(VIDEO) Covid, Rasi: “Non è stato sconfitto, è tregua temporanea”

“Il Covid non è stato sconfitto. È una tregua temporanea. Potrebbe essere anche una tregua significativa prolungata, ma teniamo conto che questo virus è in grado di reinfettare anche chi ha avuto l’infezione naturale, così come chi è stato vaccinato”. Così Guido Rasi, consulente del commissario straordinario per l’emergenza Covid Figliuolo, già direttore esecutivo dell’Ema, docente di Microbiologia all’Università Tor Vergata di Roma e direttore scientifico di Consulcesi, nel corso di una intervista video rilasciata alla Dire.

“La reinfezione in genere porta a una malattia leggera- ha proseguito- che però noi sappiamo crea, quando i numeri diventano importanti come lo sono ultimamente, disagio nei posti di lavoro, nella cancellazioni di voli, con un personale temporaneamente malato anche se in forma leggera. Quindi non è la fine, ma una tregua”.

“L’Italia ha fatto tre cose molto buone: ha accettato di far parte di un pool di acquisto con l’Unione europea, quindi si è messa in condizioni di averli questi vaccini, perché da sola sarebbe stato più difficile; ha fatto all’inizio un lockdown perentorio e poi ancora una campagna vaccinale spettacolare, dopo una partenza disgraziata. In questo è stata la migliore. Nella gestione del territorio è stata invece senz’altro tra le peggiori. Siamo stati costantemente tra i peggiori d’Europa per mortalità- ha spiegato Rasi- e non solo nella prima ondata, che era più che giustificato. Probabilmente non abbiamo saputo gestire bene il raccordo territorio-ospedale. In generale, però, le altre Nazioni secondo me hanno fatto molto peggio, hanno seguito solo dopo molte delle nostre iniziative e hanno vaccinato di meno. Se dovessi posizionare l’Italia la inserirei tra i Paesi ‘molto bravi’, ma anche noi abbiamo i nostri problemi”. 

Secondo Rasi, insomma, il nostro Paese ha fatto “alcune cose meglio e altre meno bene”. L’esperto ha poi voluto sottolineare che l’Italia ha avuto una “fortuna sfacciata in Europa, perché in sei mesi abbiamo avuto dei vaccini ad altissima efficacia. Pensiamo a cosa sarebbe successo con la Omicron che ha fatto 7 milioni di infetti in tre mesi, invece che 5 milioni in due anni, senza vaccinià Avendo avuto i vaccini a disposizione l’Italia è stata uno dei Paesi migliori”.

“Cosa si sarebbe potuto fare meglio? Per iniziare la gestione del territorio, ossia l’individuazione rapida delle cure che davano i migliori risultati, la velocità di trasferimento in ospedale e dall’ospedale alle terapie intensive, la somministrazione di monoclonali, che sono un’arma che non abbiamo mai utilizzato. Insomma, tutti quegli atti che avrebbero portato il paziente ad essere gestito rapidamente.  Poi la formazione rapidissima sul campo del personale sanitario- ha proseguito- adottando le famose ‘best practice’ e standardizzandole subito”. E ancora, capitolo comunicazione: “Abbiamo preso quasi sempre decisioni esatte- ha sottolineato Rasi- che però sono state o comunicate senza spiegare il motivo che c’era dietro o non comunicate”.

L’esperto ha quindi voluto aggiungere un altro punto: “La cosa fondamentale che si doveva iniziare a fare due anni fa, e questo è stato un errore mondiale, è investire in infrastrutture, perché mentre la pandemia va avanti intanto si può recuperare su quelle. Parlo della ventilazione meccanica programmata negli edifici pubblici, che sappiamo essere efficientissima. Parlo di nuove tecnologie per ottenere sterilità e parlo di una ottimizzazione dei trasporti pubblici. Insomma, tutto ciò che è infrastrutturale e rimane anche per il futuro. Non si è fatto in nessuna parte del mondo- ha concluso- e nemmeno in Italia”.

“Penso che altre pandemie, quando non lo so, può darsi tra un anno o tra cento, però arriveranno, questo è sicuro. Sul quando veramente non lo so. Per il resto, penso che l’Italia non sarà pronta come al solito e come non lo sarà mezzo mondo”. Dice che non abbiamo imparato la lezione? “No, l’uomo impara come individuo, ma a livello sociale non impara niente- ha risposto ancora Rasi- Ci sono troppe idee contrastanti, la frammentazione politica, la frammentazione degli interessi del momentoà La perdita della memoria sociale è purtroppo nella storia, nel Dna dell’uomo, per cui io credo che in futuro non saremo preparati”.

“Obbligo vaccinale per gli over 50 arrivato tardi? Senz’altro. Se n’è discusso molto e si conosce la difficoltà politica di mettere un obbligo. Si è probabilmente aspettato di vedere quanto spontaneamente gli italiani arrivassero a vaccinarsi, senza spingere sull’obbligo. Devo dire che se noi guardiamo il risultato complessivo è buono- ha proseguito- tuttavia abbiamo un tasso di mortalità molto alto e un tasso di occupazione ospedaliera che comunque ci preclude di curare altre persone. E questo ha giustificato un po’ il perdurare”.

