(VIDEO) Covid, il punto col professore Pregliascio

“Per fortuna la situazione è in miglioramento e l’Italia, alla luce di questi segnali positivi, sta procedendo ad una riapertura in modo prudente”. Così Fabrizio Pregliasco, virologo dell’Università degli Studi di Milano, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire.

Ma siamo fuori dall’emergenza? “Speriamo e lo desideriamo più che altro- ha proseguito- perché ormai questa guerra di trincea rende tutti non più disponibili a queste prescrizioni, che cominciano ad essere veramente pesanti. Rimane sempre lo spettro, non per essere pessimista, di una variante nuova più contagiosa o più cattiva, ma la natura dell’evoluzione dei virus è come quello che stiamo vedendo con Omicron, cioè malattie sempre più benevole con l’ospite che hanno deciso di aggredire, perché sono dei parassiti assoluti”.

Con Omicron, secondo l’esperto, la malattia Covid “non si è ‘raffreddorizzata’, però oggettivamente ci sono effetti meno pesanti. Tutto questo ci sta facendo quindi buon gioco”. Ha proseguito Pregliasco: “L’Rt è inferiore a 1, quindi si vede il segnale oggettivo della discesa e la velocità di crescita ormai da settimane è sempre ridotta. Rimane la triste storia giornaliera dei tanti morti, ma lo sappiamo, questo tipo di parametro è quello che migliora dopo tempo, perché le persone che vengono a mancare giorno per giorno hanno avuto un percorso di sofferenza lungo, di più settimane. I dati non sono ancora confortanti in senso assoluto, però la tendenza e i modelli matematici ci dicono che sostanzialmente, anche grazie a Omicron che è molto contagiosa, noi arriveremo a una fine stagione invernale con molti soggetti immuni, vuoi perché vaccinati, vuoi perché guariti perché si sono infettati, vuoi perché vaccinati e infettati, quindi con una risposta immunitaria buona, e questo farà sì che si arrivi non ad una immunità di gregge, ma ad una immunità di comunità che ci preparerà potenzialmente meglio al prossimo inverno”.

“Come abbiamo già visto questo virus, appena avrà quelle situazioni ambientali favorevoli, tra la meteorologia, lo stare più al chiuso e gli sbalzi termici, rialzerà la cresta nel prossimo inverno. È sperabile però che con Omicron meno ‘cattiva’, con i farmaci antivirali che stanno per essere messi a disposizione e con l’opportunità di una rivaccinazione le cose andranno meglio”.

“Questo virus rimarrà in mezzo a noi e credo che si opterà per un approccio come quello della vaccinazione antinfluenzale. Quindi una vaccinazione annuale con un vaccino aggiornato, esattamente come avviene per l’influenza, per i soggetti a rischio, per i soggetti più esposti ed eventualmente opzionale per gli altri che comunque volessero proteggersi da questa patologia – ha detto Pregliasco -. A mio avviso- ha chiarito Pregliasco– la vaccinazione non sarà più universale, perché ormai anche la decisione politica di fare il Green pass a tre dosi è già il segno di una difficoltà di proporre una quarta o una quinta vaccinazione a tutta la popolazione. Dobbiamo comunque immaginare che nelle prossime stagioni ci sarà, oltre all’influenza e agli altri virus, anche il Covid, che rimane con effetti clinici e di mortalità un pochino più pesanti”.

“Sono convinto che la pandemia non finirà con una dichiarazione dell’OMS formale, ma finirà quando non se ne parlerà più, quando tollereremo una quota supplementare di decessi che però sarà gestibile e io spero sempre meno grazie alle terapie e alle rivaccinazioni – sottolinea il virologo dell’Università degli Studi di Milano -. Mi spiego: non avremo più la possibilità di fare le quarantene, il lockdown e il tracciamento sistematico dei casi però dovremo trovare una mediazione tra questo approccio stringente e l’approccio troppo sportivo che avevamo fino al 2019 per l’influenza e le altre malattie, perché ricordiamo che l’ininfluenza uccide ogni anno 8-10mila persone. Fino al 2019, però, noi con l’influenza, anche manifesta e pesante, andavamo a lavorare lo stesso, imbottiti di medicine, così mandavamo il nostro bimbo a scuola imbottito di paracetamolo, poi magari ci telefonavano a mezzogiorno per andare a riprenderlo perché aveva la febbre”.

