Diventare mamma dopo il tumore si può
Si può diventare mamme anche se si è pazienti oncologiche, grazie alla conservazione sotto azoto liquido degli ovociti. Al Policlinico Sant’Orsola di Bologna ci è riuscita una donna su tre nell’arco degli ultimi 25 anni. Lo mette in luce uno studio portato avanti dall’equipe di Eleonora Porcu, direttrice della struttura che si occupa di procreazione assistita al Sant’Orsola. Il lavoro di analisi raccoglie appunto 25 anni di dati per dimostrare l’efficacia della terapia per la preservazione della fertilità nelle pazienti affette da tumori.
“È il primo articolo a raccogliere una casistica così ampia e, soprattutto, ad analizzare la crescita e sviluppo a medio termine dei bambini nati con questa tecnica- spiega Porcu- sono storie a lieto fine di figli che, se non si fosse provveduto a mettere al sicuro sotto azoto liquido gli ovociti, non sarebbero mai venuti al mondo”.
Lo studio ha preso in considerazione i dati delle 508 pazienti oncologiche (interessate da diversi tipi di neoplasie, principalmente mammarie, ginecologiche e ematologiche) che tra il 1996 e il 2021 hanno scelto di congelare i propri ovociti prima di iniziare i trattamenti anti-tumorali, comparandoli con quelli di 1.042 donne che, nello stesso periodo di tempo, hanno fatto ricorso alla procreazione medicalmente assistita per infertilità derivate da altre cause. Nel dettaglio, delle 432 pazienti oncologiche che hanno completato il follow-up, 156 sono andate incontro a insufficienza ovarica prematura. Di queste, 44 una volta guarite hanno cercato una gravidanza attraverso l’utilizzo degli ovociti precedentemente crioconservati: su un totale di 194 ovociti scongelati, ben 157 sono sopravvissuti (l’80%) permettendo di ottenere 18 gravidanze, 15 delle quali portate a termine con successo (oltre un terzo dei tentativi).
Il confronto con il gruppo di pazienti non oncologiche non ha mostrato significative differenze in termini di età, riserva ovarica, numero di follicoli sviluppati, livelli di estradiolo e numero di ovociti recuperati e criopreservati. Dalla seconda metà degli anni ’90 il Policlinico di Bologna porta avanti queste tecniche, considerate all’inizio pionieristiche. Le terapie oncologiche possono infatti determinare nelle pazienti una prematura insufficienza ovarica, causando amenorrea (assenza del ciclo mestruale) e infertilità. Per questo a partire dal 1996 l’equipe della professoressa Porcu ha iniziato a sperimentare la tecnica di crioconservazione degli ovociti, che prevede di congelare un certo numero di gameti preservando così la fertilità per il tempo necessario. “La prima gravidanza in assoluto è stata ottenuta nel 1986 in Australia- ricorda la specialista- ma noi siamo stati i primi ad applicare la tecnica con continuità per le pazienti oncologiche. Fino ad allora si pensava che fosse inutile congelare gli ovociti, le donne colpite dal cancro non avevano alternativa”.
(San/ Dire)