Covid, ISS; “In Italia variante ‘Delta’ al 94,8%, ha sostiuito la ‘Alfa’”
In Italia al 20 luglio scorso la prevalenza della cosiddetta ‘variante Delta’ di SARS-CoV-2 era del 94,8%, in forte aumento rispetto alla survey del 22 giugno, con valori oscillanti tra le singole regioni tra l’80% e il 100%. Alla stessa data, la variante ‘Alfa’ aveva una prevalenza pari al 3,2% (con un range tra 0 e il 14,7%), mentre la variante ‘brasiliana’ è all’1,4% (0-16,7%). La stima viene dalla nuova indagine rapida condotta dall’Istituto superiore di Sanità e dal ministero della Salute insieme ai laboratori regionali e alla Fondazione Bruno Kessler.
L’indagine integra le attività di monitoraggio di routine, e non contiene quindi tutti i casi di varianti rilevate ma solo quelle relative alla giornata presa in considerazione. “La rapida diffusione della variante Delta, ormai predominante, è un dato atteso e coerente con i dati europei, che deve essere monitorato con grande attenzione- dice il presidente dell’Iss, Silvio Brusaferro- È fondamentale continuare il tracciamento sistematico dei casi per individuare i focolai, e completare il più velocemente possibile il ciclo vaccinale, dal momento che questo garantisce la migliore protezione”. Per l’indagine è stato chiesto ai laboratori delle Regioni e Province Autonome di selezionare dei sottocampioni di casi positivi e di sequenziare il genoma del virus. Il campione richiesto è stato scelto dalle Regioni/PPAA in maniera casuale fra i campioni positivi garantendo una certa rappresentatività geografica e, se possibile, per fasce di età diverse. In totale, hanno partecipato all’indagine le 21 Regioni/PPAA e complessivamente 123 laboratori e sono stati sequenziati 1325 campioni.
Queste le principali riflessioni emerse: la diffusione di varianti a maggiore trasmissibilità può avere un impatto rilevante. La variante Delta (B.1.167.2) è da considerarsi predominate in questa indagine rapida, avendo sostituito per la prima volta la variante Alfa (B.1.1.7). Questo dato, peraltro atteso, è in linea con quanto osservato in altri Paesi Europei. La variante Delta è, infatti, caratterizzata da una trasmissibilità dal 40 al 60% più elevata rispetto alla variante Alfa, ed è associata ad un rischio relativamente più elevato di infezione in soggetti non vaccinati o parzialmente vaccinati; è da segnalare, se pur estremamente contenuto, l’aumento della variante Beta (B.1.351), maggiormente caratterizzata da una parziale immuno-evasione; mentre la prevalenza della variante Gamma (P.1) è diminuita drasticamente in tutto il Paese; nell’attuale scenario europeo e nazionale, caratterizzato dalla circolazione di diverse varianti di SARS-CoV-2, è necessario continuare a monitorare con grande attenzione, in coerenza con le raccomandazioni nazionali ed internazionali e con le indicazioni ministeriali, la loro diffusione ed, in particolare, di quelle a maggiore trasmissibilità o con mutazioni correlate a potenziale evasione della risposta immunitaria; – inoltre, al fine di contenerne ed attenuarne l’impatto, è importante mantenere l’incidenza a valori che permettano il sistematico tracciamento della maggior parte dei casi positivi e, per quanto possibile, il sequenziamento massivo di SARS-CoV-2 per individuare precocemente e controllare l’evoluzione e il rapido diffondersi di varianti virali nel nostro Paese. A tal fine, si ribadisce l’importanza di testare, tracciare e sottoporre a isolamento o quarantena i casi sospetti e i loro contatti.
“L’infezione sta crescendo in molti Paesi europei e anche nel contesto italiano sta crescendo. Sono 3.845 i comuni in cui si rileva almeno un caso, quasi 900 comuni in più rispetto alla scorsa settimana. La circolazione del virus è soprattutto nelle fasce più giovani tra 10 e 29 anni – Lo ha detto il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro, intervenendo oggi alla conferenza stampa settimanale sull’analisi dei dati del Monitoraggio Regionale della Cabina di Regia, in corso al ministero della Salute -. La rapida diffusione della variante Delta, ormai predominante, è un dato atteso e coerente con i dati europei, che deve essere monitorato con grande attenzione. E’ fondamentale continuare il tracciamento sistematico dei casi per individuare i focolai- ha proseguito Brusaferro- e completare il più velocemente possibile il ciclo vaccinale, dal momento che questo garantisce la migliore protezione. L’età mediana di chi contrae l’infezione è sempre molto bassa, parliamo di 27 anni. L’età mediana di chi si ricovera in ospedale è di 49 anni. L’età mediana di chi necessita dell’assistenza in terapia intensiva è di 63 anni. L’età mediana di chi purtroppo decede sembra in risalita, ma ancora una volta questo è un dato soggetto a grande variabilità, legato al fatto che il numero, fortunatamente, di persone che decedono è limitato”.
“Dopo una fase in cui erano aumentati i casi importati da Paesi esteri, nelle ultime due settimane questo fatto sembra in decrescita, il che vuol dire che la maggioranza dei casi che si sviluppano sono autoctoni – afferma il presidente dell’Istituto superiore di Sanità, Silvio Brusaferro -. Completare il ciclo vaccinale è estremamente efficace nel ridurre la probabilità di contrarre l’infezione. La vaccinazione riduce in maniera molto significativa il rischio di contrarre l’infezione, di essere ospedalizzato, di essere ammesso in terapia intensiva o di decedere- ha proseguito Brusaferro- Questo vale un po’ per tutte le fasce d’età, da sotto i 40 anni fini agli over 80, quindi è un dato molto coerente ed omogeneo per tutti i vaccini. Da qui l’importanza di completare il ciclo vaccinale con la prima e la seconda dose”.
(Com/Cds/Dire)