(VIDEO) Bullismo femminile in aumento, Cupertino: “La bulla, di solito, è una persona con un vissuto fragile”

Non più e non solo ‘bulli’ ma anche ‘bulle’ e, soprattutto, ‘cyberbulle’. I fenomeni di prevaricazione e vittimizzazione di bambine e ragazze nei confronti delle proprie compagne sono in aumento. Lo certificano i numeri: secondo uno studio dell’ospedale Fatebenefratelli Sacco di Milano un episodio di bullismo su sei è al femminile.

“E’ un fenomeno più subdolo di quello maschile, è meno visibile, agito con molta sottigliezza e per questo la problematica spesso viene sottovalutata o non rilevata. In realtà il bullismo al femminile è molto pervasivo e provoca nelle vittime reazioni importanti, sia psicologiche che fisiche”, racconta all’agenzia Dire Vita Cupertino, pediatra, segretaria nazionale del Gruppo di Studio Adolescenza della Società italiana di pediatria (Sip) e responsabile dell’Unità Operativa di Pediatria di Comunità dell’ASP di Cosenza. “Sia la vittima che la bulla sono di solito persone con un vissuto fragile che, per questo, vanno aiutate, soprattutto nelle prime fasi dell’adolescenza”, precisa Cupertino. “La bulla vuole affermare la propria personalità. Può essere anche una persona ‘impopolare’ che proprio per questo cerca di prevalere sugli altri, trascinando il branco nel colpire le fragilità della compagna scelta come vittima. Dall’altro lato- evidenzia la segretaria del GdS Adolescenza Sip- chi subisce episodi di bullismo ha spesso una personalità insicura e poco assertiva e nel caso delle ragazze il più delle volte si tratta di giovani in sovrappeso. L’aspetto fisico in adolescenza è, infatti, molto importante e questo è uno dei motivi per cui in pandemia, con l’aumento del cyberbullismo, si è avuto anche un aumento dei disturbi del comportamento alimentare come anoressia e bulimia. Sono forme di reazione”, spiega la pediatra.

COMPLICE IL LOCKDOWN – “Durante la pandemia, con la didattica a distanza, i ragazzi hanno sperimentato poco l’affettività, si sono sentiti più soli- sottolinea Cupertino- e il digitale, con la sua pervasività, è diventato un terreno fertile per il cyberbullo. Lo schermo, infatti, riduce ancora di più l’empatia, il bullo non vede chi c’è dall’altra parte, gli sembra quasi di agire in modo ‘protetto’. In più può intervenire in qualsiasi momento, sia di notte che di giorno, può diffondere immagini, video e parole in modo massiccio, quello che pubblica resta sul web per tempo. Con la tecnologia il bullo riesce a entrare nella vita quotidiana della vittima anche carpendone aspetti privati”. Un problema da non sottovalutare se si pensa che, secondo un’indagine del ministero dell’Istruzione, ben il 70-75% dei ragazzi al di sotto dei 14 anni è presente sui social network.

I NUMERI – “Un’ indagine svolta 3 anni fa della Sip su un campione di 10.000 studenti tra i 14 e i 18 anni individuava in un 12% i ragazzi che erano stati oggetto di atti di bullismo- racconta Cupertino- più recentemente un’altra ricerca svolta dal Centro nazionale anti cyberbullismo ha evidenziato che dagli 11 ai 17 anni ben un ragazzo su 4 è stato vittima di bullismo o cyberbullismo. Inoltre si è abbassata l’età: se prima il bullo aveva tra i 14 e i 16 anni, adesso si vedono episodi di bullismo già a 7-8 anni. Sembra poi essere aumentata l’aggressività anche se i fenomeni mantengono sempre le caratteristiche tipiche per cui vengono definiti atti di bullismo e cioè l’intenzionalità, la persistenza dell’azione e lo squilibrio di potere tra vittima e bullo”. E a rendersene conto sono gli stessi ragazzi che, secondo Cupertino, definiscono il bullismo “un’emergenza generazionale”. Di contro, però, se è vero che dal 2016 al 2019 sono aumentate del 65% le denunce ricevute dalla polizia postale per atti di bullismo, è anche vero che solo 1 vittima su 10 arriva a denunciare, sebbene l’85,8% dei giovani ritiene giusto denunciare un comportamento persecutorio a genitori e insegnanti. “E’ importante ricordare ai ragazzi che la legge 71 del 2017 consente ai cosiddetti ‘grandi minori’ (i 14enni) di denunciare direttamente, senza che sia necessaria l’intermediazione di un adulto. E questo è un aspetto da sottolineare perché spesso gli adolescenti non raccontano in famiglia quello che succede perché magari non vogliono mostrare una debolezza”, precisa la pediatra.

FORMAZIONE E INFORMAZIONE – Così come “è importante prevenire- dice Cupertino- e agire sui bambini già a 7-8 anni insegnandogli un uso consapevole del web. È importante formare anche famiglie e insegnanti affinché possano essere consapevoli di quello che succede, possano vigilare e fare rete”. Una rete che includa “i pediatri- conclude la segretaria GdS Adolescenza Sip- noi, infatti, possiamo cogliere i segnali di disagio per intervenire prima che sia troppo tardi”.

(Mab / Dire)

Redazione

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