Covid, gli ‘esodati’ della sanità: “A casa senza stipendio perché non possiamo vaccinarci”

Malati e impossibilitati a fare il vaccino. Ma lasciati a casa senza stipendio. È il caso di quegli operatori della sanità finiti loro malgrado in un ‘limbo’. La denuncia arriva da ‘ContiamoCi!’: “Non si tratta dello scontro tra vax e no vax, in questo caso stiamo parlando di persone che per ragioni di salute non si possono vaccinare ed è gravissimo che subiscano delle discriminazioni e delle ingiustizie. Si è persa la cifra del valore umano, parliamo di ‘esodati’ della sanità, persone allontanate dal lavoro e lasciate senza reddito, nonostante siano in regola con la legge perché in possesso di certificati riconosciuti dalle Aziende sanitarie“, spiega alla Dire Paola Carpeggiani, psicoterapeuta e referente della sezione Lombardia di ‘ContiamoCi!’: l’associazione, che annovera circa 3.000 iscritti, è nata per i sanitari sospesi. Spesso è identificata, riduttivamente, come il riferimento degli operatori no Vax. Di fatto è aperta a tutti i cittadini, e tra chi si è rivolto a loro ci sono anche storie e voci diverse da quelle raccolte nelle piazze delle proteste contro vaccino o green pass.

“Si tratta di persone ingiustamente sospese, ghettizzate, insultate e aggredite senza motivi, e si vedono poi costrette a spendere altri soldi per andare dagli avvocati e ribadire la legittimità della loro condizione”, aggiunge Carpeggiani. “In questi mesi decine e decine di operatori con certificazione sono stati impropriamente sospesi. Le situazioni più ricorrenti sono di allontanamento dal luogo di lavoro senza stipendio, ricollocazioni lavorative molto lontane dalla residenza, oppure mancate ricollocazioni perché capita pure che il datore di lavoro non sapendo dove riposizionare il personale con certificato di esenzione/differimento, lo sospenda senza retribuzione”.

COSA PREVEDE LA LEGGE

Come è noto, il personale della sanità deve effettuare la vaccinazione. Il regime di esenzione e differimento confermato dall’attuale decreto prevede che qualora sussistano determinate condizioni “la vaccinazione possa essere omessa o differita e il datore di lavoro possa adibire il personale a mansioni diverse da quelle originarie, così da evitare il rischio di contagio, ma senza decurtazione della retribuzione”. In sostanza, però, il decreto e le circolari del ministero elencano tre condizioni per l’esenzione o il differimento della vaccinazione. In primo luogo ci sono condizioni che non necessitano di alcuna certificazione di esenzione: le malattie acute/severe non differibili, come l’infarto, l’ictus, la trombosi, l’epatite acuta, la nefrite acuta, un’infezione generalizzata ma anche un intervento chirurgico rilevante. Nella stessa categoria rientrano i pazienti che hanno contratto il Covid di recente o che hanno in corso la malattia. Ne fanno parte anche le persone in quarantena e i soggetti con sospetti sintomi da Covid.

La seconda condizione fa riferimento a delle controindicazioni specifiche nei confronti di uno o più componenti dei vaccini: è il caso delle reazioni allergiche gravi verso un tipo di farmaco, ed è sempre possibile verificare se sia il caso di ricorrere ad altri vaccini. Costituisce una controindicazione poi la sindrome di Guillain-Barrè, una malattia autoimmune che porta alla paralisi. Infine, ci sono le precauzioni da osservare e cioè quelle condizioni che aumentano il rischio di gravi reazioni avverse. Tra queste si annoverano i casi di miocardite e pericardite osservati dopo la somministrazione di vaccini a mRNA.

LE STORIE DEGLI ‘ESODATI’

Così se da una parte l’esonero è riconosciuto per legge in presenza di determinate condizioni cliniche, dall’altra “i reintegri, i ricollocamenti e le nuove mansioni non sono stati sempre messi in atto perché spesso non vengono fatte differenze tra chi non ottempera l’obbligo e chi non si vaccina per mancata idoneità al trattamento e molte persone in possesso di una documentazione specialistica finiscono nel calderone dei no vax”, denuncia Carpeggiani. Lo dimostrano le diverse storie “di ordinaria ‘follia’ – continua la referente della Lombardia – raccolte da ‘ContiamoCi!’ e che caratterizzano la vita di persone che si trovano di colpo dalla parte sbagliata di una riga che sta tracciando inesorabilmente una divisione profonda tra giusti e sbagliati, buoni e cattivi, virtuosi e minacciosi”.

