Il golpe del politicamente coretto: il nuovo libro di Francesco Mangiacapra

Un omosessuale che non si identifica nella potente lobby gay finisce ostracizzato e riceve il plauso di quel pubblico sovranista e cristiano da loro tanto aborrito: questo è quanto è accaduto all’ex gigolò Francesco Mangiacapra, noto per aver presentato al Vaticano un dossier su cinquanta preti gay suoi ex clienti.

“Il gigolò e l’amico prete” è la prefazione scritta per il libro di Francesco Mangiacapra da Padre Ariel S. Levi di Gualdo, presbitero e teologo, fondatore delle Edizioni L’Isola di Patmos, dirette da Jorge Facio Lince, che hanno curato l’edizione del volume.

La cappa di piombo del “politicamente corretto” grava su una società indifferente alle vere violenze, ma pronta a esporre alla Gogna, per una battuta o una satira innocua, chi osa opporsi al pensiero unico. Sprezzanti la libertà di pensiero, si è giunti a proporre una legge che punisca non tanto parole opere e omissioni ma i pensieri dei non allineati. In Il golpe del politicamente coretto Mangiacapra analizza alcuni temi significativi della civiltà moderna, spaziando dalle dinamiche relative alle politiche sull’immigrazione, alla disfunzione degli organismi canonici verso una grande fetta di popolazione per favorirne una minoritaria; analizza l’ipocrisia dilagante del “politicamente corretto” e la disinvoltura con la quale questa viene diffusa offuscando le menti meno attente che si auto-sviliscono, abbracciando filosofie di pensiero che spesso portano a limitare la facoltà di giudizio e di espressione di chi si lascia coinvolgere in questo vortice di finto perbenismo.

«Quando la democrazia viene corrosa dal cancro del politicamente corretto» afferma Mangiacapra: «essa si trasforma in dittatura delle minoranze, un regime antidemocratico il cui integralismo è costituito dal negazionismo della realtà oggettiva per privilegiare un fanatico senso estremo di rispetto verso tutti, nel quale, pur di non incappare in una potenziale offesa a discapito di determinate categorie di persone, si discrimina, si nega e si abiura la libertà di pensiero e di espressione delle maggioranze. Una tirannia che pretende di delegittimare la società civile della facoltà di opinare su qualsivoglia gruppo minoritario sociale, politico o religioso perché essi sono diventati tutti inoppugnabilmente sacri e intoccabili».

Il saggio di Mangiacapra ha il pregio, anzitutto, di non essere un prodotto di emotività, ma di analisi oggettive. Dunque una critica illuminante a un sistema che esige di regolare tutto in funzione delle minoranze: dai comportamenti sessuali ai gusti letterari, al modo di parlare, di vestirsi, di scrivere, di mangiare, persino al modo in cui educare i figli. La mentalità sottesa alla regola finisce per favorire la dittatura della piccola minoranza, favorendo “il più intollerante”, di fronte a una maggioranza troppo flessibile e ormai vessata. Un totalitarismo dove al buon senso e all’interesse collettivo si sostituisce il fanatismo ideologico di pochi che spacciano una serie di dogmi laici per imperativi etici. In realtà, solo strumenti al soldo di una strategia socio-politica. L’autore affronta temi caldi quali la teoria gender, l’Islam, i Rom, i vegani, la maternità surrogata e fenomeni attualissimi come quello degli untori dell’AIDS e dell’asessualità, tutti uniti dal tentativo da parte delle minoranze di imporre un’idea preconfezionata di libertà e progresso.

A una lettura superficiale si potrebbe concludere che Mangiacapra proponga una visione misantropica, misogina e razzista della vita, ma in realtà l’oggetto della critica non è l’individuo singolo o la singola tematica ma la strumentalizzazione che una determinata fascia politica e intellettuale fa circa le tematiche più controverse della nostra epoca: l’autore non odia le donne ma il femminismo becero, non odia gli animali, ma l’animalismo esacerbato, non odia gli stranieri ma le politiche sconsiderate sugli stranieri. Chiaro è lo scopo di condurre dei ragionamenti che hanno l’obiettivo di smontare la propaganda nazionalpopolare che una certa intellighenzia vuole propinarci attraverso i mezzi di comunicazione.

Un saggio politicamente scorretto in un regime dove il diritto di critica si è trasformato in “un’inversione dell’onere della prova”, e il buonismo imposto per legge assurge a dottrina ufficiale del totalitarismo liberal-democratico. Tematiche per le quali, da anni, l’attivista gay per l’autodeterminazione sessuale e i diritti civili, viene censurato sui social network e ostracizzato proprio dalla lobby delle stesse associazioni LGBT.

Redazione

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