Contrabbando di gasolio a Salerno, maxi sequestro da 128 milioni di euro

In data odierna, nell’ambito di un’attività d’indagine delegata dalla Procura della Repubblica di  Nocera Inferiore, diretta dal Procuratore Dott. Antonio Centore, oltre 200 militari della Guardia  di Finanza hanno dato esecuzione, nelle province di Salerno, Napoli, Potenza, Roma, Chieti,  L’Aquila, Mantova e Milano, ad ordinanze di misure cautelari personali e a sequestri preventivi di somme di denaro ed altri beni per oltre 128 milioni di euro, nei confronti degli indagati e delle  società coinvolte in gravi frodi fiscali connesse al contrabbando internazionale di prodotti  petroliferi, nonché in condotte di autoriciclaggio ed intestazione fittizia di beni.

Le indagini del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Salerno, coordinate dal Sostituto  Procuratore della Repubblica Dott. Roberto Lenza, hanno ricostruito l’attività di due distinte  associazioni criminali, radicate nell’Agro nocerino-sarnese, dedite alla commercializzazione di  carburante adulterato, importato da diversi Paesi esteri eludendo il pagamento delle imposte.

Già a partire dal 2018, gli approfondimenti della Guardia di Finanza avevano consentito il  sequestro di 13 autocisterne con oltre 500.000 litri di prodotto petrolifero di contrabbando e l’arresto in flagranza di n. 4 soggetti.

In particolare, alla luce delle risultanze investigative, il G.I.P. del Tribunale di Nocera Inferiore  ha disposto gli arresti domiciliari nei confronti di altri 4 promotori ed organizzatori di una delle  due associazioni, per i quali è stato ravvisato il pericolo concreto ed attuale di reiterazione dei  reati, nonché emesso, nei confronti di n. 32 società riconducibili alle organizzazioni criminali, misure cautelari reali per oltre 128 milioni di euro, pari all’ammontare delle imposte evase (IVA, accise, IRES e IRPEF).

All’esito delle perquisizioni di questa mattina, sono stati vincolati, tra Lombardia, Abruzzo, Lazio, Campania e Basilicata, n. 27 veicoli commerciali utilizzati per il trasporto dei carburanti, nonché quote societarie, i compendi aziendali di 9 imprese (7 italiane e 2 estere), 2 depositi  commerciali, 10 impianti di distribuzione, un’imbarcazione di lusso.

Gli accertamenti sono stati avviati verso la fine del 2017, a seguito di alcune anomalie emerse  in merito ad un traffico di carburante proveniente dall’Est Europa, venduto in Italia sfruttando  un meccanismo fraudolento che portava ad evitare il pagamento delle imposte dovute. Nello  specifico, secondo quanto ricostruito dai Finanzieri, gli indagati, nell’arco di soli due anni (tra  il 2018 ed il 2019), avrebbero “importato” illegalmente da fornitori ungheresi, croati e sloveni oltre 20 milioni di litri di “olio anticorrosivo e preparazioni lubrificanti”, prodotti per natura  non soggetti alle accise e, in linea con la normativa comunitaria, nemmeno al monitoraggio del  loro trasporto.

Sul piano cartolare, il percorso seguito era invece molto più tortuoso ed articolato. Dopo essere  state sottoposte, in una base logistica in Slovenia, ad un processo di adulterazione che le rendeva idonee alla carburazione, le partite di merce venivano caricate su autocisterne dirette in Italia,  scortate da documentazione fiscale del tutto falsa, che gli autisti avevano cura di distruggere  non appena varcata la frontiera, sostituendola con quella di accompagnamento specificamente  prevista per coprire il restante tragitto nel territorio nazionale (attestando il trasporto di gasolio  per autotrazione ad imposta assolta). Cautela adottata per superare gli eventuali controlli su  strada della Guardia di Finanza.

I carichi irregolari proseguivano, infine, verso un deposito petrolifero dell’hinterland milanese,  hub di distribuzione attraverso il quale le partite di carburante venivano immesse tranquillamente in consumo, presso distributori all’ingrosso e tramite la rete delle cc.dd. “pompe  bianche” (o no logo”), gestite da membri delle associazioni o comunque da società clienti.

