È morta Lina Wertmüller, grande protagonista del cinema italiano
Si è spenta oggi nella sua casa di Roma, all’età di 93 anni, Lina Wertmüller. Prima donna ad essere candidata all’Oscar per la regia ha firmato alcune delle pellicole più importanti del cinema italiano.
Nata il 14 agosto del 1928, con ascendenze lucane e svizzere ma cresciuta nella Capitale, inizia il suo percorso artistico a soli 17 anni nell’Accademia Teatrale di Pietro Sharoff e per alcuni anni cura la regia negli spettacoli di burattini di Maria Signorelli. Dopo il diploma prosegue il suo percorso nel mondo del teatro, al quale affianca la radio e la televisione, diventando l’autrice della prima edizione del programma “Canzonissima”, nel 1959. Qualche anno dopo dirige lo sceneggiato per la tv ‘Il diario di Gian Burrasca’, tratto dal romanzo di Vamba, con protagonista Rita Pavone. Al cinema inizia a muovere i primi passi nel 1953 come segreteria di edizione in “… e Napoli canta!” di Armando Grottini e subito dopo al fianco di Federico Fellini, (in ‘La Dolce Vita’ e ‘8 ½’) conosciuto grazie all’amica Flora Carabella, moglie di Marcello Mastroianni.
Nel 1963 firma la sua prima regia con “I basilischi“, film con il quale si aggiudica la Vela d’argento al Festival di Locarno, seguito dal western all’italiana ‘Il mio corpo per un poker’, che dirige sotto lo pseudonimo di Nathan Witch. Nella seconda parte degli Anni 60 inizia il sodalizio con Giancarlo Giannini, interprete di alcuni dei suoi più grandi successi, come ‘Mimì metallurgico ferito nell’onore’, ‘Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto‘ e ‘Pasqualino Settebellezze‘ (girato ad Aversa), film del 1977 grazie al quale arriva la candidatura per la migliore regia agli Oscar. La pellicola ottenne altre tre nomination: come miglior film straniero, miglior sceneggiatura e miglior attore protagonista. Graffiante e ironica, certamente avanguardistica, non solo per aver scelto una professione prettamente maschile, ma anche e soprattutto per le tematiche trattate, Wertmüller ha indagato i rapporti uomo-donna, Nord-Sud, borghesia-proletariato regalando al cinema italiano un ritratto sociale unico e irriverente dell’Italia degli Anni 60-70.
Nella sua filmografia non mancano film dal sapore politico come ‘Scherzo del destino in agguato dietro l’angolo come un brigante da strada’, sul terrorismo, e storico, come ‘Fernando e Carolina’. Unica nello stile, con i suoi occhiali bianchi sempre sul naso, e nella scelta dei titoli delle sue pellicole, a volte bizzarri, quasi sempre estremamente lunghi, Wertmüller è stata insignita del Golden Globe 2009 e del David di Donatello nel 2010, mentre nel 2019 è arrivato l’Oscar alla Carriera. Nella sua vita privata, una lunga storia d’amore con il pittore e scenografo teatrale Enrico Job, incontrato nel 1965, con il quale ha collaborato sul set e ha trascorso oltre 40 anni di vita insieme, fino alla sua scomparsa, nel 2008. I due hanno una figlia adottiva, Maria Zulima.
“La voglio ricordare così. Che sorride partecipe a una mia, nostra, gioia. L’Italia sta perdendo ultimamente riferimenti fondamentali. Portatori di qualità, del meglio, di intelligenza, di arte e di cultura”. Lo scrive su Facebook Massimo Wertmüller, nipote della grande regista Lina, scomparsa oggi a Roma a 93 anni. Il post è accompagnato da una fotografia del suo matrimonio in cui sullo sfondo appare una sorridente Lina Wertmüller. “E sappiamo- prosegue il post- quanto oggi servirebbero la cultura, come ancora unico mezzo per crescere, per evolversi, per emanciparsi, e gli intellettuali, come appunto veicolatori di pensiero e cultura. Quanto servirebbero in questo sciagurato Paese, il paese delle Belle arti e del Rinascimento, con così tanti italiani invece distratti, anzi attratti da un centro commerciale, o da una vicenda del Grande Fratello, o dalle parole di un inflencer che non da un capolavoro cinematografico. E difatti quando se ne va un Pasolini, uno Scola, un Monicelli, un Magni, un Proietti, un Falqui, o una Lina, ti dispiace e ti preoccupi di tutto il mondo che se ne va con loro. Tutto il loro mondo che avevano creato, a migliorare la vita di tutti, e che dal giorno dopo si deve cercare di conservare e preservare”. E ancora: “Però, però, io oggi non piango la maestra, la genia, che se ne è andata. Soffro, soffrirò con tutti il vuoto incolmabile che lei lascia, ma io piango un fatto mio personale e intimo. Io piango l’ultima rappresentante consanguinea della vita che ho avuto sin qui, l’ultima superstite del mio passato, anche remoto. Io piango i ricordi familiari che mi hanno legato a lei da bambino. Io piango la sorella di mio padre. A lei non piaceva che la chiamassi così, ma io, prima di tutto, piango mia zia”, conclude Massimo Wertmüller.
(Dip/Dire)