“Intanto l’allentamento delle restrizioni che vengono annunciate in altri Paesi hanno anche quelle i loro step e i loro gradini. Indubbiamente alcuni Paesi hanno effettivamente allargato molto le maglie. Ci sono tanti motivi, politici, senz’altro, sociali e anche di situazione territoriale. Prendiamo la Danimarca: ha più infetti di noi per milione di abitante- ha spiegato Rasi– ma ha 500 morti per milione di abitante, noi ne abbiamo il quintuplo, circa 2.500. Hanno la possibilità di gestire il territorio in maniera diversa, quindi giustamente adeguano alla situazione. I paragoni diretti sono veramente molto difficili”.

“Il Green pass in questo momento ha una funzione di stimolo a continuare a vaccinarsi e la popolazione meno vaccinata è quella over 50, o per lo meno è quella più critica nel non essere vaccinata. Ad oggi abbiamo ancora 13mila persone ricoverate e abbiamo circa 900 unità intensive occupate dal Covid. Di queste, sappiamo che circa il 70% sono persone non vaccinate. Allora il problema non è tanto l’andamento generale, che adesso è molto buono in Italia- ha proseguito- ma occupare posti letto per il Covid quando sarebbe evitabile. Questo è inaccettabile, abbiamo un tale arretrato di patologie normali che veramente ogni letto occupato indebitamente è un delitto. Ha senso quindi mantenere una certa pressione, perché alla fine se si va a vedere ogni giorno 5/10mila nuove prime dosi vengono fatte e hanno un valore”. Secondo Rasi il Green pass ha quindi un “significato sociale, politico e non ha un significato di salute pubblica, ma non per questo è meno importante”.

“L’obbligo di vaccino per tutti? Probabilmente lo avrei fatto, perché è più semplice, più onesto e più diretto. È giustificato da tante considerazioni di evidenze scientifiche- ha aggiunto- e di considerazioni etiche di cosa debba prevalere, l’interesse pubblico verso la convinzione del singolo”.

“Una quarta dose per tutti, nell’intento di allineare la massima protezione anticorpale possibile e per avere la minima contagiosità, è un obiettivo di massa non perseguibile per lungo tempo; della quarta dose, allora, forse se ne può parlare a fine anno, magari anche con dei vaccini che abbiano delle caratteristiche diverse. Solo i dati che avremo a maggio/giugno ci consentiranno di prendere una decisione più informata in base alla razionalità e non all’impressione che abbiamo ora”.

Resta intanto il timore per il prossimo autunno-inverno: l’eventuale ritorno di focolai o l’arrivo di una nuova variante non ci lasciano tranquilli. Lei come la vede? “Sull’arrivo delle nuove varianti e se queste saranno ancora sensibili ai vaccini o meno- ha risposto Rasi– solo la sfera di cristallo ce lo può dire. Per quanto riguarda l’attuale variante e come si comporterà in autunno, posso dire che focolai ne rimarranno, non andrà a ‘zero’ durante l’estate ma diminuirà molto. Abbiamo visto che ci sono sacche che mantengono la circolazione virale e sono sia quelle delle persone non vaccinate sia delle persone vaccinate; questo tipo di virus, e nessun virus di questo tipo, è arrestabile da un vaccino per quanto riguarda il contagio, non la malattia. Quindi necessariamente riprenderà a circolare più intensamente con le varie situazioni, sociali e ambientali, che si andranno a creare con la ripresa dell’attività e la brutta stagione. Questo implica che abbiamo tempo fino a maggio/giugno per valutarlo”. Se il Covid si dovesse “comportare come un’influenza”, secondo il professor Rasi fare una quarta dose avrebbe “poco significato, perché sappiamo che ripristinare un valore molto alto di anticorpi significa ridurre percentualmente i contagi, ma sostanzialmente avere lo stesso buon risultato che si ha attualmente riguardo alla malattia severa. Questo però va ovviamente confermato da qui a maggio/giugno”.

“Un vaccino contro Omicron è un vaccino che ci protegge minimamente dal contagio ma solo dalla malattia e potrebbe non essere vantaggioso rispetto a quelli che abbiamo già. Se avessimo un vaccino in grado di indurre un’immunità mucosa, locale, che prevenga anche il contagio, bhè, questo sarebbe interessantissimo e correrei a farlo”.

“Il vaccino Novavax non convincerà lo zoccolo duro dei no-vaccini. Alcuni indecisi o le persone spaventate che davvero avevano uno specifico terrore di una tecnologia nuova, quelle penso di sì. Non credo si faranno dei grandissimi numeri, ma a questo punto ogni singolo conta”.

“Sugli stadi lasciamo esprimere gli epidemiologici. Credo però si possa passare velocemente dal 75% al 100%, anche perché lo stadio è per definizione all’aperto. Quindi direi che ora che si svuotano gli ospedali, si può considerare seriamente”. 

(Cds/ Dire)

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