Nel porre in essere le diverse condotte fraudolente – che, solo di accise, hanno determinato complessivamente un’evasione fiscale di oltre 11 milioni di euro -, le associazioni si avvalevano  anche di società “di comodo” – imprese prive di qualsiasi consistenza economica, struttura operativa o personale dipendente -, il cui compito era solo quello di farsi carico dell’IVA  derivante dalle vendite, senza poi adempiere ai conseguenti obblighi di versamento. Una perdita  per il Fisco, quest’ultima, ancora più grave, quantificata in quasi 99 milioni di euro, tenuto conto  anche dei riflessi derivanti dalla ricostruzione delle posizioni fiscali dei vari soggetti economici  coinvolti.

Ed infatti, le “cartiere”, apparentemente attive in sedi dislocate in tutto il territorio nazionale ed intestate a soggetti prestanome, erano inserite in un più complesso meccanismo di frode  “carosello”, finalizzato all’emissione di fatture per operazioni soggettivamente inesistenti, che  garantiva la creazione di “schermi” tra i punti di approvvigionamento del prodotto petrolifero ed i reali utilizzatori, i quali, “risparmiando” sul pagamento dell’Imposta sul Valore Aggiunto,  potevano poi praticare un prezzo di rivendita più competitivo.

Per avere un’idea di quanto sia stato lucroso il meccanismo messo in piedi, basta considerare  che, per ogni litro di gasolio venduto ad un prezzo medio “alla pompa” di 1,50 euro, gli indagati  ottenevano un indebito “risparmio” di circa 27 centesimi di IVA e 60 di accise, per un totale di  quasi 90 centesimi al litro di imposta evasa.

Nel tempo, gli éscamotage sono stati anche adeguati ai mutamenti normativi nella disciplina sugli acquisti di carburante. Ne è una prova l’accorgimento adoperato per eludere la  responsabilità “in solido” nell’assolvimento dell’IVA, introdotta nel 2018 a carico dei depositi  fiscali.

In quell’occasione, gli associati hanno iniziato a far uso di “lettere d’intento” false, dichiarando  fittiziamente il possesso della qualifica di “esportatori abituali” per continuare ad acquistare  gasolio senza il pagamento dell’imposta.

Nell’ambito della presente inchiesta, le indagini patrimoniali e l’analisi delle segnalazioni per  operazioni sospette pervenute dagli istituti bancari hanno consentito di monitorare i rilevanti  profitti conseguiti dai sodalizi, sistematicamente trasferiti alle proprie società estere (vere e  proprie “casseforti”) per impedirne la tracciabilità, ovvero reimpiegati nel territorio nazionale per l’acquisizione di quote societarie, impianti di stoccaggio e di distribuzione di prodotti  energetici.

In un biennio, sono stati effettuati investimenti in depositi per oltre 3 milioni di euro. Si tratta,  nel complesso, di manovre finanziarie importanti, che hanno contribuito alla realizzazione di  un’economia illecita “circolare”, mediante la quale i confini commerciali del network criminale si sono estesi fino al Potentino, all’Abruzzo e alla Lombardia, accumulando ricchezze che gli  associati non mancavano di ostentare. Ne sono un esempio le auto di lusso, del tipo Lamborghini  e Porsche, rigorosamente intestate a proprie società estere, sfoggiate in occasione delle  inaugurazioni dei distributori di carburante via via acquistati.

Peraltro, cinque degli indagati, reimpiegando i proventi delle attività illecite all’estero e  risultando a tutti gli effetti privi di qualsiasi fonte reddituale, hanno potuto pure presentare la  domanda per il reddito di cittadinanza.

Per neutralizzare le molteplici ed articolate manifestazioni illecite delle due organizzazioni, la Procura della Repubblica di Nocera Inferiore e la Guardia di Finanza hanno sviluppato un  complesso filone investigativo, impiegando tutti gli strumenti tipici della polizia economico finanziaria, quali, ad esempio, accertamenti bancari, analisi di segnalazioni di operazioni  sospette, mutua assistenza amministrativa con gli organi collaterali esteri, incrocio delle  risultanze delle banche dati.

Nonostante le difficoltà sottese al carattere transnazionale dei reati contestati, che hanno reso  più insidioso l’accertamento dei fatti di frode emersi, le indagini hanno consentito di delineare un grave quadro indiziario a carico di n. 59 indagati e di arginare un fenomeno illecito fortemente distorsivo degli equilibri concorrenziali del mercato dei carburanti.

Redazione

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