Giustizia, Peluso: “Riforma Cartabia mina certezza pena”

“La riforma Cartabia: un pannicello caldo sul ‘titanic’ della giustizia italiana: è il tema del dibattito in diretta facebook tenuto dalla dirigente nazionale di Fratelli d’Italia, Gabriella Peluso, con la partecipazione del Responsabile del Dipartimento Giustizia di FdI on. Andrea Delmastro Delle Vedove, del componente del Consiglio Nazionale Forense e già Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli, Francesco Caia, dell’avvocato penalista Sergio Cola, già deputato della Repubblica Italiana, dell’avvocato amministrativista Daniele Perna, del giuslavorista Giuseppe Fontanarosa.

“La riforma della giustizia è una delle grandi sfide previste dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza che pone l’obiettivo di velocizzare del 20% i processi penali e del 40% quelli civili, ma la riforma Cartabia, anziché puntare sullo snellimento del procedimento giudiziario, sembra orientata a far decadere i processi penali, con la norma sulla improcedibilità, e ad appesantire ulteriormente i processi civili obbligando al ricorso agli strumenti alternativi per la risoluzione delle controversie. Quindi non una giustizia migliore, ma minore, che mina anche il principio della certezza della pena con l’ampliamento dell’applicazione delle pene alternative al carcere ”– ha detto Peluso.

“Per mettere mano alla riforma Bonafede, il Ministro Cartabia, con il maxi emendamento governativo sul quale il Governo ha posto la fiducia contro la sua stessa maggioranza,  propone un sistema che, fino al primo grado,  vedrà la prescrizione voluta dall’ex Ministro e, nel secondo grado, invece, subentrerà la tagliola della improcedibilità con due anni in Appello e in Cassazione per concludere il processo, la quale garantirà impunità per taluni reati, soprattutto i più gravi” – ha detto Delmastro Delle Vedove – che ha aggiunto: “ha ragione il Procuratore nazionale Gratteri quando sostiene che si tratta di una sorta di amnistia. Inoltre, un altro grave elemento della riforma Cartabia è quello della sostanziale decarcerazione posta alla base della proposta, che determina una fuga dalla sanzione penale, allargando la maglia della tenuità della sanzione penale e il ricorso alle pene alternative al carcere, anche per i reati che creano grave allarme sociale”.

“Il processo civile, nel corso degli ultimi anni, è stato interessato da numerose riforme che hanno compresso il diritto alla difesa ma non hanno comportato una riduzione dei tempi del processo civile, che dura in media sette anni, in particolare, nei processi relativi al diritto del lavoro, la causa dura una media di cinque anni per carichi di ruolo, oggi ridurre ancora la possibilità di difesa degli attori del processo significa ridurre ulteriormente la qualità del processo. La riforma Cartabia sembra essere finalizzata solo ad ottenere le risorse dell’Europa e, sotto il profilo sostanziale, le esigenze di giustizia degli italiani vedranno una regressione ”– ha evidenziato Perna.

“Condivido la posizione dell’on. Delmastro, la riforma Cartabia è stata approntata in pochi giorni per porre un argine alla follia della riforma Bonafede e per non perdere le risorse del PNRR” – ha rimarcato Fontanarosa -, che si è soffermato sul tema del processo civile ed, in particolare, su quello del lavoro: “come giuslavoristi abbiamo richiesto la negoziazione assistita e la possibilità di risolvere le controversie nell’ambito della mediazione, la classe forense deve essere protagonista della riforma della giustizia anche in riferimento ai necessari cambiamenti del mondo della magistratura a cominciare dalla separazione delle funzioni”.

 “Siamo alla quarantesima riforma del processo civile in trent’anni, ma la riforma Cartabia è l’ennesima riforma a costo zero che produce solo promesse e nessun sostanziale miglioramento” – ha detto Caia, che ha sottolineato: “il sistema giustizia è attanagliato dai problemi dell’ organizzazione, del processo telematico, della carenza di magistrati, che ritardano il processo sia civile che penale; bisogna cambiare l’approccio culturale investendo in risorse, organizzazione e mezzi. L’avvocatura deve essere protagonista di questa riforma anche per quanto riguarda l’elezione dei componenti del CSM, nella quale l’Ordine degli Avvocati deve svolgere un ruolo di primo piano”.

“La riforma Cartabia è un pannicello caldo che conferma una situazione di stallo della giustizia italiana – ha sottolineato Cola –; essa non affronta i nodi fondamentali, come la responsabilità civile dei magistrati, la riforma del CSM, nell’ambito della quale i procedimenti disciplinari dovrebbero essere affidati ad avvocati e professori universitari, per rompere la ragnatela delle correnti. E’ stato un errore consentire l’ampliamento del potere della magistratura, ora bisogna rientrare nei limiti costituzionali, è questo il principale obiettivo che la riforma della giustizia dovrebbe perseguire anche ai fini del miglioramento del processo”. 

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Redazione

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