Morte Carminuccio Tuccino Polvere sulla SS372: chiesto processo per i conducenti dei due veicoli

Dopo quasi due anni e mezzo dalla tragedia, si avvicina finalmente l’ora della giustizia per i familiari di Carminuccio Tuccino Polvere, il 56enne di Pesco Sannita vittima di un terribile ed evitabile incidente stradale occorso il 2 gennaio 2019 sulla Statale 372, nella periferia di Benevento.

A conclusione delle indagini preliminari, il Pubblico Ministero della Procura beneventana titolare del procedimento penale per omicidio stradale, il dott. Francesco Sansobrino, ha chiesto il rinvio a giudizio per i conducenti dei due mezzi che, “in cooperazione colposa tra loro, con negligenza, imprudenza e imperizia, nonché in violazione delle norme che disciplinano la circolazione stradale (ex art. 141 commi 1 e 2 del Codice della Strada) – per citare la richiesta – cagionavano con colpa la morte della vittima”, travolta mentre era ferma a bordo strada col suo furgone dopo un precedente tamponamento, causando gravi lesioni anche alla madre che viaggiava con lui: si tratta di M. R. D. C, una sessantenne di San Lorenzello (Bn), e di L. M., 58 anni, camionista di Maddaloni (Ce). Riscontrando l’istanza, il Gip del tribunale di Benevento, dott.ssa Loredana Camerlengo, ha fissato per il 12 gennaio 2022, alle 10.30, nel locale Palazzo di giustizia, l’udienza preliminare di un processo da cui i congiunti di Polvere, assistiti da Studio3A-Valore S.p.A., si aspettano risposte.

Quel mattino il cinquantaseienne, che gestiva con i genitori, a Pesco Sannita, un’azienda agricola a conduzione familiare, si stava recando al mercato di Benevento per vendere i suoi prodotti ortofrutticoli con il suo Fiat Doblò, a bordo del quale si trovava anche la madre oggi settantottenne, e procedeva sulla SS 372 da Caianello a Campobasso verso il raccordo con l’A16 quando, all’altezza del km 68+749, è rimasto coinvolto in un lieve tamponamento con una Fiat Punto guidata da M. C. C., 46 anni, di Alife (Ce): inizialmente, anche questa automobilista era stata indagata, per la “fermata non regolare” della sua vettura, ma alla fine il Sostituto Procuratore ha evidentemente ritenuto minoritaria se non residuale la sua corresponsabilità sui fatti successivi.

Polvere ha accostato il veicolo il più possibile, sulla striscia stradale destra della sua corsia di marcia lungo il canale di scolo della carreggiata, ed è sceso per scambiare i dati con la controparte e compilare la constatazione amichevole. E’ allora che è sopraggiunto il Daihatsu Therios condotto da M. R. D. C. che, “dopo aver effettuato un sorpasso ed essere rientrata sulla corsia di destra, non adeguava la velocità del veicolo alle caratteristiche della strada, dato che il manto stradale era umido per la presenza di brina notturna e vi era stato spargimento di sale, e non conservava il controllo del proprio mezzo per poter compiere tutte le manovre necessarie in condizioni di sicurezza compreso l’arresto tempestivo, non avvedendosi del veicolo di Polvere, pur in condizioni ottimali di visibilità e nonostante la configurazione della strada (in quel tratto rettilineo) permettesse il relativo avvistamento con congruo anticipo” prosegue il Pm, sulla base della perizia cinematica per la ricostruzione della dinamica e responsabilità del sinistro affidata all’ing. Alfredo Carbonelli: contestazioni valide anche per l’altro imputato.

Risultato, il Suv ha urtato violentemente la parte posteriore del Doblò, fermo ai bordi della Statale, innescando l’inferno. Mentre il fuoristrada si ribaltava in centro strada, Polvere e la madre, che erano in piedi davanti al loro veicolo, a causa del colpo subito da quest’ultimo sono stati sbalzati nel vicino canale di scolo. Verosimilmente il cinquantaseienne sarebbe sopravvissuto a questo primo impatto, comunque determinante nella causazione della tragedia, così come si è salvata la mamma, pur essendo rimasta per giorni in prognosi riservata e avendo riportato traumi importanti tra cui la frattura del bacino. Il conducente del furgone infatti ha avuto l’ulteriore sventura di essere colpito una seconda e fatale volta dall’autoarticolato Iveco Stralis, con relativo semirimorchio, condotto da L. M., che pure sopraggiungeva nella stessa direzione e che lo ha travolto con lo spigolo della parte anteriore destra, all’altezza del faro e del fanalino, mentre stava provando a rientrare nella banchina stradale risalendo a carponi il canale di scolo: un urto tremendo, che ne ha determinato la morte istantanea a causa delle gravissime lesioni cranio-encefaliche per politrauma da investimento. Anche all’autotrasportatore si imputa di aver proceduto a una velocità superiore del limite massimo consentito di 80 km/h, di non aver adeguato l’andatura alle caratteristiche e condizioni della strada, di non aver conservato il controllo del mezzo così da poter compiere tempestivamente le manovre necessarie in condizioni di sicurezza e di aver colpito la vittima nonostante tutte le condizioni di guida ottimali già osservate che avrebbero dovuto “consentirgli con congruo anticipo l’avvistamento di ostacoli o ingombri prevedibili”.

I familiari della vittima, attraverso il consulente legale Luigi Cisonna, si sono affidati a Studio3A-Valore S.p.A., società specializza aa livello nazionale nel risarcimento danni e nella tutela dei diritti dei cittadini, che ha già chiuso il capitolo risarcitorio per i suoi assistiti, i quali però ora si aspettano una risposta anche dalla giustizia penale.

Redazione

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