Obesità, 1mln italiani affetti da malattia

Si parla sempre troppo poco di obesità. Una malattia importante che coinvolge più di un milione di persone nel nostro Paese. La colpa non sempre è dei geni ma piuttosto a fare la differenza sono gli stili di vita, che come ben sappiamo, comprendono una dieta sana ed equilibrata e l’attività fisica. Un problema non indifferente a cui si dà troppa poca rilevanza, in termini di salute, è rappresentato dall’obesità e il sovrappeso in età pediatrica. Come invertire la rotta? Quali messaggi è bene che le mamme e i papà mettano in pratica? Quali sono i trattamenti riservati al paziente affetto da obesità severa?

L’agenzia di stampa Dire ha approfondito l’argomento, anche in occasione della Giornata mondiale per la prevenzione dell’obesità che ricorre ogni 4 marzo, con il professor Giuseppe Marinari responsabile dell’Uo di Chirurgia Bariatrica presso l’ospedale Humanitas di Milano.

– Il prossimo 4 marzo ricorre la Giornata mondiale per la prevenzione dell’obesità, una patologia di cui forse si parla troppo poco nonostante sia stata ed è tutt’ora una comorbidità rischiosa in caso di infezione da Covid-19. Quali sono i numeri del problema in Italia e si registra una differenza nell’incidenza tra uomini e donne? E quando un soggetto si può definire obeso? “Prima del Covid si parlava di vera e propria pandemia in riferimento all’obesità perché i numeri di questa patologia sono in crescita e anzi peggiorano in tutte le parti del mondo, non solo nei Paesi occidentali. In Italia l’obesità colpisce almeno il 10% della popolazione e scendendo verso il sud Italia la percentuale sale al 12-13%. Se parliamo invece di obesità grave allora la patologia interessa circa 1 milione di persone in Italia che corrisponde al 2% della popolazione generale. Il genere fa la differenza, infatti parlando di semplice sovrappeso, si registra una leggera prevalenza nel maschio che nella femmina con un rapporto che corrisponde a 6 maschi su 10 in sovrappeso contro 4 su 10 per le donne. Qual è dunque l’indice di riferimento che dice se sono sovrappeso o obeso? Diciamo che esiste un numero, in realtà vetusto, che è l’indice di massa corporea (Bmi) che mette in relazione il peso e la statura. Quando il valore è sotto 25 il soggetto è definito normopeso, quando questo oscilla tra 25 e 29,9 si parla di sovrappeso. Dal 30 in sù si parla di obesità e i casi gravi sono definiti tali quando l’indice supera il 35. Questa formula per calcolare la massa corporea è però inapplicabile agli sportivi e spiego il perché. Se prendiamo il caso di un pugile peso massimo, se calcoliamo il suo BMI il numero che ci rimanda la formula sarebbe patologico ma poi in realtà quello sportivo non avrà nemmeno un filo di grasso ma tutto muscolo. In alcuni casi, come negli sportivi, andrebbero introdotti dei correttivi a questa formula ma la scienza ancora non lavora in questo senso”.

– Tra le cause predisponenti l’obesità ha un ruolo maggiore la genetica oppure gli stili di vita? E comunque quale ruolo giocano questi diversi fattori? “La genetica nel caso dell’obesità ha sicuramente una sua importanza ma sempre meno della rilevanza che hanno gli stili di vita. La genetica può avere un suo ruolo con una quota del 30% mentre gli stili di vita hanno un loro valore per il 70%. Il figlio di due soggetti obesi ha più probabilità di essere obeso rispetto al figlio di due soggetti normopeso. La genetica ha una certa valenza in gravidanza. Alcune donne nei nostri ambulatori ci riferiscono di aver preso in gravidanza 30 kg: in questo caso la donna in questione trasmette in modo epigenetico, quindi non attraverso modifiche dei cromosomi ma attraverso alterazioni dei messaggi che gli stessi cromosomi inviano, un imprinting metabolico e ormonale che candidano il suo bambino ad essere un obeso da grande. Un messaggio importante per le mamme è quindi: il controllo del peso in gravidanza è molto importante. Purtroppo di questa trasmissione dell’obesità attraverso la gravidanza si parla troppo poco’.

