Euro2020, verso Inghilterra-Italia: si reputano maestri per aver inventato il calcio ma il loro unico trofeo parla italiano…
“It’s coming home”. È questo il motto, divenuto ben presto un vero e proprio tormentone, con cui i tifosi inglesi stanno spingendo le imprese della loro nazionale che, questa sera, nell’arena di Wembley, se la vedrà con l’Italia in finale.Non si tratta esattamente di un motto di nuovo conio, essendo il verso centrale del ritornello di “Three Lions”, canzone scritta dalla coppia comica Frank Sinner e David Baddiel in occasione degli europei del 1996, giocati proprio in terra d’Albione.
Rispolverarlo ed adattarlo alla circostanza attuale è stato un gioco da ragazzi e, tutto sommato, un passaggio quasi obbligato. Del resto il verso è pregno di ironia nostalgica per il più prestigioso (e fin qui unico- e speriamo resti tale-) trofeo conquistato dalla nazionale di sua Maestà: la coppa del mondo del 1966. Successo immortalato nella iconica,leggendaria immagine, di uno statuario Bobby Moore, capitano inglese, che alza al cielo la Coppa Rimet appena ricevuta dalle mani di una giovanissima Queen Elizhabet, elegantissima nel suo tailleur giallo pastello. Il motto ripescato, come è stato acutamente notato, è però anche una sorta di nenia lamentosa per le scarse prestazioni della squadra nelle competizioni successive a quell’ormai lontano giorno di gloria. Dunque, un invito ai fan inglesi a non perdere mai l’ottimismo e la fede nel ritorno dell’Inghilterra ai fasti di un tempo.
Il significato della frase “It’s coming home”è: “Sta tornando a casa”. Dove per soggetto si può intendere sia la coppa di un torneo internazionale, come l’europeo, sia il calcio concepito come sport che, dopo aver regalato le emozioni più incontenibili e disparate a milioni di tifosi sparsi per il mondo, torna a casa, nella nazione che lo ha inventato, i cui maestri sono però costretti, loro malgrado, a fare i conti con una bacheca povera di allori e pertanto certamente non degna di quel rango che, con orgoglio e un bel po’ di odiosa supponenza, non mancano mai di ostentare.
Eppure, storia ben nota ai sudditi della Regina e meno agli italiani (se non ai calciofili), l’unico trofeo della nazionale inglese, sol che si voglia scavare nel profondo, parla un po’ italiano. Anzi un bel po’. E lo fa proprio attraverso la monumentale figura del “Capitano imperiale”, Bobby Moore, a cui è dedicata la maestosa statua all’ingresso di quello che viene, a giusta ragione, definito il Tempio del calcio:lo stadio di Wembley. Dove questa sera Italia ed Inghilterra si contenderanno il titolo europeo.
Bobby Moore non sarebbe infatti mai diventato il campione che fu se sulla sua strada non avesse incontrato l’allora Capo della BBC, Peter Lorenzo, che lo scoprì, gli fece da mentore, lo portò alla corte del West Ham, ne sorvegliò la crescita umana e professionale, fino ad accompagnarlo all’ingresso nella rappresentativa nazionale, allora allenata da Sir Alf Ramsey.
Peter Lorenzo, come a primo impatto suggerisce il cognome (che in realtà sarebbe Di Lorenzo) era un giornalista di chiarissime origini italiane: madre di Castelforte, in provincia di Latina, e padre (Luigi) di Casanova di Carinola, in provincia di Caserta.
Se oggi dunque, nella sua lettera inviata al tecnico inglese, Gareth Soutghate, la Regina Elisabetta spera di poter rivedere di nuovo un Capitano inglese che alzi la Coppa al cielo, come fece al suo cospetto Bobby Moore 55 anni fa, beh,un qualche merito all’italia lo deve pur riconoscere…
Dopotutto, come rievocato nel docufilm “BOBBY” per il cinquantenario della vittoria del ’66 da Matthew Di Lorenzo, figlio di Peter (leggi qui) fu proprio Moore a certificarlo con la dedica apposta su una statuina in bronzo regalata al compianto giornalista italiano: “Un grazie infinito a Peter Lorenzo per avermi scoperto, difeso e portato, dal nulla in cui mi trovavo, a diventare Capitano della Nazionale inglese”.
Non un vanto da poco per l’Italia e gli italiani poter dire che il glorioso Moore, l’unico capitano vincente dei maestri inglesi, arrivò al calcio che conta grazie al fondamentale aiuto di un italiano.