Aversa. Motociclista morto in viale Europa, Comune assolto

Esclusa ogni responsabilità per l’amministrazione comunale guidata dal Sindaco Golia con assessore al ramo Dott. Mario De Michele, difesa dall’avvocatura comunale costituita dall’avv. Giuseppe Nerone e dall’avv. Domenico Pignetti per una vicenda che la vedeva esposta per circa un milione e mezzo di Euro, a seguito del decesso di un motociclista per un incidente occorso in Aversa alla via Corso Europa in prossimità dell’incrocio tra via Turati e via Dei Mille, a causa di una buca presente sul manto stradale. La famiglia del deceduto aveva citato in giudizio, per ipotesi di danni, sia il Comune che l’allora dirigente dell’ufficio tecnico. Gli eredi hanno convenuto in giudizio il Comune di Aversa e il dirigente responsabile della manutenzione e della gestione delle strade, chiedendo la loro condanna al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti. E’ stata espletata Ctu cinematica e sono stati ascoltati i testi.

Secondo il tribunale è apparso sospetto che il teste, in sede di sommarie informazioni rese agli agenti di polizia (circa venti giorni dopo il fatto) non abbia accennato all’esistenza di una buca nel punto in cui il conducente della moto aveva perso il controllo del motoveicolo; ma, in ogni caso, dalla dichiarazione resa in sede testimoniale, non emerge prova certa e tranquillizzante del fatto che la moto …sia concretamente finita con la ruota nella buca in questione. Il teste non ha infatti dichiarato di aver visto la ruota del motociclo finire nella buca, ma solo che “ad un certo punto la moto è sbandata”, avendo notato la buca solo dopo il fatto, quando si era avvicinato per prestare soccorso al ragazzo.

Del resto, dalla relazione di Ctu, emerge che il teste si trovava ad una distanza di circa 80 metri dal punto in cui sono state rilevate le tracce di scarrocciamento della moto – e quindi dal punto in cui, presumibilmente, il conducente della moto aveva sbandato. Tale notevole distanza renderebbe comunque poco plausibile il fatto che il teste possa aver visto concretamente la ruota della moto finire nella buca; così come appare poco verosimile che il teste, una volta avvicinatosi al danneggiato per soccorrerlo, ed avvistata una fossa (di circa 15 cm) potesse ricordare (vista la distanza da lui percorsa) che questa piccola buca era situata nel punto esatto in cui il conducente della moto, nella sua corsa ad elevata velocità, aveva sbandato.

Il Tribunale ha anche sentenziato che:

Si consideri anche il CTU, ha affermato che “dalle foto scattate in epoca più prossima a quella del sinistro, ovvero quelle della P.S. di Capua nell’immediatezza, benché non sia possibile percepire tutti i dettagli a causa della non ottimale qualità delle stesse, pervenute al sottoscritto solo in forma di fotocopia, si evince la presenza dell’esteso rappezzo più dettagliatamente descritto dalla documentazione successiva; nelle stesse foto, invece, non si evince la presenza della buca, della profondità di 10 cm, cui fa riferimento parte attrice nella propria relazione tecnica : pertanto, non è possibile, con i dati a disposizione, dire con esattezza quando essa sia comparsa, quando sia stata riparata e se fosse presente, e corrispondente a quanto dallo stesso documentato, all’epoca del sinistro, tanto da essere assunta come principale causa della perdita di controllo del motociclo da parte del conducente.”

Da tutte le circostanze evidenziate, non può ritenersi dimostrato che il deceduto abbia sbandato per essere finito con la ruota della moto all’interno della buca in questione. Senza recedere dalle considerazioni che precedono, è il caso di aggiungere che, quand’anche volesse ritenersi dimostrato che la caduta del conducente della moto sia avvenuta per essere la ruota della moto finita nella buca in questione, deve ritenersi che l’evento dannoso sia comunque addebitabile, in via esclusiva, al suo comportamento negligente/imprudente.

Nell’informativa della Polizia Stradale, si dà inoltre atto, nell’informativa medesima, che le condizioni di luminosità erano “sufficienti” ed il fondo stradale era “asciutto”. Dalle foto scattate dalla P.S. subito dopo il fatto, allegate in atti, emerge la sussistenza di un esteso “rattoppo” del manto stradale, connotato da crepe, avvallamenti e dissesti. Si tratta di un’anomalia di notevole estensione (di oltre 10 metri di lunghezza e di quasi 3 metri di larghezza.

Tale significativo dissesto del manto stradale, considerate le notevoli dimensioni e la agevole percepibilità dello stesso, avrebbe dovuto indurre il danneggiato ad adottare un comportamento di guida ancora più prudente ed attento.

Ed invece, considerate le tracce di scarrocciamento rilevate dalla P.S. intervenuta nell’immediatezza dei fatti e l’analisi degli urti, il CTU, ha accertato cha, al momento del fatto, il motociclista conduceva la moto ad una velocità di circa 78,00 km/h. In definitiva, ritiene il Tribunale che la negligente condotta di guida del conducente del motoveicolo abbia avuto esclusiva efficienza causale dell’evento.

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Redazione

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