da fare per ritrovarsi, è proprio questa: vero risanamento al primo posto, in un confronto programmatico a tutto campo, già dal 22 settembre. In primis, i servizi essenziali più onerosi come l’igiene urbana, dove bisogna avere il coraggio di ricostruire dalle fondamenta, cominciando a rispettare le leggi (innanzitutto applicare la direttiva europea, recepita da lunghi anni dalla nostra normativa: paga chi inquina e non chi ha l’appartamento più grande). Nella gestione dei rifiuti c’è somma urgenza di un nuovo piano industriale, un nuovo piano economico-finanziario, nuovi regolamenti, a partire da quel megaflop del compostaggio. Che fine hanno fatto le centinaia di compostiere? La seconda cosa da fare per superare le distanze: riorganizzare, dalle fondamenta, la macchina comunale. Anche qui, c’è più di un timore, che non ci si riesca a liberare da vecchie logiche troppo ben sponsorizzate all’interno del palazzo, quelle del “sistema”. Gli uffici sono vuoti. Negli anni, per ridurre le spese, non c’è stato turnover. Il risparmio si è fatto svuotando gli uffici, cioè distruggendo il capitale umano. Ora manca il personale persino in settori strategici. Bisogna ripopolare gli uffici. Alla testa di un esercito che non c’è, non servono altri generali (spesso praticamente inamovibili, anche se fanno cattiva riuscita. E quanto costano!). Occorre assumere, riorganizzare e soprattutto rimotivare soldati e sottufficiali, premiandoli nell’assunzione di responsabilità”.
“E anche qui un pericolo è quello che, infine, ci si possa consegnare, col cappio al collo, ad esattori esterni per fare presto in materia di riscossione. Così, importanti risorse dell’ente sarebbero, in via ordinaria, portate fuori, invece di ricostituire il capitale umano. Facciamo in proprio, investendo temporaneamente, per predisporre i necessari supporti materiai e per l’innesto di competenze indispensabili. Mi par di capire che, ad oggi, sia questa l’idea dell’Amministrazione. Se è così, bene. E allora perché parlarne? Perché vedo, comunque, dietro l’angolo il pericolo, alla fine, di prendere la scorciatoia. In sintesi, occorre ridisegnare una nuova e rivoluzionaria architettura amministrativa, e bisogna farlo in Consiglio Comunale, anche con il contributo delle minoranze, perché la casa da ricostruire è di tutti. Come si evince dalle mie considerazioni, con la mia astensione ho inteso significare la mia distanza da diverse cose, ma anche la mia fiduciosa e operosa richiesta di un cambio di passo e di stile. A nessuno è sfuggito, però, che solo la partecipazione dei 5 astenuti ha consentito l’approvazione del bilancio con 10 voti in un organo di 25 componenti. Il cammino è complesso e irto di difficoltà. Ma cosa vi è di semplice in questo tempo che ci troviamo a vivere?”.