Covid e DPCM, la denuncia di un negoziante di pesca sportiva: “Abbandonati e condannati a morte dello Stato”
“Possiamo stare aperti, ma non lavoriamo. Il nostro lavoro è la vendita al dettaglio di articoli da pesca sportiva e amatoriale, codice Ateco 47.64.10 (generalmente e banalmente catalogato come vendita di articoli sportivi e per il tempo libero). La pesca sportiva, secondo l’ultimo dpcm del 3 novembre, nelle ‘Aree rosse’ è vietata, nelle ‘Aree arancioni’ è praticabile, se hai la fortuna di avere il mare, un lago o un fiume. Le limitazioni hanno completamente azzerato per due mesi e mezzo la vendita di articoli del settore, senza dimenticare gli altri mesi critici da inizio pandemia. E qui il paradosso… da una parte si vieta la pesca sportiva, dall’altra si tengono aperte le attività commerciali del settore specializzate in vendita di prodotti per la pesca sportiva. Al danno si aggiunge anche la beffa, con la nostra attività commerciale aperta ma senza clienti, in quanto l’attività della pesca sportiva è vietata”. E’ la denuncia di Aniello Squitieri, negoziante di Sarno (SA) e titolare di Stilepesca.com.
“Ricordo inoltre che lo sport della pesca non crea alcun assembramento, e può essere praticato nel pieno rispetto delle regole e sicurezza. A questa situazione si aggiunge la completa mancanza di aiuti o contributi da parte dello Stato, non rientrando ed anzi peggio, escludendoci dai decreti ristori in aiuto alle attività. Non abbiamo soluzioni. Ma noi con quali incassi dovremmo sopravvivere? Dalla Regione aspettiamo risposte, siamo letteralmente schiacciati, stretti fra l’incudine e il martello. Chiedo quindi di ammettere la pesca come attività sportiva e garantire alle attività commerciali che il governo ha lasciato aperte, ma che non hanno clienti e incassi, di essere inserite nel decreto Ristori, o quantomeno prevedere un risarcimento per danno subito a seguito del divieto alla pesca sportiva e dei mancati incassi di questo intero periodo”.