“Non ci sono palchi di serie B, Sanremo e profitto non sono covid free”: ‘bloccati’ gli studi Rai a Milano
“Questa sera, come collettivo LUMe, abbiamo deciso di bloccare simbolicamente le porte degli studi televisivi della RAI a Milano di C.so Sempione 27 perché reputiamo inaccettabile, considerata la grave situazione in cui versa il mondo dell’arte e dello spettacolo, che si legittimi la narrazione per la quale esistono teatri di serie A e di serie B”. E’ quanto si legge nel comunicato firmato da “Lume”, il collettivo di studenti, musicisti e artisti che ha voluto dire così il proprio no, forte e chiaro, al Festival di Sanremo.
“Mentre governo e regione Lombardia si fronteggiano a colpa di numeri ed R(t), gli imprenditori e i negozianti invocano class-actions la politica si è dimenticata della cultura: teatri, i musei, gli spazi musicali ed espositivi chiusi senza prospettiva, quasi 600.000 lavoratrici e lavoratori senza certezze e con pochissimi sussidi (soprattutto se paragonati alla media europea). Per mesi si è parlato dei banchi con le rotelle invece che organizzare un’istruzione in presenza ma sicura, quale è il modo migliore per distogliere lo sguardo dal terribile stato in cui versano i settori dell’arte e della cultura in Italia? IL FESTIVAL DI SANREMO. La macchina burocratica e finanziaria che sta dietro al festival non si può fermare, anche in deroga alle norme anti-contagio, il business del festival deve andare avanti, troppi i profitti economici che girano intorno alla kermesse. Ancora una volta, nella triste storia della pandemia, i profitti guidano la linea politica del Governo nel decidere chi deve aprire e chi deve restare chiuso. Il problema, sia chiaro, non è il Festival di Sanremo bensì il messaggio che verrà fatto passare a gran voce: lo spettacolo e la cultura, nonostante tutto, non si fermano e vanno avanti. Lo spettacolo e la cultura, quel variegato ed eterogeneo mondo composto in gran parte da precarie e precari “imprenditori di sé stessi”, sta invece morendo nell’indifferenza generale. Le parole del Ministro della cultura Franceschini, che ha dichiarato tempo fa che “nessuno è stato lasciato da solo nell’attraversamento di questo deserto”, pesano come macigni sulle spalle degli operatori e delle operatrici dello spettacolo che non lavorano da mesi né hanno ricevuto forme di reddito. Impegnarsi per far svolgere il Festival e non per dare fondi e futuro alla cultura, in tutte le sue sfaccettature e rappresentazioni, è un gesto gravissimo che va condannato con fermezza. I diversi milioni di euro (di fondi pubblici) investiti ogni anno nel Festival devono essere destinati alla ripresa di tutto il comparto culturale non solo dell’ “elites culturale” dell’Ariston”.