Covid e disturbi mentali: in aumento ansia e depressione

La pandemia ha prodotto in tutto il mondo, oltre alla morte e alla malattia di decine di milioni di persone, sconvolgimenti sociali ed economici e un drammatico aumento dell’incidenza di disturbi mentali, dovuti sia all’effetto diretto del virus che ad eventi ambientali, quali l’isolamento, la convivenza familiare forzata, la Dad ed altri. In Italia questo fenomeno è stato particolarmente evidente nei bambini e negli adolescenti, che hanno sviluppato soprattutto disturbi della regolazione emotiva, quali autolesionismo e tentativi di suicidio, poli-abuso di sostanze psicostimolanti e di alcol con conseguenti episodi psicotici, disturbi del comportamento alimentare, violenza e bullismo, anche online. Si interrogano su questo gli esperti nella sessione ‘Rimettere la malattia mentale al centro dell’agenda di governo regionale e nazionale’ della Winter School 2022 di Pollenzo di ‘Motore Sanità’. Un evento in collaborazione con l’Università degli studi di Scienze gastronomiche, di alto profilo in ambito sanitario, promosso e divulgato da ‘Mondosanità’ e da ‘Dentro la Salute’. Perché le questioni attorno alla salute mentale sono diverse: la salute mentale è esclusa dalla programmazione nazionale e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, seppur lo stesso Piano ponga particolare enfasi sugli interventi domiciliari e sulle strutture di prossimità, ossia le case della comunità, da sempre patrimonio dei servizi pubblici di salute mentale italiani. Da anni, da tutte le regioni viene disatteso il dettato della Conferenza stato-regioni che ha fissato al 5% del Fondo sanitario nazionale la quota destinata alla salute mentale, che invece resta ferma in media al 3.5%.

Il direttore scientifico di ‘Motore Sanità’, Claudio Zanon, spiega che “il Covid ha palesato un aumento accertato dei casi aumento di depressione, ed il fatto che molti pazienti non siano potuti accedere alle strutture che li avevano in cura, i pazienti schizofrenici o con altre malattie mentali, ha contribuito notevolmente al peggioramento della situazione della salute mentale nel nostro paese, una realtà che soffre già da tempo di carenze di fondi e di personale. Bisogna rimettere la salute mentale al centro dell’agenda del governo, sia livello nazionale sia regionale”. Nella Asl Roma 1, circa 1.100.000 persone, dove il Dipartimento di salute mentale ha in carico oltre 23.000 persone, l’aumento dei nuovi casi è stato del 30% nei minori e nel caso dei disturbi alimentari ha raggiunto il 70%. Il direttore del Dipartimento di salute mentale della Asl Roma 1, Giuseppe Ducci, aggiunge: “Appare evidente che la salute mentale, intesa non solo come cura, ma anche come promozione della salute, intervento precoce e riabilitazione, deve tornare al centro dell’agenda di governo, sia a livello nazionale che regionale. È necessario sostenere con risorse e formazione l’innovazione e la presenza dei servizi per la salute mentale in tutto il territorio nazionale, sviluppando capacità e competenza per prendere in carico i bisogni emergenti, soprattutto dell’infanzia e dell’adolescenza”. Il direttore Dsm Interaziendale Asl To 3-Past president Sip, professor Enrico Zanalda, sottolinea che “l’importanza di una buona politica sulla salute mentale dei cittadini viene dimostrata anche dall’attuale situazione pandemica. Abbiamo notato un incremento delle patologie di adattamento ed in particolare di reazioni depressive e ansiose nella popolazione durante questi due anni”.

“Le fasce di età che hanno sofferto in maniera più grave- continua- sono quelle adolescenziali dai 15 ai 25 anni, quella anziana soprattutto perché più fortemente colpita dalle conseguenze fisiche del Covid. Non dimentichiamo che non sappiamo quali saranno gli effetti di questo periodo difficile tra alcuni anni, sia per chi ha contratto la malattia, sia per chi ha avuto disturbi psichici per il lockdown o la paura del contagio. Pare pertanto indispensabile attrezzarsi a supportare la popolazione dal punto di vista psichico ed in particolare la fascia di età degli adolescenti”. Il professore di Economia sanitaria e Economia politica, research director-economic evaluation and Hta, Ceis, Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, presidente Sihta, Francesco Saverio Mennini, si sofferma sull’impatto economico e sociale delle turbe mentali e psichiatriche e afferma che “le malattie psichiatriche negli ultimi 10 anni hanno avuto una costante crescita sia dal punto dell’impatto sulla salute pubblica sia dal punto di vista strettamente economico, quindi a carico del sistema sanitario nazionale. Recenti stime hanno calcolato un impatto sistema sanitario nazionale di circa 4 miliardi di euro. Ma accanto ai costi diretti sanitari ci sono anche costi indiretti. Quelli legati alla perdita di produttività, ad esempio, che impattano per quasi 2 miliardi, accompagnati da quelli a carico del sistema previdenziale che ammontano a circa 4 miliardi di euro ogni anno. E i costi a carico delle famiglie che non vengono rimborsati dal sistema sanitario nazionale che sono comunque legati alle malattie. In totale le stime più recenti ci fanno affermare che tra costi diretti e indiretti le malattie psichiatriche impattano sul nostro Paese per circa 10 miliardi di euro ogni anno”.

Per Mennini, quindi, “si evince con forza quanto sia elevato il peso economico quale conseguenza delle disabilità psichiatrica nel nostro paese. Un peso economico che potrebbe/dovrebbe essere ridotto seguendo un differente approccio nella cura e nel trattamento di queste patologie. Sicuramente un accesso precoce ai trattamenti efficaci, una maggiore e più attenta prevenzione nonché un maggior controllo in termini di aderenza alle terapie garantirebbe un miglioramento della salute e qualità della vita (Qol) dei pazienti accompagnato da una forte ed importante riduzione della spesa, tanto sanitaria che sociale e previdenziale”, conclude.

(Comunicati/Dire)

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