La Storia di Aversa. La Grancia di San Martino già palazzo di Riccardo

Meraviglie Aversane sconosciute e a volte perse. Oggi vi parliamo della “Grangia di San Martino”, già palazzo di Riccardo in Aversa. Col termine grancia (o grangia), dal francese “grange”, parola che nell’accezione originaria significa granaio. L’immobile che ci occupa è in pratica l’attuale palazzo Luciani al Seggio. La famiglia Luciani lo ha sapientemente restaurato riportandolo all’antico splendore e ha addirittura abbattuto tutte le opere murarie non originarie ed eseguite successivamente.

L’immobile che si trova a pochi passi dal Vescovado, era originariamente l’abitazione di Riccardo di Aversa. Successivamente fu donato ai monaci Certosini.

Nel Medioevo, le grance erano gestite direttamente dai monaci che avevano alle loro dipendenze della manodopera contadina locale. Il lavoro nei campi durava dall’alba al tramonto.

La grancia dei monaci di San Martino fu certamente la più importante dell’agro aversano.

All’interno del cortile vi si trovava una bellissima cappella abbellita nel 1636 circa, nientedimeno che dalle opere del Fanzago e dal pittore Massimo Stanzione. Lo scultore e architetto Fanzago curò anche gli abbellimenti dell’edificio e venne pagato 180 ducati. Mentre il pittore Massimo Stanzione ricevette anche grano, orzo e vino. La struttura era molto grande. A pian terreno aveva le stalle e il deposito per l’attività agricola. l’area su cui ora vi sono i grandi palazzoni (ecomostri) di Piazza Lucarelli, era il giardino della Grangia.

Parlando con l’attuale proprietario l’Ing. Luciano Luciani, autore con la sua famiglia di un restauro dell’immobile assolutamente ineccepibile, ci ha raccontato che al centro del cortile vie era una grande cisterna di acqua piovana. In realtà, contrariamente a Napoli, le cisterne d’acqua non venivano utilizzate ad Aversa perchè l’acqua veniva attinta facilmente dai pozzi. L’unico altro esempio di cisterna esistente in zona è quella del Castello di Casaluce. Sempre il Luciano, ci racconta di una grotta, oggi chiusa. che da una scala arrivava in prossimità del palazzo adiacente e da cui poi si diramavano due tunnel (detti in gergo camminamenti di monaci) che probabilmente collegavano i palazzi circostanti. Sicuramente dall’altro lato vi doveva essere un passaggio sotterraneo che conduceva all’attuale seminario già in precedenza Castello di Rainulfo.

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Redazione

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