Scuola, Vaia: “Giusto rientro, agire su areazione. Picco? Fine gennaio e primi febbraio”
“Per me è molto semplice: bisogna privilegiare la salute anche mentale dei ragazzi, per cui i ragazzi è giusto che vadano a scuola. Sono sempre stato a favore dell’apertura di tutto, altrimenti le persone non capiscono più perché ci vacciniamo. Diciamo che il vaccino serve, che ci dà spazi di socialità, è giusto che apriamo anche la scuola”. Così il direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma, Francesco Vaia, ospite questa mattina a ‘Non Stop News’.
“Oggi diamo la Ffp2 a scuola e va bene perché è un ottimo presidio di salvaguardia- ha continuato- ma è impensabile lasciare i ragazzi sempre con la mascherina, per cui dobbiamo togliergliela. Come fare? Dobbiamo intervenire con degli interventi sul clima, quindi intervenire cambiando radicalmente i sistemi d’areazione. Proprio ieri ho mandato al sindaco di Roma una mia proposta con un altro collega su come cambiare i meccanismi di areazione. Anche qui, la scienza ci dice che meccanismi di areazione molto ben adeguati funzionano meglio della mascherina, quindi si potrà togliere. È evidente che ci vorranno tanti investimenti. Bisogna che ci sia l’internazionalizzazione dei vaccini, che i vaccini vengano aggiornati e bisogna intervenire sui luoghi strutturali del contagio ovvero scuola e trasporti. Altrimenti chiudiamo le scuole e le metropolitane, cosa che non possiamo fare. Possiamo però immaginare che non possiamo vivere una vita intera con la mascherina, chiedo al governo e ai cittadini italiani di forzare ancora di più su questo: vogliamo riappropriaci della nostra libertà, la politica deve smettere di fare chiacchiere e deve intervenire completamente”.
Vaccinazione nella fascia 5/11 anni: i genitori non si fidano? “Non diamo sempre la colpa ai cittadini e ai genitori, sono stati disorientati. La fiducia va conquistata. Ieri allo Spallanzani c’erano duecento bambini, man mano la cosa sta crescendo. Noi abbiamo detto che quando i bambini stanno male vanno vaccinati, quando hanno un’intensa attività sociale vanno vaccinati, queste cose entrano piano piano, ma se ci sono tante persone che spaventano è evidente che le cose vanno così. In tutto il mondo è così, non solo in Italia- ha concluso Vaia- nei confronti delle creature indifese scattano sempre dei meccanismi di protezione. Le famiglie devono essere nostre alleate, ecco perché anche su questo sono stato molto prudente”.
“Nei fine settimana, nei giorni prefestivi e festivi gli italiani si recano di meno sia in ospedale che a fare il tampone. Il primo dato: a fronte di questi contagi, di questo numero così elevato, abbiamo un numero non altrettanto imponente di ricoverati né di ricovero ordinario né in terapia intensiva. Perché le persone anche se vaccinate con due dosi sono contagiate? Perché abbiamo visto che il vaccino che è stato ed è ancora uno strumento fondamentale per abbattere questa malattia, ha avuto nell’esperienza sul campo, una validità di quattro-cinque mesi, secondo alcuni colleghi addirittura tre, ecco perché si è resa necessaria la terza dose. Quando facciamo riferimento a chi è vaccinato o meno, a questo tempo, dobbiamo dire che è vaccinato in terza dose”.
“Il rapporto tra contagiati e ospedalizzati- ha continuato- è in questo momento così: coloro che non sono vaccinati o vaccinati in unica o doppia dose sono il 90%, coloro che hanno la terza dose sono il 10% degli ospedalizzati. Per quanto riguarda la terapia intensiva, il rapporto è 95% (coloro che non sono vaccinati o coloro che hanno unica e doppia dose) e 5% coloro che sono vaccinati in terza dose. Un altro rapporto ancora più chiaro rispetto a cosa avveniva lo scorso anno nello stesso periodo: avevamo 15-18mila contagiati con 2.500 persone in terapia intensiva. Oggi abbiamo 240mila contagiati con 1.500 persone in terapia intensiva. È successo, quindi, che le persone in Italia si sono vaccinate. L’Italia è il Paese che nel mondo ha avuto il più alto tasso di vaccinazione. Gli italiani, quindi, per oltre il 90% hanno aderito alla campagna di vaccinazione credendo nella scienza”.
