Sassoli, l’ultimo messaggio all’Europa: “Nessuno è sicuro da solo”

Unione, speranza, libertà, solidarietà. Sono alcune delle parole che hanno segnato nel mese di dicembre gli ultimi interventi del presidente del Parlamento Europeo, David Sassoli, morto questa notte a 65 anni nel Centro di riferimento oncologico (Cro) di Aviano, in provincia di Pordenone.

Parole, quelle pronunciate da Sassoli agli ultimi eventi dello scorso anno, dalla consegna del Premio Sakharov all’attivista russo Alexei Navalny fino al discorso di introduzione al summit dei capi di Stato e di governo che si è svolto a Bruxelles, che insieme ad altre come democrazia e diritti hanno segnato un’intera traiettoria come eurodeputato prima e come presidente del Parlamento poi. Nato a Firenze nel 1956, il presidente del Parlamento è morto a causa di una disfunzione del sistema immunitario per la quale era ricoverato dal 26 dicembre, come ha reso noto il suo portavoce Roberto Cuillo. Prima il giornalismo, dagli esordi alla redazione de Il Tempo e dell’agenzia Asca fino alla carriera ne Il Giorno e soprattutto all’esperienza in Rai. All’emittente pubblica Sassoli inizia come inviato speciale nel 1999 e diventa poi conduttore dell’edizione serale del Tg1, di cui sarà anche vicedirettore, tra i volti più riconoscibili del palinsesto quotidiano dell’informazione italiana.

A partire dal 2009, la sua casa smette di essere la redazione per diventare il Parlamento europeo, dove viene eletto come eurodeputato nelle file del Partito democratico (Pd). Drante la la fase europea Sassoli apre anche una parentesi romana, candidandosi nel 2013 alle primarie del suo partito per il sindaco e arrivando secondo dietro a Ignazio Marino, che diventerà poi primo cittadino della capitale. E’ invece in occasione del suo terzo mandato come eurodeputato che Sassoli viene eletto presidente del Parlamento. L’elezione avviene “all’ultimo minuto”, come lui stesso spiegherà al portale d’informazione Politico commentando i concitati giorni che hanno portato alla configurazione dell’attuale dirigenza europea, frutto di una delicata coalizione tra tre gruppi. Ad attendere Sassoli, settimo italiano a ricoprire l’incarico di presidente del ramo legislativo dell’Ue, la pandemia di Covid-19 e le intense giornate di negoziazioni per arrivare a un accordo sul Recovery Fund, il più grande impegno per la ripresa economica mai varato dall’Europa.

“Abbiamo reagito e abbiamo costruito una nuova solidarietà per cui nessuno è al sicuro da solo”, ma “abbiamo visto nuovi muri, i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra ciò che è morale e immorale, tra umanità e disumanità”, aveva detto Sassoli nel corso del suo discorso di Natale pubblicato su Twitter lo scorso 23 dicembre.

Un’istantanea dell’Europa divisa fra solidarietà ed egoismi come quella che il presidente ha dovuto affrontare nel corso dei suoi due anni e mezzo di mandato, prossimi a concludersi e per i quali aveva già annunciato che non si sarebbe ricandidato, come mostrato anche dalla crisi dei migranti bloccati al confine tra Bielorussia e Polonia delle ultime settimane. “Oggi l’Europa con il piano di recupero ci da’ una grande possibilità di abbandonare l’indifferenza: è la nostra sfida, quella di un mondo nuovo che rispetta le persone, la natura, e crede in una nuova economia, basata non solo sul profitto di pochi, ma sul benessere di tutti”, aveva aggiunto, nelle sue inconsapevoli ultime parole pubbliche, il presidente.

(Bri/ Dire)

Redazione

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