Processo Angeli e Demoni, 17 rinvii a giudizio
Una condanna e un’assoluzione per gli imputati che hanno scelto il rito abbreviato e 17 indagati (ora imputati) rinviati a giudizio. Così, dopo circa due ore di Camera di consiglio, ha disposto il gip del tribunale di Reggio Emilia Dario De Luca, mettendo un primo punto fermo nel processo legato all’inchiesta “Angeli e demoni” sui presunti affidi illeciti di minori in val d’Enza, iniziato il 30 ottobre di un anno fa. Claudio Foti, 70 anni, presidente della onlus torinese “Hansel e Gretel” che fu incaricata di fare la psicoterapia sui bambini di Bibbiano, è stato condannato a 4 anni di reclusione (la Procura ne aveva chiesti 6). Seppure in parte ridimensionate, il giudice ha quindi ritenuto fondate le accuse mosse nei suoi confronti, in particolare quella di lesioni ai danni di una ragazzina che ebbe in cura tra il 2016 e il 2017. Sottoponendola, ha sostenuto il Pm Valentina Salvi, a sedute “con modalità suggestive”, ingenerando in lei la convinzione di essere stata abusata dal padre e dal socio e causandole anche dei “disturbi depressivi”. L’altra imputata che ha scelto l’abbreviato- per lei assoluzione contro la pena chiesta di un anno e sei mesi- è l’assistente sociale Beatrice Benati, chiamata a rispondere di un episodio di violenza privata e di uno in cui è stata solo tentata. Nello specifico l’operatrice, suppose che il compagno della madre di una bambina affidata ai servizi di cui era referente nutrisse un interesse sessuale verso la minore. E per questo intimò alla donna di interrompere la sua relazione affettiva dietro la minaccia di collocare la figlia in affido extra familiare. Inoltre avrebbe costretto la madre a rinunciare a trascorrere con la figlia le vacanze di Natale nel 2018 (che la bambina ha poi passato in un’altra casa), sempre per un presunto rischio di abusi da parte del compagno, che per la Procura era però solo una supposizione dell’imputata.
Per quanto riguarda i rinvii a giudizio le posizioni interessate sono 17 su 22 chieste dal Pm. Per Nadia Campani, funzionaria dell’Unione dei Comuni della val d’Enza la stessa Procura ha chiesto un verdetto di assoluzione perché “il fatto non sussiste”. Il “non luogo a procedere perché il fatto non sussiste”, è stato inoltre disposto per le posizioni di Attilio Mattioli, Barbara Canei, Sara Testa e la funzionaria del Comune di Reggio Daniela Scrittore. Con loro esce dal processo anche l’assistente sociale Cinzia Magnarelli che ha ottenuto un patteggiamento a un anno e 8 mesi dopo aver iniziato a collaborare con i magistrati. Affronteranno invece il dibattimento, tra gli altri, la moglie di Foti Nadia Bolognini, l’ex responsabile dei Servizi sociali della Val d’Enza Federica Anghinolfi, il suo braccio destro Francesco Monopoli e il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti. Il primo cittadino, eletto in quota Pd, era finito nell’estate del 2019 agli arresti domiciliari ed è stato scarcerato dalla Cassazione. Poi è tornato ad amministrare il Comune della Bassa Reggiana dove hanno sede i servizi sociali a cui la Procura di Reggio contesta di aver alterato le relazioni scritte sui bambini, denunciando presunti abusi o maltrattamenti in famiglia, per poterli dare a scopo di lucro a coppie affidatarie. I capi di imputazione contro Carletti si erano ridimensionati, scendendo da quattro a due. Inizialmente infatti le ipotesi di reato riguardavano tre episodi di abuso d’ufficio e un falso ideologico. Nel primo caso per aver messo a disposizione della “Hansel&Gretel”, la onlus dello psicoterapeuta Claudio Foti, i locali pubblici del centro “La Cura” a Bibbiano senza alcuna gara.