– Come prevenire l’insorgere dell’obesità? Penso anche ad un messaggio da recapitare anche alle mamme e i papà: a cosa stare attenti quando i bimbi sono troppo ‘in carne’ per scongiurare rischi seri in adolescenza o nell’età adulta? “Una cosa che risalta molto in Italia, parlando sempre in percentuali, è che se ci confrontiamo con il resto d’Europa come popolazione adulta siamo abbastanza virtuosi nel senso proprio di essere meno sovrappeso della popolazione delle altre nazioni. Questa situazione si inverte completamente in riferimento alla popolazione infantile. Sembra quasi che gli italiani, come genitori, si preoccupino di più della loro salute che di quella dei bambini. Soprattutto nelle regioni del sud Italia si registra una prevalenza di bambini in sovrappeso che è pari al 30%. Un bambino obeso sarà quasi sicuramente un adulto obeso e qualcosa in questo senso, per invertire la rotta, va fatto. Il bambino paffuto ‘fa tenerezza’ ed ‘è bello da vedere’ ma purtroppo dobbiamo considerare che si sta ammalando. Un vecchio studio sulla popolazione ligure dimostrava come siamo più grassi dei nostri nonni mangiando di meno. Cosa significa? Vuol dire che l’inattività fisica è imperante ed incentivare il movimento deve tornare ad essere il primo punto quando si parla di bambini ed adolescenti. L’uso eccessivo di videogames e tablet sono un danno non solo psicologico ma anche un disastro metabolico per i nostri figli. Come genitori va imposta l’attività fisica che non per forza deve essere costosa va bene anche camminare, andare in bici e giocare a pallone per mantenere la salute psicofisica. E poi conta molto quello che mettiamo in tavola. C’è una spinta da parte dell’industria a far spendere di meno e a far mangiare di conseguenza alimenti di scarsa qualità. Basti pensare alle pubblicità che inducono al consumo di panini ad un euro. E poi attenzione a bere troppe bevande gassate e dolci che andrebbero tassate anche in Italia per scoraggiarne il consumo. Come genitori incoraggiamo di più il movimento e non diamo ai nostri bimbi le pietanze preconfezionate e piene di grassi. Torniamo a programmare e preparare a casa le pietanze”.

– Come può essere trattata l’obesità? E in particolare quali sono i servizi attivi presso l’Uoc di Chirurgia Bariatrica da lei diretta? “Non bisogna mai confondere l’obesità e il sovrappeso. Quest’ultimo va trattato in modo conservativo e quindi con la dieta, attività fisica e la psicoterapia se sono presenti i disturbi del comportamento alimentare. Nel caso dell’obesità grave quindi quando il BMI è sopra il 35, se sono presenti malattie associate quali diabete, ipertensione, apnee notturne, oppure sopra 40 anche senza malattie associate l’unico trattamento valido è la chirurgia. Capisco che un intervento chirurgico possa spaventare, ma voglio tranquillizzare le persone: sono uscite pubblicazioni scientifiche di alto valore che dimostrano come la mortalità per la chirurgia dell’obesità sia crollata negli ultimi 20 anni. La mortalità è ridotta perché è cambiato l’approccio al paziente. La chirurgia dell’obesità è elettiva, mai urgente e questo ci permette di preparare al meglio il paziente prima di portarlo in sala operatoria. Questo prescrivono i protocolli Eras che noi seguiamo. Ad esempio, il 20% degli obesi che hanno ricevuto una diagnosi di chirurgia per obesità è affetto anche da diabete, ma le malattie associate all’obesità sono molte e vanno tutte ottimizzate prima di operare il soggetto. Tra l’altro il paziente affetto sia da obesità sia da diabete sarà il soggetto che trarrà maggiore beneficio dalla chirurgia con un aumento dell’attesa di vita: un obeso operato senza patologia associata aumenta di 5 anni la sua attesa di vita mentre un obeso diabetico aumenta l’attesa di vita di 10 anni. All’interno dell’unità di cui sono responsabile ci occupiamo di chirurgia dell’obesità: gli interventi più frequenti sono la sleeve gastrectomy e il by-pass gastrico, che sono anche i due interventi più praticati nel mondo e che sono naturalmente effettuati in laparoscopia. Selezioniamo il paziente a seguito di una visita multispecialistica della durata di una mezza giornata che comporta: una valutazione chirurgica, una internistico-dietologica ed una psicologica e, successivamente ad una sintesi multidisciplinare, rilasciamo l’idoneità o meno al paziente, per poi avviare la fase successiva di preparazione all’intervento. I pazienti che non ricevono l’idoneità alla chirurgia sono avviati ad un trattamento conservativo affidato a dietologa e psicologa. Prima della pandemia presso la nostra struttura erano previsti anche dei gruppi di gestione psico-nutrizionale del periodo postoperatorio, adesso sospesi a causa del Covid. Siamo un centro ad alti volumi: lo scorso anno, nonostante gli ‘stop & go’ dovuti allo stato di emergenza, abbiamo praticato comunque 1300 interventi di chirurgia dell’obesità. I numeri elevati garantiscono al paziente un percorso di qualità con bassi tassi di complicazione post intervento”.

(Mco/ Dire)

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