Napoli. Futuro giovani avvocati, una praticante scrive a Bonafede

Rosa Zaccariello, giovane praticante avvocato iscritta all’Ordine degli Avvocati di Napoli, ha inviato una lettera al Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede esponendo problematiche riguardanti il futuro di giovani praticanti avvocati.

Ecco il testo della lettera:

Al Ministro della giustizia Alfonso Bonafede
Per conoscenza:
Al Consiglio Nazionale Forense
All’Organismo Congressuale Forense

Ill.mo Ministro della Giustizia,
nell’augurarLe buon lavoro per la difficile missione che sta intraprendendo al Dicastero della Giustizia, mi determino a scriverLe le seguenti righe sulla spinta di concrete preoccupazioni concernenti il presente ed il futuro dei giovani praticanti avvocati augurandomi, pur consapevole del dramma emergenziale che affligge il nostro Paese ed il mondo, che Lei possa dedicare del tempo nella lettura di quanto intendo rappresentarLe.

Sono Rosa Zaccariello, cittadina campana e praticante avvocato iscritto all’Ordine degli Avvocati di Napoli, abilitato alla sostituzione ex art. 41 co. 12 L. 247/12. Parimenti ad ogni singolo cittadino, anche io timorosa per la presente emergenza ed ancor più timorosa per le conseguenze che tale emergenza potrebbe con sé trascinare, ho scaglionato attentamente le sessantatré pagine fitte di articoli e commi del Decreto “Cura Italia”, rimbalzando tra le divergenti misure di sostegno adottate per distinte categorie di lavoratori, da quello autonomo a quello dipendente, dal co.co.co al lavoratore dello spettacolo. Congedi, indennità e nuova cassa
integrazione. Eppure, con grande rammarico, ho constatato che tra tali misure alcuna menzione compare in riferimento a quella categoria di lavoratori ibrida, quasi inqualificabile: i praticanti avvocati.

Preliminarmente ritengo necessario però precisare che, la presente lettera non persegue l’ignobile tentativo di critica o polemica e neppure, a mezzo di essa, chi scrive pretende di arrogarsi la cognizione di circostanze dettate da tale emergenza, e per le quali senza dubbio non detiene competenze alcuna. Piuttosto intende essere una voce, probabilmente tra molte, che chiede di essere ascoltata. Una voce di speranza certamente condivisibile da tanti, molti giovani che come me vedono sgretolarsi quei sogni già troppo labili, già estremamente afflitti da una caducità che tenta, in ogni istante, di smorzarli del tutto. Sig. Ministro, nel rispetto ed alla luce della profonda cognizione della grave emergenza che ci affligge, pongo alla Sua attenzione le difficoltà e le preoccupazioni che la categoria di noi praticanti avvocati, già abilitati alla sostituzione in udienza, ci ritroviamo ad affrontare. Nel dettaglio, tale emergenza incide gravemente in quel percorso formativo, teorico e pratico, dalla durata di 18 mesi che noi giovani aspiranti avvocati siamo tenuti ad espletare, al fine di poter sostenere l’esame di abilitazione alla professione. La sospensione di larga parte delle attività giudiziarie ha comportato, invero, un limite molto più ampio del mero accesso alle aule, includendo in sé anche un limite ad accedere agli studi professionali in quanto la nostra funzione non è considerata, in essi, quale “meramente necessaria”. La nostra sorte resterebbe affidata, pertanto, alla coscienza dei nostri dominus nonché alla fortuna di risultare iscritti presso un Foro il cui Consiglio dell’Ordine degli Avvocati risulti presente nella carriera dei praticanti (sic!). Ma quale sorte per i praticanti che, al seguito della sospensione delle attività giudiziarie, sono stati dimenticati dai propri dominus e dal Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di appartenenza? Adesso che non possiamo più, seppur involontariamente, essere funzionali per gli studi legali che ci hanno accolto; adesso che non possiamo più ogni giorno essere spediti nei differenti Fori, a nostre spese, per saltellare tra una cancelleria ed un Ufficio Archiviazioni; adesso che non è più necessario il nostro arrivo puntuale alle ore 7.00 alle porte del Tribunale, per garantire la pole position in ordine di prenotazioni ai nostri dominus; adesso che la nostra presenza in studio non è ammessa, cosa ne sarà del nostro percorso formativo?

Ho letto delle misure adottate a garanzia dei neolaureati in giurisprudenza per consentire loro di completare il percorso relativo alla pratica forense nel termine di 16 mesi in luogo dei 18, al fine di poter accedere all’esame di abilitazione dell’anno 2021 e far sì che tale emergenza non comporti lungaggini in tale percorso abilitativo. Ma quale sorte per chi, invece, in questo periodo di stasi avrebbe dovuto conseguire la necessaria formazione necessaria non solo allo svolgimento dell’attività professionale, ma necessaria ancor prima, a garantire un’adeguata preparazione per affrontare il già emblematico ed irragionevole esame di abilitazione che ci attende? Non v’è dubbio che il suddetto esame, auspicabilmente previsto per il mese di dicembre 2020, vedrà noi novelli partecipanti chiaramente svantaggiati. Per chi come me, non vanta una posizione economico-familiare eccelsa; per chi come me ha forgiato la propria tenacia tessendola con i sogni; per chi come me ha investito nelle proprie speranze, lavorando per pagare gli studi; e soprattutto, per chi come me credeva di avercela quasi fatta, credeva di essere ormai ad un passo dal traguardo agognato, quale sarà il nostro destino? Presenziare all’esame di abilitazione da “autodidatti”? Investire altri anni, ancora, per colmare le lacune che tale emergenza ha inevitabilmente arrecato alla nostra formazione? Oppure cancellare, stavolta, il nostro sogno? Non posseggo, mio malgrado, competenze tali da poter stabilire in concreto quali potrebbero essere le eventuali misure da adottare per arginare le criticità emergenti e sopra rappresentate, eppure nella consapevolezza di una forte disparità e discriminazione che l’abilitazione alla professione forense da decenni trascina con sé, in una morsa di prevaricazioni e taciti accordi, mi consenta Sig. Ministro di lanciare un appello alle Istituzioni competenti, al Governo, al Consiglio Nazionale Forense, all’Organismo Congressuale Forense, agli Ordini degli Avvocati, ai Dipartimenti di Scienze Giuridiche, affinché riconoscano queste contraddizioni, affinché non consentano che questa emergenza sanitaria vada a corroborare la precarietà e l’instabilità da cui la nostra categoria di appartenenza risulta già afflitta.

Affinché a tutti, ma proprio a tutti, venga concessa l’opportunità di ripartire. Affinché tutti, ma proprio tutti, con la garanzia delle pari opportunità, possiamo urlare ad alta voce: CE LA FAREMO! Lieta dell’attenzione ricevuta, ed auspicando in un giusto intervento.

Cordialmente saluto,
Un praticante avvocato sognatore
Rosa Zaccariello

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Redazione

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