(VIDEO) Barricato in sinagoga, chiede rilascio Lady Al Qaida
Un uomo armato è entrato nella sinagoga della congregazione di Beth Israel a Colleyville, in Texas non lontano da Dallas, e ha preso in ostaggio il rabbino e altre tre persone.
La polizia, la squadra speciale degli Swat e l’Fbi hanno circondato l’area ed evacuato i residenti prima di prendere un contatto diretto con il sequestratore che si dichiara il fratello di Aaifa Siddiqui, la neuroscienziata pachistana conosciuta come ‘Lady Al Qaida’ e condannata a 86 anni di carcere per terrorismo, con l’accusa di aver cercato di uccidere militari americani e agenti dell’Fbi.
La donna sta scontando la sua condanna, riportano i media americani, a Carwell, vicino a Dallas.
I primi minuti dell’attacco sono andati in diretta social, che stava trasmettendo in live stream la cerimonia all’interno della sinagoga. Si sente Muhammad Siddiqui – questo il nome del sequestratore secondo Abc – con il suo spiccato accento britannico chiedere ripetutamente di poter parlare con la sorella. Dice che “oggi morirà” e avverte i negoziatori fuori dall’edificio: “Se entrate moriranno tutti” gli ostaggi. Le immagini fuori dalla sinagoga mostrano un imponente schieramento delle forze dell’ordine. Segue da lontano la Casa Bianca, che è stata informata e monitora gli sviluppi. “I nostri pensieri e le nostre preghiere sono con i fratelli e le sorelle in ostaggio a Colleyville, in Texas”, ha twittato il ministro degli Esteri israeliano, Yair Lapid, assicurando di “seguire da vicino la situazione e di essere in contatto con le autorità americane”.
Di origini pachistane, Aaifa Siddiqui – che è stata per un periodo la donna più ricercata del mondo – ha studiato negli Stati Uniti, al Massachusetts Institute of Technology. Lo zio del suo secondo marito è Khalid Sheikh Mohammed, ritenuto uno degli architetti dell’11 settembre. Aaifa Siddiqui è stata arrestata nel 2008 in Afghanistan: quando è stata fermata aveva con sé cianuro di sodio e documenti che descrivevano come produrre armi chimiche e come rendere l’Ebola un’arma, ma anche mappe dettagliate della città di New York. La donna ha sempre respinto le accuse. Durante il suo processo disse: “Sono musulmana ma amo l’America”. Il suo avvocato aveva quindi spiegato che la sua assistita aveva cercato di scappare alla custodia americana “per paura di essere torturata e inviata a Guantanamo”.
Il caso di Aaifa Siddiqui da anni solleva comunque dubbi e perplessità sull’atteggiamento tenuto nei suoi confronti dagli Stati Uniti, che mantengono nei riguardi della donna uno stretto riserbo. A destare dubbi è la sua scomparsa in Pakistan nel marzo del 2003 e la misteriosa ricomparsa cinque anni dopo in custodia americana. Secondo alcuni negli anni della sua scomparsa sarebbe stata imprigionata nel carcere di Bagram, rinomato per le torture ai prigionieri. Ora il fratello, con gesto folle, ne chiede il rilascio. “Fatemi parlare con mia sorella”, ha ripetuto ai negoziatori. Mentre la tensione resta alta a Colleyville, i controlli sono stati rafforzati in molte sinagoghe d’America.