Violenza sul web, nei tribunali fa scuola il ‘metodo Aversa’

Un appello a tutte le persone perbene. L’odio sui social si può fermare, ognuno di noi può fare la sua parte. La parte peggiore dei scocial sta venendo fuori in modo prorompente. Una valanga di odio, parolacce, epiteti, offese si leggono ogni giorno su gruppi e pagine dei famosi social.

Spesso sono esternazioni di persone frustrate con scarsa scolarizzazione, emarginati che sfogano sul web il loro malessere. A volte sono gruppi organizzati in modo militare che attaccano e offendono chiunque osi esprime un pensiero diverso dal loro.

In molti hanno rinunciato a postare su pagine e profili di personaggi famosi perché qualsiasi cosa scrivono, qualsiasi posizione prendono, saranno sempre attaccati e offesi da chi vuole chiudergli la bocca. Ultimamente è emerso che su alcune pagine di personaggi noti la circostanza si ripete in modo ricorrente. Esperti grafologi hanno anche affermato che dietro al branco spesso si cela una mano unica con diversi profili.  Ma il sospetto è anche quello che ci sia gente pagata per mettere in opera queste azioni infami. Ma i metodi per combattere la cattiva educazione e la violenza sul web esistono. E vanno dalla semplice segnalazione a facebook alla querela per diffamazione, odio raziale, discriminazione territoriale ecc. Emblematico è quello che in ambito giudiziario è stato definito “metodo Aversa”.

Nella città normanna due giornalisti locali (Stefano Montone ed Ida Iorio) sono stati per anni presi di mira, ingiuriati, minacciati e diffamati da un organizzato gruppo di persone che aveva lo scopo di mettere il bavaglio alle loro denunce di inefficienza amministrativa. I due giornalisti hanno raccolto i post. Appuntato fatti e circostanze. Identificati i responsabili con ricerche anagrafiche e hanno attaccato su due fronti, quello civile e quello penale.  I responsabili sono attualmente indagati dalla Procura. Ma è qui che è successo il fatto nuovo, qualcosa mai verificato prima. Il pentito!

Uno di loro ha deciso di redimersi strada facendo coperchiando un calderone fetido. E’ mersa dunque che gli attacchi non erano ne casuali ne sporadici ma organizzati in moto metodico e militare.  Logicamente i diffamatori seriali sono scomparsi dalla circolazione e pare che qualcuno di loro stia già cercando di mettere al riparo beni mobili e immobili da sottrarre alla futura azione esecutiva. Ma i due giornalisti diffamati hanno già dichiarato che devolveranno alla Caritas qualsiasi ed ogni risarcimento.

Questo mese ci sarà l’udienza di media conciliazione del processo civile. E li il virtuale scomparirà come di incanto. Non più mani sulla tastiera ma piedi per terra e sguardo negli occhi.

Chiunque di noi può lottare contro l’odio sul web. Girarsi dall’altra parte è solo omertà. Se tutti segnalassero le frasi offensive e i contenuti violenti, i social sarebbero un luogo dove veramente confrontarsi con serenità.

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Redazione

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