Violenze carcere SMCV, le foto false con arsenali detenuti e chat agenti: “Li abbattiamo come vitelli. E’ stato un lavoro di altissimo livello…”

“Si tratta, senza tema di smentita, di uno dei più drammatici episodi di violenza di massa perpetrato ai danni dei detenuti in uno dei più importanti istituti penitenziari della Campania. Un vero e proprio uso diffuso della violenza, intesa da molti ufficiali ed agenti di polizia penitenziaria come l’unico espediente efficace per ottenere la completa obbedienza dei detenuti”. È quanto scrive il Gip del tribunale di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) che ha disposto misure cautelari nei confronti di 52 indagati per le violenze perpetrate ai danni di detenuti dopo una serie di proteste scattate durante il lockdown. Il giudice per le indagini preliminari parla di una “orribile mattanza” con “violenze, intimidazioni ed umiliazioni dì indicibili gravità, senz’altro indegne per un Paese civile, che annovera fra i propri principi costituzionali quelli del rifiuto del trattamento inumano dei detenuti e della finalità rieducativa della pena”. I pestaggi “non sono stati frutto dì un’estemporanea escandescenza di qualche agente o ufficiale di polizia penitenziaria – scrive ancora il Gip – ma sono stati accuratamente pianificati e svolti con modalità tale da impedire ai detenuti di conoscere i propri aggressori. Le vittime, infatti, erano costrette a camminare con la testa rivolta al suolo e nella sala della socialità erano posti con la faccia al muro, mentre venivano picchiati”.

I MESSAGGI DOPO LE VIOLENZE: “MESSO A TACERE DISORDINI” – “Domani chiave e piccone in mano”. “Li abbattiamo come i vitelli”. “Domate il bestiame”. Sono alcuni dei messaggi che si erano scambiati gli agenti di polizia penitenziaria prima della violenta ‘perquisizione’ contro i detenuti operata nella giornata del 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere. Si tratta di chat e altre comunicazioni ottenute grazie al sequestro degli smartphone degli agenti da cui emergono ulteriori riscontri sulle violenze perpetrate nei confronti dei detenuti, “Saranno subito abbattuti”, si dicono ancora, e poi, dopo aver organizzato la perquisizione al reparto Nilo: “4 ore di inferno per loro”, si scrivono e ancora: “Non si è salvato nessuno”, “Applauso finale dei colleghi di Santa Maria”, “Ci siamo rifatti. 350 passati e ripassati”, “È stato necessario usare forza fisica…”, “Qualche ammaccato tra i detenuti, cose normali”, “Abbiamo messo a tacere i vari disordini e tutto ciò che li creava”, “È stato necessario il manganello”. Anche nei giorni successivi al 6 aprile le comunicazioni andavano avanti e con toni simili, nonostante le azioni violente avessero provocato traumi fisici e psicologici ai detenuti.

MANOMISSIONI PER GIUSTIFICARE VIOLENZE COME ATTO DI DIFESA – Tra i reati contestati agli indagati per le presunte violenze commesse il 6 aprile 2020 nel carcere di Santa Maria Capua Vetere (Caserta) ci sono anche la calunnia, il falso ideologico e il depistaggio. Condotte che sarebbero state poste in essere da numerosi indagati per coprire i delitti consumati. Foto false, scattate in celle vuote, per simulare il ritrovamento nell’istituto penitenziario di strumenti con cui i detenuti avrebbero potuto usare contro gli agenti di polizia penitenziaria, erano una “messa in scena – scrive la procura sammaritana – finalizzata ad accreditare la tesi secondo cui le lesioni subite dai detenuti fossero causate dalla necessità di vincere la loro resistenza”. Le fotografie manomesse sarebbero state prodotte successivamente anche dal provveditore regionale per la Campania del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, produzione operata “allo scopo – scrive il Gip – di giustificare postumamente la perquisizione del 6 aprile 2020 e le violenze avvenute nella medesima data”. Si trattava di “artificiose alterazioni di una pluralità di documenti, utilizzati e da impiegare come elemento di prova, azione diretta ad occultare e conseguire l’impunità dei delitti oggetto delle indagini”.

(Nac/ Dire)

Redazione

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