AL LAVORO CON CASCO E OSSIGENO

“Abbiamo ottenuto il certificato di esenzione dalla vaccinazione anti-Covid dal medico di medicina generale per motivi di salute”, raccontano a ‘ContiamoCi!’ degli operatori ospedalieri. “Per la peculiarità delle nostre mansioni non esistono reparti dove potremmo essere ricollocati. Il servizio di prevenzione e protezione dell’azienda ha deciso che, non potendoci ricollocare, ci fornirebbe di un dispositivo ‘maschera respiratore’ particolare: si tratta di un ‘casco’ completamente chiuso munito di un tubo collegato ad una piccola bombola, presumiamo di ossigeno ed una batteria ingombrante. Questo dispositivo dovremmo indossarlo per tutta la durata del servizio, ma nel documento di valutazione dei rischi questo dispositivo particolare non è nominato da nessuna parte. Come dispositivi di protezione vengono indicate solo le mascherine Ffp3. Dubito che riusciremmo a lavorare sette ore indossando un elemento del genere. Siamo stati allontanati dagli spazi comuni come le aree di ristoro con distributori automatici, siamo in una quarantena perenne come se ‘non vaccinato’ equivalesse a dire ‘ammalato e contagioso’ e quindi da isolare”, segnalano.

OPERATA E SOSPESA

Una psicologa racconta: “Devo subire un intervento chirurgico invasivo e delicato che può comportare il rischio di perdere la vista. Di mala voglia il medico di base mi fa il certificato con scadenza 30 settembre, anche se faccio presente che operandomi il 30 agosto ed essendo molto lungo il decorso post operatorio, a fine settembre sarò nel pieno del decorso post-operatorio. Arriva la proroga della validità dei certificati fino al 30 novembre ma il 19 ottobre ricevo la Pec in cui mi si comunica che sono sospesa per inadempienza dell’obbligo vaccinale. Sono in malattia e non lavoro da settembre a causa di una complicanza post chirurgica – precisa la professionista -, non posso fare alcuno sforzo fisico e ho una persona che mi fa da autista per andare ai controlli in ospedale. Devo comunque rivolgermi ad un legale per ottenere l’immediato ritiro del provvedimento“.

NON RICOLLOCABILE

Un’altra operatrice sanitaria spiega: “Sono stata sospesa con un esonero vaccinale, quindi per l’Ordine sono ok ma il datore di lavoro non sa dove ricollocarmi, e quindi mi hanno sospesa”.

SPEDITA A 80 KM DA CASA

C’è pure chi viene reintegrato, ma a patto di fare parecchia strada ogni giorno: “La cooperativa, dopo una lettera del mio legale, mi ha cambiato mansione – spiega un operatore sanitario – mandandomi a lavorare in cucina a 80 km da dove abito. Con stipendio ridotto e senza rimborso chilometrico”.

GRAVE ALLERGICA NON MANSIONABILE

In ultimo, una storia di allergia ma non solo: “La mia storia clinica: ho avuto uno shock anafilattico per allergia. Il medico mi redige un differimento e mi prescrive un consulto con un allergologo, il medico era anche al corrente che stavo facendo esami e continue visite da una reumatologa per problemi di infiammazioni ricorrenti da anni e da marzo prendevo cortisonici. Risultando positiva a molti esami, il medico mi certifica successivamente una esenzione al vaccino perché mi viene diagnosticata una malattia reumatologica attiva. Dopo due giorni vengo convocata dall’azienda che mi spiega che tenuto conto del giudizio del medico competente e della limitazione scritta sarò temporaneamente sospesa dal servizio senza stipendio fino al 31 dicembre perché tale cooperativa ha constatato l’impossibilità di assegnarmi altre mansioni“.

Questi sono solo estratti di vita, storie di gente messa ai margini dalla pandemia. Per loro ‘ContiamoCi!’ chiede che “possano continuare a svolgere il lavoro che fanno utilizzando, come tutti gli altri operatori vaccinati, i dispositivi di protezione individuale in modo corretto”.

(Rbo/Dire)

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