(VIDEO) Covid, monoclonali anche per giovani con patologie

Enrica Cipriano è in prima linea insieme al primario Filomena Pietrantonio, nell’unità di cure con gli anticorpi monoclonali contro il Covid-19 dell’Ospedale dei Castelli, nell’Asl Roma 6. Reumatologa, Cipriano spiega all’agenzia Dire: “Il trattamento è stato reso maggiormente accessibile nel corso dell’estate e quindi è per i pazienti in cui sono insorti i primi sintomi negli ultimi dieci giorni, sia lievi che moderati e anche se vaccinati – tiene a precisare -. E’ importante ricordare che la terapia è rivolta agli ultra 65enni, ma anche ai più giovani che hanno cronicità o patologie, per esempio problemi di tipo epatico, renale, cardiovascolare, asma o bronchiti croniche e patologie del neurosviluppo. La precocità e la sintomaticità sono i due aspetti più importanti affinché questo trattamento abbia efficacia”, ribadisce Cipriano, “qualora il paziente abbia ricevuto la terapia può accedere al vaccino dopo 6 mesi dall’aver contratto la malattia”.

Il trattamento con gli anticorpi non è però da intendersi come unico argine alla malattia, spiega infatti la responsabile per le cure con i monoclonali, Filomena Pietrantonio: “Stiamo studiando a fondo i dati pre e post trattamento con questi anticorpi ma dobbiamo ricordare che il nostro obiettivo è che la persona non si ammali e questo si può fare in primo luogo con la prevenzione, il vaccino, e gli anticorpi monoclonali in ultima istanza. Gli anticorpi sono un’arma in più, molto valida, e ne stiamo studiando l’impatto sulla popolazione generale ma non è un’alternativa al vaccino e alla prevenzione- sottolinea- Le persone con cronicità e fragilità devono mettere in atto tutte le misure per non ammalarsi, anche perché, lo abbiamo visto, a volte queste persone non sviluppano le difese dalla malattia anche dopo aver effettuato il vaccino poiché non sono immunocompetenti e questo significa che attorno a loro deve esserci una barriera di vaccinati che li protegga. Questa è la base della lotta contro il Covid”, ribadisce il primario Pietrantonio.

Ma qual è l’obiettivo del trattamento con i monoclonali? “Lo scopo è impedire che persone a rischio sviluppino la forma grave della malattia e vengano ospedalizzate. I pazienti positivi, se con più di 65 anni, possono chiamare il numero verde dell’Ares 118 che effettua una sorta di triage telefonico, oppure rivolgersi al medico di medicina generale, o ancora alle Uscar, le unità speciali di assistenza sul territorio o ancora presso i medici del pronto soccorso. Da ognuno di questi canali il paziente verrà poi segnalato, contattato dall’Asl e visitato una volta in ospedale; se viene ritenuto necessario si procede con il trattamento presso la struttura ospedaliera – spiega Cipriano all’agenzia Dire illustrando come funziona il trattamento per il contrasto alla malattia da Sars-CoV-2 e come vi si accede: “Il trattamento con i monoclonali richiede un’unica infusione per via endovenosa di circa un’ora, al termine della quale il paziente resta in osservazione per un’ora e poi, se ha un accompagnatore positivo che sta bene può tornare a casa ma se non ha una persona che può aiutarlo, come Ospedale dei Castelli mettiamo a disposizione un taxi apposito con tutte le accortezze sanitarie del caso”. Rispetto a paure e effetti avversi, Cipriano chiarisce che “i farmaci, i monoclonali che utilizziamo, sono ben tollerati ma sono sempre farmaci, per cui i pazienti asintomatici non sono candidabili per la terapia. Purtroppo la malattia però è molto imprevedibile- sottolinea- abbiamo visto alcuni pazienti vaccinati con co-morbidità che hanno sviluppato una polmonite importante, perché il vaccino non ha una copertura del 100%, pertanto è altrettanto importante sottoporsi anche alla terza dose, non a caso la dose di richiamo per i pazienti con particolari fragilità viene considerata parte del ciclo vaccinale, quindi essenziale per completare la protezione”, ricorda la dottoressa dell’ospedale dei Castelli.

(Org/ Dire)

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