Beach soccer: storia e consigli
Uno degli oggetti che durante una giornata al mare non può mancare è indubbiamente un pallone. Fra i passatempi da spiaggia, infatti, sono numerosi quelli che possono essere praticati con una palla, e in alcuni casi si è arrivati alla nascita di un vero e proprio sport nuovo: pallavolo e calcio sono solo alcuni degli sport che hanno un loro equivalente che, inizialmente giocato in spiaggia, ha finito per essere codificato. Il caso del beach soccer è particolarmente affascinante, se ne consideriamo le radici.
Come nel caso di molte altre evoluzioni del calcio, per esempio il futsal, anche il beach soccer nasce in Sudamerica e nello specifico in Brasile, paese caratterizzato proprio dal calcio e dalle spiagge. Fin dal secondo dopoguerra, infatti, nelle iconiche spiagge cittadine di Rio de Janeiro si tenevano degli incontri amatoriali di calcio, caratterizzati da regole adattate e da competizioni organizzate tra rappresentative limitate spesso a singoli quartieri. È stato solo a partire dagli anni ’50 che le semplici competizioni amatoriali cominciarono a compiere i primi passi verso la codificazione delle regole e nella gestione comune dei tornei, anche grazie all’interesse dimostrato da giocatori di primo piano del panorama calcistico sia brasiliano che internazionale: Zico, Jùnior, Cantona e l’italiano Altobelli sono solo alcuni dei nomi che si sono messi in mostra nella crescita del beach soccer. Crescita che, giunti agli anni ’90, non era più ignorabile: in Brasile i tornei amatoriali nel litorale cittadino erano ormai trasmessi da emittenti televisive e numerosi calciatori professionisti, nel loro tempo libero, partecipavano alle partite. I tempi erano maturi per la prima codifica delle regole, giunta nel 1992 ad opera del primo organismo di governo dello sport: il Beach Soccer Worldwide. Durante tutti gli anni ’90 si sono tenuti a cadenza regolare tornei ufficiali, con il primo evento in assoluto svoltosi a Miami Beach nel 1993 con la partecipazione delle rappresentative di Stati Uniti, Italia, Brasile e Argentina. Dal 2000 l’organismo di controllo del Beach Soccer iniziò a collaborare con la FIFA, e nel 2005 si tenne il primo Mondiale di Beach Soccer patrocinato da quest’ultima: fra lo scorso 19 e 29 agosto, a Mosca, si è tenuta l’undicesima edizione, vinta per la seconda volta dalla squadra russa. Per quanto riguarda l’Italia, la rappresentanza tricolore è arrivata due volte in finale, perdendo entrambe: nel 2008, contro il Brasile, e nel 2019, contro il Portogallo.
Le origini dello sport rendono evidenti le componenti alla base: tanta preparazione atletica e pochissime necessità di attrezzatura specifica. Sotto quest’ultimo punto di vista, una prima necessità potrebbe sorgere riguardo alle protezioni. Le regole del beach soccer prevedono che sia giocato a piedi nudi, cosa del tutto peculiare rispetto al calcio e altre sue varianti: i piedi, quindi, nel colpire il pallone saranno sollecitati in maniera molto maggiore, rendendo necessarie protezioni apposite. Sono concesse dal regolamento protezioni elastiche, a condizione che non coprano interamente il tallone e le dita: è quindi opportuno, se del caso, optare per protezioni che possano coprire perlomeno il dorso e il collo del piede, ossia le zone con le quali è più comune calciare. La sabbia potrebbe poi rappresentare un problema per chi usa occhiali, nelle attività sportive comunemente sostituiti con lenti a contatto: si crede spesso che queste possano creare problemi nel giocare su un campo così particolare. Tuttavia, come nel caso di numerosi altri sport giocati sulla sabbia, in realtà è possibile utilizzare benissimo lenti a contatto, cosa anzi preferibile per ragioni di comodità e di igiene, dato che alla bisogna possono essere rapidamente sostituite e, alla fine della partita, potenzialmente anche scartate. La sabbia ha la sua importanza anche nella scelta dei guanti per il portiere.I più indicati sono guanti leggeri e aderenti, per ridurre al minimo l’intrusione di sabbia, con delle protezioni per le dita, molto sollecitate dati i rimbalzi imprevedibili sul fondo del campo.
Ad essere veramente indispensabile, insomma, sono le uniche due cose che hanno reso il beach soccer uno sport unico: un pallone e una distesa di sabbia.