Whirlpool Napoli, Partito Comunista Italiano al fianco dei lavoratori
“I vertici aziendali della Whirlpool hanno ribadito, dopo mesi di lunghe trattative, la volontà, più volte annunciata, di chiudere, il prossimo 31 ottobre, la fabbrica di Napoli, gettando così nella disperazione i lavoratori e loro famiglie. I manager della multinazionale statunitense hanno dato la definitiva e, peraltro molto prevedibile, prova di non aver mai avuto alcuna seria intenzione di assicurare, con soluzione concrete, un futuro produttivo al sito di Via Argine a Napoli ed hanno riproposto soltanto l’eterna e stucchevole giaculatoria sulle difficoltà del mercato napoletano che, a loro dire, imporrebbero la chiusura. I tentativi del Governo e del ministro Pantanelli di far recedere i vertici della Whirlpool dai suoi propositi sono risultati deboli, vani, inconcludenti e sostanzialmente arrendevoli ai diktat dell’impresa multinazionale. Al fine di garantire il futuro produttivo della Campania, Il Governo avrebbe potuto avviare un’azione di pignoramento di tutte le somme della multinazionale statunitense, ovunque giacenti, fino al recupero totale dei benefici che aveva concesso all’azienda per la salvaguardia dei livelli occupazionali”. Così in una nota la segreteria regionale e provinciale del Partito Comunista Italiano.
“Sarebbe stato possibile, inoltre, allo Stato requisire la fabbrica sita in via Argine e svolgere così una funzione pubblica di effettiva difesa dei livelli occupazionali. In tal modo l’esecutivo avrebbe dimostrato che lo Stato italiano non regala denaro pubblico per favorire il capitale privato e avrebbe lanciato un forte segnale a quelle imprese che hanno assunto comportamenti simili alla Whirlpool (si tratta di nutrito gruppo del quali fa parte un colosso, una volta italiano, che ha trasferito la sede legale in Olanda). La chiusura dello stabilimento di via Argine viene riconfermata, dunque, in un grave contesto di crisi sanitaria e sociale, e si inserisce, in piena continuità, nella storia, ormai decennale, di improvvise cessazioni delle attività aziendali, di licenziamenti, di mortificazione di numerose e importanti professionalità. Lo scenario economico e sociale che oggi connota significativamente tutta la nostra regione è, infatti, quello di una desertificazione industriale irreversibile. Le crisi si sono susseguite e si susseguono a ritmo incalzante, alimentate da un perverso meccanismo che fa sì che le aziende condannate alla chiusura finiscano con il trascinare nel vortice delle difficoltà decine di piccole e medie fabbriche dell’indotto (nel caso Whirpool ai 450 lavoratori vanno aggiunti circa 1500 altri lavoratori dell’indotto). Vi sono responsabilità precise di coloro che hanno governato il Paese negli ultimi decenni, e responsabilità delle amministrazioni regionali campane che si sono susseguite. La situazione è grave nella nostra regione, ma anche nelle altre del Mezzogiorno, dove le popolazioni vedono costantemente minacciate le loro condizioni materiali di vita. Stiamo registrando il totale fallimento delle classi dominanti nazionali, la loro incapacità di offrire risposte alla domanda sociale delle classi popolari e dei lavoratori. L’adesione acritica ai principi e alle pratiche del neoliberismo selvaggio, le clausole europee relative alla libera circolazione dei capitali e al l divieto, per gli Stati, di agire da protagonisti e programmatori dell’attività economica hanno fatto accumulare, al Ministero del lavoro, e al MISE vertenze, tavoli, in larga parte di azienda meridionali. La crisi della Whirlpool è, pertanto, l’ennesima dimostrazione che i cedimenti, le mediazioni, le trattative basate sul ‘meno peggio’, sono solo la premessa per ulteriori sconfitte e cedimenti. Di fronte a questo attacco micidiale i lavoratori sono spesso lasciati soli, divisi, scoraggiati. Gli effetti della crisi, purtroppo, provocano comportamenti di concorrenza e di conflittualità tra gli stessi lavoratori, tra occupati e disoccupati, giovani precari e pensionati, italiani e migranti, Nord e Sud, fino ad arrivare a vere e proprie manifestazioni di guerra tra poveri. Le lotte condotte azienda per azienda, con la disponibilità ad accettare il male minore e di fatto a cedere sui diritti e sulla unità dei lavoratori, inducono ulteriore passività e scoraggiamento. Per il Partito Comunista Italiano, di fronte ad una situazione per molti versi eccezionale, occorrono unità e compattezza dei lavoratori. Difendiamo i diritti digli operai della Whirlpool e quelli dei dipendenti delle altre aziende in crisi riunificando tutte le vertenze e concentrando la forza e la rabbia dei lavoratori in un unico fronte di lotta. Il PCI è al fianco dei lavoratori e propone la costruzione di coordinamenti territoriali dei dipendenti delle aziende in crisi”.