Nel secondo per aver partecipato alla falsificazione della causale delle somme versate agli affidatari. Nel terzo caso a Carletti si contesta di aver abbassato il valore della soglia dei servizi, spacchettandoli, per prorogarli senza gara. E, infine, di aver affidato il servizio legale all’avvocato Marco Scarpati, totalmente scagionato dalle accuse tanto da veder archiviata la propria posizione. Al termine delle indagini per il dem rimanevano invece solo due ipotesi: una di abuso d’ufficio (per aver affidato il servizio di psicoterapia dei Comuni della Val d’Enza alla onlus senza bando) e quella di falso. Ora il primo cittadino ha visto ulteriormente ridursi le accuse a suo carico, di cui rimane in piedi solo quella di abuso d’ufficio. Altra figura centrale dell’inchiesta è quella di Federica Anghinolfi- che ha a suo carico una cinquantina di accuse- che avrebbe ordinato ai suoi sottoposti di alterare le relazioni scritte sui minori e, in un caso, ne avrebbe affidato uno ad una coppia omossessuale di donne, con una delle quali- anche lei rinviata a giudizio- aveva avuto una relazione. L’impianto accusatorio è corposo e variegato con 108 i capi di imputazione contestati. Tra questi truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, maltrattamenti in famiglia, lesioni dolose gravissime e violenza privata.
I fronti aperti sono diversi: il principale è quello dei bambini che sarebbero stati tolti ai genitori naturali sulla base di relazioni dei servizi sociali artefatte (distorcendo sogni, disegni, racconti e circostanze) in cui si riportavano abusi e maltrattamenti, e poi sottoposti a sedute di psicoterapia gestite dall’associazione “Hansel e Gretel”. Questo però, secondo chi ha indagato, in frode alla pubblica amministrazione caricando sull’Ausl (che pagava le prestazioni) costi di gran lunga superiori a quelli correnti di mercato. Altre presunte irregolarità, poi, riguardano l’affidamento dell’incarico agli psicoterapeuti esterni della onlus torinese e la gestione dei locali del centro “La Cura” di Bibbiano, dove questi professionisti esercitavano l’attività. Particolarmente discussi infine, i metodi usati da Foti e Bolognini per far emergere “i brutti ricordi” dei bambini, fino alla “macchinetta” che generava piccole scariche elettromagnetiche dai cavetti lasciati in mano ai giovani pazienti. I minori coinvolti, oggi tutti tornati dai loro genitori, sono una decina.
“Ho dedicato 40 anni della mia vita all’ascolto attento e rispettoso di bambini e ragazzi. Abbiamo consegnato 15 videoregistrazioni (di sedute di psicoterapia, ndr) che non sono state esaminate con il minimo di attenzione. Credo che qualsiasi persona si approcci senza pregiudizi all’analisi di quelle videoregistrazioni verificherà un atteggiamento che è opposto a quello necessario e sufficiente a potermi condannare per lesioni”. E’ il commento a caldo di Claudio Foti, psicoterapeuta fondatore del centro “Hansel e Gretel”, all’uscita dell’aula del tribunale di Reggio Emilia dove ha riportato una condanna a 4 anni in primo grado, nel processo sui presunti affidi illeciti di minori “Angeli e Demoni”. Continua Foti: “C’è stato uno scontro in quest’aula che non doveva avvenire in ambito giudiziario, ma in accademia, tra posizioni culturali e teoriche diverse. Credo sia stata criminalizzata la psicoterapia del trauma, portata avanti da una componente ampia di psicoterapeuti. Ho fiducia che in appello possa essere rivista questa condanna che ritengo ingiusta”. E ancora, prosegue il professionista, “penso di essermi comportato correttamente in scienza e coscienza, chiunque esamina questo materiale può vedere cosa significa l’atteggiamento empatico: in tutte le videoregistrazioni c’è una costante attenzione alle emozioni della ragazza e tutte le comunicazioni più rilevanti sono state espresse dalla stessa ragazza senza alcuna anticipazione da parte mia”.
Il “dottor Foti- aggiungono i suoi difensori- è assolutamente estraneo e innocente, il trattamento avuto nei suoi confronti ricorda quello riservato a Enzo Tortora, poi assolto in Corte d’Appello”. È “una sentenza- proseguono- che non sta in piedi dal punto di vista giuridico e ha un carattere ideologico”. Questo processo, concludono gli avvocati, “è stato paragonato in una perizia a quello di Galileo Galilei perché è stata messa sul banco degli imputati la psicoterapia del trauma”.
(Cai/ Dire)