Green pass, burocrazia frena italiani vaccinati all’estero

i sono migliaia di cittadini italiani che, lavorando o studiando all’estero, oppure facendo parte della famiglia di nostri connazionali trasferiti all’estero, sono stati vaccinati nei paesi in cui hanno vissuto nell’ultimo anno. Si tratta di vaccini identici ai nostri, spesso somministrati in tempi più rapidi di quelli italiani. Questi nostri connazionali hanno quindi concluso il ciclo vaccinale o sono guariti dal Covid ma, pur potendolo dimostrare, non riescono ad ottenere il Green Pass a cui avrebbero diritto. I servizi territoriali Asst italiani possono procedere alla registrazione sul fascicolo sanitario e quindi riconoscere la regolarità di quanto effettuato. Tuttavia, quando si tratta di ottenere il Green Pass nasce il problema, perché il sistema italiano sembra non ‘leggere’ i documenti stranieri e la burocrazia non è in grado di sbloccare, creando però problemi a cittadini del tutto in regola. Questa è la storia di Emanuela De Franchis, direttore Risorse Umane di una multinazionale italiana, vaccinata all’estero e ostaggio della burocrazia ai tempi del Covid. Come lei, tanti altri italiani che hanno effettuato in buona fede il vaccino mentre studiavano, o lavoravano fuori dall’Italia. De Franchis racconta che “nel primo semestre del 2020 lo smart working mi ha permesso di lavorare da Dubai, dove è residente la mia famiglia, mio marito e mia figlia di 10 anni. Come moglie ho la residenza e il diritto ad effettuare il vaccino come gli altri residenti a Dubai, tra i primi Paesi ad attivare le vaccinazioni e, dopo aver chiesto al consolato locale, ho proceduto a farlo per meglio tutelare la salute della mia famiglia. Mi hanno somministrato le due dosi di Pfizer”.

La donna aggiunge che “nel mese di luglio sono tornata in Italia e in agosto è uscito il Green Pass. Una circolare permette agli italiani che hanno effettuato il vaccino all’estero di vederselo riconosciuto attraverso una procedura, che ho prontamente seguito. Una circolare del Ministero della Salute chiarisce che i vaccinati all’estero devono trasmettere le certificazioni alla Asl di competenza, per poi accedere al Green Pass”. De Franchis spiega poi che “come da protocollo, già nel mese di luglio ho trasmesso i dati via mail alla mia Asst di competenza, quella di Lissone. Le due vaccinazioni sono state registrate immediatamente sul mio fascicolo sanitario. Ho aspettato qualche giorno per ricevere il codice via sms per ricevere il certificato, ma non è arrivato. Sono andata sulle app e in farmacia, ma il Green Pass non c’era. Ho chiamato il numero verde 1500 che mi ha detto di aspettare 14 giorni. Ho aspettato ma nulla”. De Franchis denuncia che “per l’Asl di Lissone non ci sono problemi, perché loro registrano il vaccino e l’hanno fatto in tempi molto brevi e mi hanno poi suggerito di chiamare nuovamente il numero verde 1500. Mi sono attaccata al telefono, parlando con i call center dedicati a Green Pass e vaccinazioni. Per la Regione Lombardia è tutto a posto e deve essere il ministero della Salute a rilasciarlo. Gli operatori del numero di pubblica utilità 1500 per l’emergenza Covid, a ogni mia chiamata aprono una segnalazione per richiedere i dati alla regione Lombardia e mi assicurano ripetutamente che riceverò il Green Pass entro quattro giorni, ma finora non ho avuto nessun riscontro. La scorsa settimana ho ritelefonato per sapere a che punto fosse la pratica, ma non c’è modo di saperlo. È passato quasi un mese dal 6 agosto e non so ancora nulla”.

Una situazione, dunque, di assoluto disagio. “Visto il mio ruolo- prosegue nel racconto- viaggio molto per lavoro, faccio molti colloqui di selezione, formazione, in poche parole lavoro molto con le persone. Lavoro in una multinazionale del settore Food and Beverage e i ristoranti sono luoghi che frequento spesso e, sempre per motivi professionali, viaggio e prendo molti treni. Il numero verde mi ha detto che nell’attesa del Green Pass vale la stampa del foglio dell’Asl che certifica le vaccinazioni. Peccato che questo i ristoranti e i controllori in stazione, come le palestre e i cinema, non lo sanno”. De Franchis conclude che “a volte mi credono sulla fiducia, altre non se la sentono, comunque temono una multa nel caso che quanto dichiaro non sia vero e non sono riuscita a recuperare un documento che dica che ai fini dell’emissione del Green Pass basta il certificato vaccinale”, conclude.

(Fde/ Dire)

Redazione

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