Afghanistan. Plebani: “Ai Talebani, l’ISIS-K non conviene”

“E’ molto probabile che i talebani non cercheranno accordi con lo Stato Islamico – Gruppo Khorasan e che lo combatteranno, più che altro per mostrarsi desiderosi di proteggere l’Afghanistan da organizzazioni terroristiche agli occhi degli alleati e degli attori con i quali hanno dato vita a partnership diverse: quelli frutto di coincidenze di interessi solo temporanei, come gli Usa, e quelli con i quali hanno rapporti più complessi, come Pakistan, Turchia, Iran. Ma anche Russia e Cina”. A parlare è Andrea Plebani, ricercatore presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore e vice direttore del Centro di Studi Internazionali di Geopolitica (Ce.St.in.Geo.), esperto dei movimenti jihadisti con all’attivo diverse pubblicazioni sul tema.

L’agenzia Dire lo intervista a pochi giorni da un attentato suicida nei pressi dell’aeroporto di Kabul che ha provocato la morte di oltre 170 persone – numerosi civili afghani e 13 soldati americani – e il ferimento di decine di altri. A rivendicare l’attacco, confermando gli avvertimenti dei giorni precedenti delle agenzie di intelligence occidentali, è stato il cosiddetto Stato Islamico – Gruppo Khorasan (Isis-K). L’organizzazione è da ritenersi, nell’ottica dei jihadisti, una provincia del gruppo Stato Islamico istituito tra il 2014 e il 2017 nelle regioni settentrionali di Siria e Iraq, che opera appunto in quella che era la regione storica del Grande Khorasan, che oggi comprende i territori di Pakistan, Afghanistan, Iran, Uzbekistan, Turkmenistan e Tagikistan. In seguito all’attentato, l’esercito americano ha condotto sabato scorso un raid con un drone nella provincia orientale di Nangarhar, ritenuto l’epicentro delle attività afghane dell’Isis-K. Secondo la versione del Pentagono, nell’attacco è stato ucciso il leader locale nonché presunto pianificatore degli attentati. Ieri invece, i velivoli comandati da remoto dell’esercito Usa hanno colpito un auto che si stava dirigendo imbottita di esplosivo verso lo scalo della capitale, sempre stando a fonti del dipartimento della Difesa americano. Le esplosioni causate dal raid hanno provocato la morte anche di dieci civili, compresi dei minori, così come hanno denunciato i residenti alla testata ‘Tolo News’. A preoccupare la comunità internazionale non ci sono solo i talebani quindi, tornati al potere il 15 agosto scorso, a vent’anni dal loro ultimo governo nel Paese, ma anche le ramificazioni locali dell’Isis.

Il rapporto fra questi due attori è però “complesso”, così come è complessa, premette Plebani, la natura stessa dei talebani: “Quando parliamo di questo gruppo facciamo solitamente riferimento a una formazione coesa in cui la catena di comando è tutto sommato chiara” dice l’esperto. “In realtà i miliziani sono costituiti da gruppi, clan e anime diverse”. Una componente dei talebani che non si può ignorare, e che giocherà un “ruolo importante” nelle relazioni con lo Stato Islamico, è quella vicina a un’altra importante organizzazione della galassia jhadista mondiale: Al-Qaeda. “I miliziani afghani li hanno prima protetti, poi sostenuti e ora hanno avviato con loro una relazione articolata – afferma il ricercatore -, al punto che alcuni analisti non li definiscono neanche alleati, quanto due diverse facce di una stessa medaglia”. Al-Qaeda e Isis sono rivali, “portatori, al netto di alcune similitudini, di due visioni molto diverse”, dice Plebani, che evidenzia inoltre che “nelle file del gruppo di base in Khorasan militano diversi fuoriusciti dei talebani e di Al-Qaeda”. Ci sono poi altri due fattori decisivi che spingono l’esperto a non credere che l’Isis riuscirà a fare dell’Afghanistan “un nuovo santuario del terrorismo”, e discendono entrambi da considerazioni sul ruolo del Paese nello scenario geopolitico internazionale.

“I talebani lo hanno promesso agli Usa nell’ambito degli accordi di Doha, uno dei punti che almeno- evidenzia lo studioso- avrebbero interesse a rispettare. E poi vogliono mostrarsi affidabili agli occhi di alleati più interessanti come Pakistan, Qatar e Turchia ma anche Iran, Russia e Cina”, sottolinea quindi Plebani, che poi aggiunge: “Oltre a questo a un certo punto la centralità di Kabul nello scenario internazionale inizierà a scemare, e la stessa presenza nel Paese sarà meno rilevante mediaticamente e strategicamente per l’Isis”. Nonostante le rappresaglie di questi ultimi due giorni, secondo Plebani l’Afghanistan non diventerà neanche l’obiettivo privilegiato degli attacchi mirati dei droni americani. “I raid condotti con i droni necessitano di un elemento fondamentale: intelligence e ‘antenne’ sul campo: sono entrambi due elementi che sarà molto difficile garantire nell’Afghanistan controllato dai talebani”, conclude l’esperto.

(Bri/ Dire)

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