HIV-HCV, Sileri: “Fare di più, ragazzi poco consapevoli”

L’emergenza sanitaria da Covid-19 ha rallentato come noto tutte le attività di screening, diagnosi e cura di molte malattie tra le quali HIV e HCV interrompendo così un processo virtuoso contro questi virus. Oggi le nuove terapie, infatti, permettono di eradicare definitivamente, in tempi brevi l’Epatite C. Il problema grande però rimane il sommerso. Per arrivare ai soggetti, affetti da questi virus, occorre però ripensare il sistema sanità territoriale per promuovere strategie nuove. In questo contesto si pone il progetto ‘Fast-Track Cities’, l’evento in corso che può essere di grande supporto, trasferendo quanto appreso nel contrasto all’HIV anche alla lotta all’Epatite. ‘Fast-Track Cities: HIV e HCV screening e linkage-to-care in tempi di pandemia e oltre’, è organizzato con il patrocinio dell’Istituto Superiore di Sanità, della Società Italiana di Malattie Infettive e Tropicali e dell’ANCI Associazione Nazionale Comuni Italiani, con il contributo non condizionato di Gilead Science. A inaugurare la serie degli interventi dei responsabili scientifici, promotrice peraltro dell’evento, è stata la dottoressa Loreta Kondili, Responsabile Scientifico della Piattaforma Italiana per lo studio della terapia delle Epatiti viRali (PITER), presso il Centro Nazionale per la Salute Globale dell’Istituto Superiore di Sanità.

“La pandemia ha messo in evidenza certe debolezze del nostro Ssn che erano già note agli operatori del settore. Per questo l’impegno deve essere nel rimodulare la rete ospedaliera e rafforzare quella territoriale al fine anche di abbassare la pressione sugli ospedali. Tutto il potenziamento effettuato durante il periodo pandemico, mi riferisco a tutti i centri vaccinali extra ospedalieri sono strutture che temporaneamente potranno essere anche utilizzate per altri servizi. Si stanno facendo tanti screening covid perché per pochi euro non proporre, a persone selezionate, contestualmente di effettuare dei test per Hiv e Epatite C. Tutto questo per scovare il sommerso dell’Epatite C che si aggira intorno alle 3mila persone, numero che si apre a critiche perché c’è chi dice che si possa parlare di numeri superiori o inferiori a questo e ciò è determinato appunto dal sommerso. Il riparto di 71,5 milioni euro dovrebbe essere destinato a screening per tre coorti di pazienti in particolare: popolazione all’interno delle carceri, soggetti alle dipendenze dei servizi pubblici e a tutti i nati tra il 1969 e il 1989 perchè in queste fasce d’età potrebbero esserci molti soggetti affetti da epatite c e non lo sanno”. Lo ha detto nel suo intervento Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute. “Credo alla luce dei dati annuali bisogna fare ancora di più per combattere Hiv. Quando io ero giovane era alta l’attenzione a livello comunicativo sul tema- prosegue Sileri- oggi i ragazzi sono meno consapevoli del problema. Oggi 18-20mila persone non sanno di essere affetti da queste malattie per questo vanno scovate. La ricerca oggi sta andando avanti, credo che questi nuovi vaccini a m-Rna abbiano delle potenzialità enormi anche per altre malattie. Chissà se ci potranno esserci sviluppi in questo senso per un vaccino contro l’Hiv, ciò rappresenterebbe una svolta per i paesi occidentali e soprattutto per quelli i poveri. L’idea di avere delle ‘Fast Track Cities’ quindi consente di arrivare dappertutto, anche nelle scuole io lo proposi già da tempo. Avere città che si affiancano alle Istituzioni sanitarie, agli operatori e alle associazione per arrivare nelle piazze italiane e fare comunicazione propedeutiche agli screening. Solo così potremo tendere ad un modello diverso di sanità che davvero si può chiamare sanità di territorio. Impegnare ognuno di noi, indipendentemente dal lavoro svolto, per eliminare epatite C nel 2030. Credo che questo potrebbe essere modello virtuoso per tutto ‘One Health'”.

(Mco/ Dire)

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