Giustizia, Cartabia: “Servono struttura e risorse. Carcere SMCV? Servono rispsote immediate”

“I continui rinvii non sono un atto di accusa nei confronti di nessuno. Giudici, cancellieri, personale amministrativo lavorano tantissimo, ma il settore della giustizia ha bisogno di edifici e di risorse. C’è un problema di aule non attrezzate, aggravato dalla pandemia”. Lo dice la ministra della Giustizia Marta Cartabia, oggi a Milano per un incontro con i dottorandi dell’ateneo Bicocca in occasione della lezione inaugurale del corso di dottorato in scienze giuridiche.

“Il comparto ha fatto sforzi importantissimi per non fermare la macchina, esponendosi a rischi importanti, come i focolai nel tribunale di Milano”, sottolinea la guardasigilli. E comunque “c’è un problema anche di attenzione alla concretezza dei bisogni della giustizia”, e questo “ci ha condotto a intervenire su mille fronti diversi. Abbiamo riformato delle procedure, perché alcuni aspetti potevano non facilitare la celebrazione in tempi ragionevoli delle varie cause”, aggiunge Cartabia, che poi ripercorre gli ultimi “intensissimi” mesi passi al governo: “C’è un punto focale sul quale convergono i vari interventi: i tempi della giustizia- dice la ministra- nelle relazioni annuali dei ministri della Giustizia da 10 anni a questa parte ricorre da sempre il problema della lentezza in Italia a tutti i livelli. Un tema che affligge il sistema giustizia italiano da tempo”. Un dispendio di energia “enorme, che va a ledere il cuore della funzione della giustizia”. Alcuni dottorandi, però, si dicono preoccupati da una deriva efficientistica che possa minare la qualità della risposta giudiziaria, sacrificata sull’altare della velocità. Ragionamenti che Cartabia reputa legittimi. La giustizia, infatti, “è qualità non soltanto velocità nella risposta”. La pandemia “ci ha costretto a forti limitazioni nell’uso degli spazi- continua la ministra- e ci ha spinto verso la digitalizzazione”. I tempi di attraversamento (passaggio di documenti da un ufficio all’altro, ndr) sono sinonimo, per Cartabia, “di inefficienza”, per questo “abbiamo elaborato un progetto per abbatterli con l’uso delle tecnologie”.

La Guardasigilli conclude con un tuffo nel passato: “Ricordo un ministro della Giustizia che difendeva lo Stato mentre era sotto attacco della mafia- le parole di Cartabia– uno dei capitoli più importanti fu il maxi processo che a metà degli anni ’80 venne celebrato, frutto della grande intuizione di alcuni magistrati e della serietà e quantità di lavoro che avevano condotto”. E anche quel processo “aveva bisogno di modestie strutture materiali, come la costruzione dell’aula bunker, o di qualcuno che si preoccupasse di portare cibo ai testimoni- conclude Cartabia– comprandoli in supermercati diversi per timore che potessero essere avvelenati”.

“Assicurare le vaccinazioni, le mascherine e i controlli ma anche far proseguire una proposta di attività e di percorsi rieducativi pur in queste condizioni che sono particolarmente difficili nella vita del carcere”. Lo dice la ministra della Giustizia, Marta Cartabia, oggi a Milano per un incontro con i dottorandi dell’ateneo Bicocca in occasione della lezione inaugurale del corso di dottorato in scienze giuridiche. Come assicura la Guardasigilli, ‘interrogata’ da uno studente sulle iniziative messe in campo dopo le violenze di Santa Maria Capua Vetere, “il mondo del carcere è uno dei punti su cui abbiamo posto attenzione sin dall’inizio, e sarà una priorità delle prossime settimane”.

Quei fatti “di una gravità inaudita, hanno suscitato una grande e doverosa attenzione pubblica”, e richiedono “una risposta precisa e di lungo termine”. Al di là delle varie ispezioni condotte dall’amministrazione penitenziaria, “abbiamo messo immediatamente in campo il lavoro di una commissione (che ha concluso i suoi lavori a fine dicembre, ndr)”, con lo scopo “di evidenziare criticità che possono cambiare significativamente il lavoro in carcere”. Una commissione “che ha avuto anche l’obiettivo di portare alla luce pure i tanti esempi di buone pratiche che esistono- va avanti Cartabia– nelle carceri italiane troviamo di tutto e non è giusto parlare solo di Santa Maria Capua Vetere. Occorre far emergere le criticità ma anche la dedizione e la generosità della società civile che porta lavoro in carcere”. Per esempio “ho imparato ad apprezzare tantissimo- riconosce la ministra- l’importanza del teatro in carcere”. E sul digitale “con il ministro Colao stiamo lavorando molto non solo sulla videosorveglianza- conclude- ma anche sulle attività e i colloqui a distanza, e sui lavori nei quali i detenuti possono essere coinvolti con le nuove tecnologie”.

(Run/ Dire)

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