Nel passato, insomma, c’era una “disattenzione o meglio una tolleranza di un rischio di malattia un po’ eccessiva- ha concluso- nell’emergenza è stato necessario essere stringenti e nella convivenza dovremo utilizzare il buonsenso”.

“Purtroppo abbiamo ben capito che questa malattia, anche per i guariti, non garantisce un’immunità per la vita. Morbillo e varicella le subiamo, se non siamo vaccinati, una sola volta nella vita perché il nostro organismo mantiene un ricordo forte e un sistema immunitario che anche a distanza di anni nel momento di riesposizione è capace di spegnere l’infezione”.

“Questo virus- ha proseguito- non dà un’immunità per sempre, addirittura neanche ai guariti; calcoliamo che in questo periodo circa il 3% della casistica è di soggetti che si sono ricontagiati e che hanno avuto l’infezione con il primo virus originale di Wuhan”. Pregliasco ha garantito però che l’andamento seguirà quello seguito da altri virus influenzali endemici in passato: “Lo stesso virus H1N1 del 2009, che è ancora presente, non ha però più quella dimensione che ebbe all’epoca per le sue caratteristiche, per fortuna, non con quegli effetti di sanità pubblica che abbiamo visto per il Covid. Credo che la prossima estate sarà come gli anni scorsi. Il fatto di stare più all’aperto, l’irraggiamento solare, la ventilazione e anche la presenza di tanti soggetti immuni ci renderà più tranquilli e sereni, però dobbiamo riprepararci ad un possibile rigurgito”.

“La trasparenza secondo me è fondamentale, tra l’altro è importante mantenere il dato storico con le stesse caratteristiche del passato per poter fare degli studi indipendenti al di là del dato ufficiale. Quindi che rimanga la stessa standardizzazione, ma che si allarghi la descrizione, differenziando la quota dei sintomatici, i casi più impegnati rispetto a quelli meno impegnati. Bisogna dare maggiori informazioni”. Ha risposto così Fabrizio Pregliasco interpellato in merito alla possibilità di una modifica nel conteggio di ricoveri e decessi Covid nel bollettino ufficiale.

“Quello che si è lanciato come messaggio era più ‘nascondiamo dei dati per rendere la cosa meno angosciante’- ha proseguito Pregliasco– ma credo che la cosa avverrà un po’ da sé dal momento che noi ci abituiamo al rischio”. L’Italia, secondo lo scienziato, ha scelto quindi un approccio “di modulazione, di mitigazione”, che però “ad un certo punto va mollato e ormai ci siamo, sia come desiderio sia come condizioni epidemiologiche che oggi ce lo permettono”.

“C’è un’adesione alla vaccinazione nelle fasce d’ètà più giovani inferiore al 40%. È vero che il virus originale di Wuhan era meno capace di aggredire i più piccoli, perché hanno meno recettori Ace2- ha proseguito Pregliasco- purtroppo però Delta e Omicron si sono ben adattate anche alle condizioni dei bimbi e ora vediamo situazioni di morti anche tra i più piccoli, quindi la malattia per loro non è una passeggiata”.

Gli effetti non sono “certamente gli stessi in termini percentuali come per i loro nonni- ha aggiunto infine il virologo- però noi accettiamo vaccinazioni come la rosolia e il morbillo, che hanno percentuali di rischio e di effetti pesanti inferiori a quelli che stiamo vedendo in questo momento per il Covid”.

Pregliasco si augura quindi che, terminata la stagione estiva, ci sia “solo un rialzo ma non un’ondata come quella vissuta questo inverno: purtroppo le varianti del virus potranno esserci- ha aggiunto- però la gran parte di loro sono piccole variazioni sul tema. È come descrivere delle Fiat Panda, gialle, verdi e blu, ma sono sempre Fiat Panda nella prestazione e nelle caratteristiche. Però casualmente questo virus, che non è intelligente, commette errori e prospetta variazioni, quindi magari ci metterà di fronte ad una Panda Abart”, ha concluso.

(Cds/ Dire)

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