(VIDEO) Salute, Sip: “Manca pediatria disabilità: vuoto da colmare”

“Purtroppo non esiste una sub-specialità pediatrica per la disabilità. Ma se pensiamo che il 2,5/3% dei neonati nasce con un difetto congenito, credo ci sia lo spazio, all’interno dei cinque anni della scuola di specializzazione in Pediatria, per dedicarsi precipuamente al tema o pensare a un master post specialità, perché il numero di questi bambini non è esiguo e per questo credo che sia una battaglia che insieme ai genitori delle associazioni dobbiamo portare avanti”. Lo sostiene Luigi Memo, neonatologo pediatra genetista e segretario del gruppo di studio di Qualità delle cure in pediatria della Società italiana di pediatria (Sip), intervenuto all’ultimo congresso della Società italiana di pediatria preventiva e sociale (Sipps) nel corso del quale è stata presentata la guida ‘Includendo 360’, dedicata alla disabilità in età pediatrica.

“Spesso- spiega lo specialista- i neonatologi si trovano a dimettere neonati con delle grosse problematiche non solo cliniche, ma anche legate ai diritti sociali, alla fiscalità, all’assicurazione. Tutti temi sui quali uno specialista medico non è preparato e che ricadono poi sul pediatra di famiglia, al quale i genitori si rivolgono anche per sapere dove poter fare un documento o quale tipo di certificato occorre, ad esempio, per frequentare la scuola”. È proprio per rispondere a queste esigenze, prima di tutto delle famiglie e poi anche di tutti coloro che gravitano nella vita di un bambino con disabilità, che nasce la guida della Sipps.

“Conoscere i diritti dei propri figli con disabilità e quelli dell’intera famiglia nella quale vivono questi bambini è molto importante, perché la conoscenza genera inclusione e libertà. Al di là delle definizioni mediche, c’è un’altra definizione della disabilità in riferimento alla vita: la disabilità è la mancanza di libertà, perché quando un ragazzo è disabile, quando nasce con limitazioni di tipo fisico o mentale e cognitivo perde la libertà della scelta. E questa perdita si estende a tutta la famiglia: per spostarci, per una cena o una vacanza, dobbiamo valutare se quella struttura è adatta alla disabilità di nostro figlio, se non ci sono barriere architettoniche o di altro tipo”. A parlare è Marina Aimati, medico di famiglia, mamma di Lorenzo, un ragazzo di 24 anni con disabilità, e coordinatrice della guida ‘Includendo 360’. “La disabilità non solo non viene vista, spesso viene anche nascosta- precisa Aimati- Inclusione significa condivisione, non è delegare qualcuno della presa in carico di un figlio disabile, ma condividere questa presa in carico. Una condivisione che deve significare, prima di tutto, conoscenza, perché spesso è proprio la mancanza di conoscenza che fa allontanare le persone perché non sanno come gestire le situazioni di fragilità. E più si va avanti con l’età- constata con amarezza la coordinatrice del progetto editoriale- peggio è, un bambino disabile è contornato da tanto amore, crescendo invece diventa un adulto scomodo. Noi vorremmo non essere più scomodi”. Il documento, spiega ancora Aimati, “sarà integrato e aggiornato ogni anno: mancano infatti capitoli importanti come quello sulle barriere architettoniche e sull’assistenza domiciliare. Quest’ultimo è un approfondimento difficile da realizzare perché c’è una forte eterogeneità tra le varie Regioni. I bambini disabili che nascono in alcune Regioni del Sud non hanno le stesse opportunità di quelli che nascono al Nord. E invece è importante che tutti abbiano lo stesso diritto alla salute, perché già la vita ci ha dato delle difficoltà in più e ci ha reso differenti”. Quello del diritto alla salute e alla presa in carico della cronicità, a livello sanitario, ma anche sociale, è un tema molto importante per le famiglie con figli disabili, spiega l’esperta: “Anche la presa in carico è distribuita a macchia di leopardo sul territorio nazionale, così il primo ammortizzatore della disabilità nel nostro Paese resta la famiglia, insieme alla scuola. Quest’ultima- sottolinea Aimati- ha un grandissimo ruolo nella vita dei bambini e ragazzi con disabilità, ovviamente nel caso di quelli fortunati che possono frequentarla. Ma con la fine del percorso scolastico, noi abbiamo il vuoto, non c’è più nessun ammortizzatore a parte la famiglia. E invece- ribadisce con forza- la presa in carico non può e non deve essere solo sanitaria, ma anche sociale, sono due aspetti che non possono essere separati. La presa in carico deve essere a 360 gradi, proprio come dice il titolo della nostra Guida”. ‘Includendo 360’ nasce quindi prima di tutto per aiutare le famiglie. “Sul web si possono trovare tantissime informazioni- ricorda la coordinatrice- noi abbiamo voluto fare uno sforzo di sintesi, mettendo insieme, con un linguaggio semplice, tutti gli argomenti che riguardano la disabilità: dalla sanità alla scuola, dal percorso per l’invalidità civile al dopo di noi, passando per gli aspetti legali. L’obiettivo è includere creando cultura. Il documento è però rivolto anche alla classe medica, affinché pediatri e medici sappiano aiutare e indirizzare le famiglie che spesso rinunciano a portare avanti i propri diritti perché non li conoscono. Noi speriamo, con l’aiuto delle sue società scientifiche, la Sipps e la Sip, di fare proprio questo: arrivare a far conoscere di più questo mondo fino ad arrivare a organizzare un grande congresso, che riunisca tutti gli esperti del settore che ruotano intorno alla vita dei bambini disabili e delle loro famiglie”. Il documento è stato redatto anche con la collaborazione della Sip, alla quale il presidente della Sipps aveva inizialmente chiesto il patrocinio scientifico. “Dopo aver compreso gli importanti obiettivi di questa pubblicazione- spiega Luigi Memo- abbiamo ritenuto opportuno non concedere solo il patrocinio scientifico, ma intervenire nella stesura del documento. Per cui, oltre me, anche l’avvocato della nostra società è intervenuto per verificare che quanto inserito fosse stato scritto secondo i termini di legge. Penso che questo documento sia uno strumento molto utile non solo per i medici che si occupano di disabilità e per i pediatri che si trovano a seguire il bambino e la sua famiglia, ma anche ad esempio agli impiegati dell’Inps o ai fiscalisti o ai segretari delle scuole che devono fornire risposte a questi genitori e ai loro figli”, conclude.

(Arc/ Dire)

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