“Il vaccino antinfluenzale e vaccino anti-Covid possono essere fatti nella stessa seduta- ha poi aggiunto Vaia- Noi non siamo delle macchine, ciascuno di noi ha il proprio fisico. La cosa migliore è sempre chiedere al proprio medico, il mio consiglio è che va bene se ci sono le condizioni di salute, se però si ha qualche problema, se si è spaventati, se si ha un minimo di sintomatologia è opportuno separare di una settimana la somministrazione uno dall’altro. La patologia virale con la variante Omicron, sta sostituendo quasi completamente la Delta. La Delta è ancora presente, è molto più patogena di questa Omicron, la quale è molto più contagiosa. Non lo dico io, né lo Spallanzani, ma tantissimi studi nel mondo. Si è fatto uno studio su roditori e hanno verificato che questi topi che erano in grado di rispondere alla malattia, inoculandogli il virus avevano solamente un po’ di debolezza e una patologia simil influenzale. Paradossalmente, mentre diciamo una cosa buona, quindi che questa malattia assume sempre di più in questa fase la connotazione di una malattia simil influenzale e secondo me ci traguarderà al prossimo ottobre a fare una sola dose di richiamo annuale così come per l’influenza, può crearci qualche problema differenziale. A mio giudizio, in questo momento, la cosa non ci deve spaventare: la terapia sarebbe assolutamente uguale. Bisogna differenziare adesso il sintomatico dall’asintomatico: dobbiamo arrivare a curarci come se fosse un’influenza e a vaccinarci come se fosse un’influenza, dobbiamo cominciare ad avere il coraggio di dire che se ci si ammala non c’è problema, perché ci sono le terapie. Se non siete sintomatici non correte ai drive in, non correte negli ospedali”.
Oltre 2 milioni di positivi in Italia: ci sarà una semplificazione delle regole da rispettare? “Trovo difficoltà a districarmi tra le tantissime circolari che ci sono. Bisogna arrivare- ha risposto Vaia- a due semplificazioni. La prima è che chi è sospetto di contatto con positivo che è stato insieme a una persona che si è dimostrata malata positiva, o magari positivo e non malato, il contatto non ha bisogno che corra a fare il tampone e non c’è bisogno che resti in quarantena. La mia proposta, la proposta dello Spallanzani, è che i contatti di positivi, se non sono sintomatici, vadano a lavorare tranquillamente, senza fare quarantena e senza intasare i drive in. Dobbiamo fare come gli Stati Uniti, dove ti chiedono il motivo per cui fai il tampone quando sei asintomatico. La regola vuole che tu ti vai a fare il tampone solo se sei sintomatico. Se poi sei positivo e sintomatico, nel momento in cui l’autorità sanitaria di contea ti manda la comunicazione che tu sei positivo, dopo qualche giorno di quarantena se non sei sintomatico anche se positivo tu esci, dopo cinque giorni. Il motivo è che hanno verificato che questa malattia così sintomatologicamente lieve dà una contagiosità solo per cinque giorni, nei due giorni precedenti alla sintomatologia e nei tre giorni successivi alla comparsa dei sintomi, in tutto cinque giorni. In Italia dobbiamo avere cinque giorni in tutto di prescrizione per stare a casa se sono asintomatico e fare il tampone solo se sono sintomatico. I contatti delle persone positive possono andare a lavoro, mettendosi naturalmente in sorveglianza come facciamo più o meno tutti, così non blocchiamo l’Italia”.
No vax: obbligo per gli over 50. “Dobbiamo evitare di fare una comunicazione sbagliata- ha però detto il direttore sanitario dell’Istituto per le malattie infettive Lazzaro Spallanzani di Roma- Il novaxismo si combatte non spaventando, ma chiarendo. Io non dico che se non sei vaccinato devi stare a casa per punizione, non è così, è un atto scientifico. Spero che il presidente Draghi spieghi bene questa sorta di obbligo vaccinale: non è per punire le persone, ma perché serve. Se io mi sono vaccinato, se sono a contatto con te, qualora mi dovessi contagiare non mi ammalo. La non vaccinazione ti porta a un contagio molto più probabile e a una patologia più sintomatica rispetto agli altri, lo dicono i numeri. Il motivo per il quale dobbiamo correre è proprio questo, dobbiamo correre per recuperare”.
Quante dosi dovremo fare ancora? “Non c’è quarta o quinta dose- ha spiegato Vaia- io ho detto più volte che non dobbiamo arrivare a vaccino e cappuccino, cioè faccio un esempio: se io ho un appartamento che non è a norma dal punto di vista elettrico che faccio? Metto a norma l’appartamento o decido di comprare candele per tuta la vita? Evidentemente metto a norma l’appartamento. Il vaccino, la mia candela che mi consente di vedere la luce, servirà una volta all’anno come per l’influenza. In questi giorni stiamo firmando un memorandum di accordi con i colleghi del Sud Africa per sperimentare e produrre un vaccino italo-sudafricano che servirà per Omicron perché in Sud Africa è stato isolato per primo Omicron. Una buona notizia. Servono i vaccini in Italia ma servono i vaccini nel mondo, dobbiamo ricordare che dobbiamo andare oltre il nostro cortile e vaccinare tutti perché questo virus lo dobbiamo sconfiggere e lo sconfiggeremo, dobbiamo tornare alla vita”.
Il coronavirus quando finirà? “Non faccio il divinatore, non lo so. Però dico che questa malattia ha i caratteri della stagionalità e secondo me il picco lo avremo adesso tra fine gennaio e la prima decade di febbraio. Traguardiamo come è successo negli anni scorsi questo tempo, a ottobre faremo il nostro richiamo. Non la quarta dose, ma richiamo. Vorrà dire che sarà diventato come un’influenza”, ha concluso Vaia.
(Ros/ Dire)