Terra dei fuochi, dati confortanti su qualità aria

Monitorare lo stato di salute dell’aria grazie alle piante di ulivo. È questo il fine della ricerca, condotta anche nella Terra dei Fuochi, “Air quality biomonitoring through Olea europaea L.: the study case of Land of Pyres”, pubblicata sulla rivista scientifica internazionale Chemosphere, dove si sostiene che “le emissioni nella troposfera siano state e siano limitate con un’origine principalmente crostale”. Un progetto di ricerca sulla correlazione salute-ambiente, finanziato dalla Regione Campania e condotto dal Dipartimento di Salute Pubblica dell’Università Federico II di Napoli, in collaborazione con il Dipartimento di Chimica e Biologia “A. Zambelli” dell’Università di Salerno, dove otto comuni dell’area e tre siti remoti sono stati bio-monitorati analizzando le foglie degli ulivi. I risultati hanno rivelato che l’aria di questi comuni è limitatamente contaminata da potenziali elementi tossici. Negli undici comuni sono state rilevate presenze di Antimonio, Alluminio e Manganese derivanti anche dal traffico veicolare.

“Anche se i nostri dati sono molto confortanti per quell’area urbana, considerata da molti come una delle più contaminate d’Italia, una grande attenzione all’ambiente, in ogni caso, è sempre necessaria – dice la presidente della Scuola di Medicina della Federico II e capo del Dipartimento di Salute Pubblica, Maria Triassi, co-autrice della ricerca – È auspicabile approfondire gli argomenti indagati con nuovi progetti di ricerca e studi scientifici che permettano di far luce su aspetti epidemiologici rilevanti ancora non del tutto noti”. Lo studio ha previsto il campionamento di foglie di ulivo in quanto è una specie vegetale sempre verde e, come tutte le piante, è un organismo sessile che pertanto rimane esposto 24 ore su 24, per tutto l’anno, alle condizioni ambientali che caratterizzano quel particolare sito. In totale sono stati analizzati circa 100 alberi di ulivo, alcuni dei quali in comuni al di fuori della Terra dei fuochi e considerati senza particolari criticità ambientali. Queste aree definite remote, spiega una nota della Scuola di Medicina della Federico II, sono utili per operare i confronti tra le concentrazioni di sostanze potenzialmente tossiche ritrovate in aree a rischio ambientale.

Stando ai dati raccolti nel corso della ricerca, “non esistono fenomeni di inquinamento diffuso, ma al tempo stesso sono stati evidenziati dei picchi di concentrazione relativi, verosimilmente, a sorgenti di emissioni puntuali”. I risultati evidenziano “come anche nello stesso comune, a volte, esistano delle differenze importanti nelle concentrazioni di alcuni elementi potenzialmente tossici”. L’area presa in esame, conclude la nota, “è anche molto esposta a intenso traffico veicolare, fonte di erosione di alcuni componenti veicolari contenenti Antimonio, Alluminio e diverse leghe”.

Redazione

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